Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22004 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/10/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 13/10/2020), n.22004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 15922/2012 proposto da:

GEMELLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli n. 43, presso lo

studio dell’Avv. Francesco d’Ayala Valva che, anche disgiuntamente

all’Avv. Antonino Palmeri, la rappresenta e difende giusta procura a

margine del ricorso

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/42/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 9 maggio 2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26

giugno 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale

PEDICINI ETTORE, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato ALFONSO

PELUSO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Lombardia ha accolto, previa riunione, i gravami interposti dall’Agenzia delle Entrate avverso le sentenze della CTP di Varese di accoglimento dei ricorsi proposti da Gemelli s.p.a., già Gemelli s.r.l., contro una cartella di pagamento per iscrizione a ruolo, a seguito di controllo automatizzato, dell’IVA derivante dall’omesso versamento dell’imposta per l’anno 2003 in corrispondenza del mancato riconoscimento del credito IVA portato in detrazione, nonchè contro altra cartella per iscrizione a ruolo, ancora a seguito di controllo automatizzato, dell’IVA derivante dall’omesso mancato versamento dell’imposta per l’anno 2004 in corrispondenza del mancato riconoscimento del credito IVA portato in detrazione a causa del riporto del credito non riconosciuto per l’anno 2003.

2. Ha ritenuto la CTR che: a) non è contestata la presentazione da parte della società oltre il termine D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ex art. 2, comma 8-bis, di dichiarazioni integrative per correggere gli errori commessi negli anni 2003 e 2004, tuttavia non precluse dallo spirare del detto termine di legge in sede contenziosa essendo possibile emendare o ritrattare le dichiarazioni; b) la società non ha giustificato le correzioni manuali apposte alle registrazioni contabili esibite, in particolare la correzione “autofatture acquisti CEE” nel registro vendite riferita alla liquidazione periodica dell’IVA dell’anno 2003, “che attribuisce un significato atipico alle scritture presentate, posto che gli importi auto fatturati non concorrono alla formazione dell’imponibile” (p. 3 della sentenza); c) ferma la detta emendabilità della dichiarazione in sede contenziosa, la società non ha tuttavia provato l’attendibilità delle correzioni manuali apportate al registro vendite quanto all’errore derivato dall’inclusione delle autofatture per gli acquisti intracomunitari tra le operazioni imponibili; d) la società nemmeno ha spiegato l’errata dichiarazione degli acquisti imponibili e della relativa imposta; e) in ogni caso, gli errori commessi dalla società sono determinanti ai fini dell’attendibilità del bilancio, in quanto suscettibili di modificarne significativamente le risultanze reddituali mediante aumento dei costi per acquisti in misura del 53,2 per cento.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Gemelli s.p.a. affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso la società denuncia nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, della questione – nuova – posta in appello dall’Agenzia delle Entrate circa l’inattendibilità delle correzioni apportate dalla società: sostiene quest’ultima che, essendo basata la domanda di annullamento della pretesa tributaria relativa all’anno 2003 sul principio di rettificabilità della dichiarazione, l’amministrazione si era limitata ad eccepire la non rettificabilità della dichiarazione oltre il termine di un anno, senza contestare la divergenza tra dato contabile e dichiarazione, per poi dedurre inammissibilmente in appello la questione nuova della prova dell’esistenza dell’errore di fatto nella dichiarazione e dell’idoneità probatoria della documentazione prodotta dalla società.

Con il secondo motivo si denuncia ancora violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2: l’eccepita carenza di prova dell’errore di fatto commesso dalla società per inidoneità probatoria delle fatture attive e passive e dei registri IVA vendite e acquisti, dedotta dall’amministrazione per la prima volta in appello, costituirebbe inammissibile novum.

Con il terzo motivo si denuncia vizio motivazionale “in tema di accertamento della divergenza tra dato contenuto nelle scritture contabili e dato indicato in dichiarazione ed in tema di prova di tale divergenza ai fini dell’operatività del principio di rettificabilità della dichiarazione tributaria”. La CTR avrebbe, tra l’altro: a) quanto agli acquisti intracomunitari inclusi nelle operazioni imponibili, mal inteso la correzione manuale del registro IVA vendite, operata dalla contribuente proprio al fine di evitare di considerare nel riepilogo delle operazioni di vendita fatturate anche il valore dei detti acquisti intracomunitari (in quanto non concorrono alla formazione dell’imponibile, come affermato dalla CTR medesima), nonchè calcolato in modo errato l’importo dell’IVA a debito ed altresì omesso l’esame delle fatture attive ai fini della valutazione dell’attendibilità del registro IVA vendite; b) quanto all’erronea indicazione dell’ammontare complessivo degli acquisti, omesso di considerare le fatture e i registri IVA acquisiti e vendite pur integralmente prodotte dalla società; c) quanto all’erronea indicazione dell’importo del credito IVA chiesto a rimborso per i primi tre trimestri 2003 e utilizzato in compensazione, omesso del tutto di esaminare tale profilo; d) incomprensibilmente evidenziato il carattere determinante degli errori commessi dalla società contribuente ai fini dell’attendibilità del bilancio.

Infine, con il quarto motivo si denuncia violazione del principio di neutralità fiscale dell’IVA, stante il possesso (e la produzione in giudizio, come detto) da parte della società di tutte le fatture sugli acquisti e la corretta annotazione delle stesse nei registri, quali condizioni necessarie e sufficienti per l’esercizio del diritto alla detrazione secondo i principi unionali.

5. Il primo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto all’evidenza connessi, non meritano favorevole considerazione.

Invero, rammentato in linea generale il consolidato insegnamento secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Sez. 5, 6 dicembre 2017, n. 29191; conf. Sez. 2, 13 agosto 2018, n. 20718), nella specie la natura implicita della decisione è ulteriormente confermata dalla circostanza che la CTR ha mostrato di tenere comunque in considerazione la questione avendola espressamente richiamata nella parte in fatto (cfr. p. 2, primo cpv., della sentenza).

Nel resto, è sufficiente richiamare l’altrettanto consolidato orientamento secondo cui “Nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili” (principio affermato da Sez. 5, 22 settembre 2017, n. 22105 in fattispecie in cui è stata ritenuta ammissibile la contestazione delle deduzioni documentali del contribuente effettuata dall’Agenzia delle Entrate per la prima volta in grado di appello; conf., tra le tante, Sez. 6-5, 29 dicembre 2017, n. 31224, Sez. 6-5, 22 maggio 2018, n. 12614 e Sez. 6-5, 23 maggio 2018, n. 12651): è agevole osservare che l’amministrazione – che pur allega di aver argomentato sul punto in primo grado (pp. 2, nonchè 56 del controricorso) – ha semplicemente sviluppato mere difese in relazione a fatti (idoneità probatoria della documentazione prodotta a sostegno della correzione del credito IVA esposto) già introdotti nel processo dalla società contribuente.

6. E’ invece fondato il terzo mezzo.

Con una censura analitica e serrata di cui alle pp. 27 ss. del ricorso la contribuente ha evidenziato le incongruenze motivazionali e l’erroneità del calcolo (recte, l’errore causato da inesatta determinazione dei presupposti numerici di un’operazione) in cui è incorsa la CTR, segnatamente per ciò che attiene ai dati riportati nel registro IVA vendite, errore che rende illogica la motivazione spesa nella sentenza impugnata (Sez. 5, 31 gennaio 2018, n. 2399; coni. Sez. 3, 15 gennaio 2013, n. 795).

7. Il quarto motivo è conseguentemente assorbito.

8. In conclusione, la sentenza impugnata dev’essere cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due e assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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