Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22003 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 31/10/2016, (ud. 06/06/2016, dep. 31/10/2016), n.22003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10179/2012 proposto da:

O.B., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

FISCHIONI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

O.C.M., C.F. (OMISSIS), O.A.M. C.F.

(OMISSIS), P.B. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZALE BELLE ARTI 8, presso lo studio

dell’avvocato IGNAZIO ABRIGNANI, rappresentate e difese

dall’avvocato GIOVAN BATTISTA MESSINA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1155/2011 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato Fischioni Giuseppe difensore della ricorrente che

deposita tre avvisi di ricevimento e chiede l’accoglimento delle

difese in atti con le conseguenze di spesa;

udito l’Avv. Saragò Tiberio con delega depositata in udienza

dell’Avv. Messina Giovan Battista difensore delle controricorrenti

che si riporta alle difese depositate;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilita o, in

subordine, per il rigetto.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato il 29 settembre 2002 P.B., O.A.M. e C. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Marsala, O.B., per sentire dichiarare aperta la successione di O.A. e la lesione del loro diritto di legittima, con conseguente riduzione della donazione senza dispensa dalla collazione, donazione posta in essere dal de cuius in favore della convenuta con atto del (OMISSIS).

Si costituiva O.B., la quale, in via riconvenzionale, agiva in riduzione nei confronti di P.B., O.A.M. e C., deducendo che il proprio diritto di legittima sarebbe stato leso in conseguenza delle donazioni di cui avevano beneficiato le attrici;

la convenuta domandava, quindi, la divisione dei beni ereditari. Il Tribunale di Marsala, con sentenza non definitiva n. 450/2006, dichiarava aperta la successione di O.A. ed, assorbite le domande di riduzione da quelle di collazione è di divisione, accertava di quali donazioni avessero beneficiato le parti, disponendo con ordinanza per la prosecuzione del giudizio e per le decisioni relative all’accertamento ed alla divisione dell’asse ereditario.

O.A. proponeva appello.

La Corte di Appello di Palermo, nella resistenza delle appellate, con sentenza n. 1155/2011, respingeva il gravarne.

A sostegno della decisione adottata, la corte distrettuale evidenziava che:

– la documentazione prodotta dall’appellante era inammissibile, non essendo indispensabile e potendo essere presentata già in primo grado;

– l’art. 167 c.p.c., non poneva a carico delle parti alcun onere di contestazione specifica;

– le dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio formale e la loro mancata presentazione a renderlo erano liberamente apprezzabili dall’autorità giudiziaria;

– non era stato provato il divario di redditi tra la P. ed il marito;

– la scrittura privata a firma della P., concernente le donazioni fatte dai coniugi O. – P. alle figlie, non era equiparabile ad una confessione.

Avverso la indicata sentenza della Corte di Appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione O.B. sulla base di cinque motivi.

P.B., O.A.M. e C.M. hanno resistito con controricorso.

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sia la parte ricorrente che quelle contro ricorrenti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’errata interpretazione, applicazione e violazione dell’art. 345 c.p.c., l’omessa considerazione ed erronea valutazione di emergenze processuali rilevanti ai fini del decidere, la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, poichè non era stata considerata ammissibile la documentazione prodotta in appello.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’errata interpretazione, applicazione e violazione degli artt. 167, 183, 184 e 116 c.p.c., l’omessa considerazione e l’erronea valutazione di emergenze processuali rilevanti ai fini del decidere e la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, poichè la mancata specifica contestazione, ad opera delle controparti, delle domande dalla medesima ricorrente proposte in primo grado in via riconvenzionale, aveva comportato il definitivo acclaramento dei fatti posti a loro fondamento.

3.- Entrambi i suesposti motivi, attesa la loro contigliità logica, possono essere esaminati congiuntamente.

Essi, pur lamentando promiscuamente l’errata applicazione delle norme innanzi citate, sono in effetti fondati – in buona sostanza – su doglianze relative a valutazioni in punto di fatto ovvero relative ad una pretesa errata valutazione di emergenze processuali (in particolare, sul significato di “acclaramento” che si pretende di far derivare dalla prospettata mancata specifica contestazione).

Orbene, a ben considerare, l’essenza dei motivi qui in esame si risolve in una impropria istanza di rivalutazione, in fatto, di emergenze già valutate (e congruamente) nella competente sede del giudizio di merito.

Coi motivi, insomma, si richiede in ammissibilmente una nuova valutazione del fatto preclusa in questa sede.

Per di più e conclusivamente va riaffermato il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

I motivi sono, quindi, inammissibili.

4. – Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’errata interpretazione, applicazione e violazione degli artt. 116 e 232 c.p.c., l’omessa considerazione e l’erronea valutazione di emergenze processuali rilevanti ai fini del decidere e la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la corte territoriale aveva errato nel non attribuire alcun valore probatorio alla mancata risposta di O.C. al deferito interrogatorio formale.

Il motivo, incentrato nel suo complesso sulla valutazione della mancata risposta all’anzidetto deferito interrogatorio, non è ammissibile.

In proposito (ed in breve) non può che ribadirsi al riguardo il noto e condiviso principio già enunciato da questa Corte per cui “la sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all’interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l’art. 232 c.p.c., a differenza dell’effetto automatico di “ficta confessio” ricollegato a tale vicenda dall’abrogato art. 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), onde l’esercizio di tale facoltà, rientrando nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità.”. (Cass. civ., Sez. Sesta -3, Ord.19 settembre 2014, n. 19833)

5.- Con il quarto motivo la ricorrente contesta l’errata interpretazione, applicazione e violazione degli artt. 2734 e 2735 c.c. e artt. 112, 117 e 281 c.p.c., l’omessa considerazione e l’erronea valutazione di emergenze processuali rilevanti ai fini del decidere e la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia, poichè la corte territoriale aveva errato nel non considerare la scrittura privata proveniente da P.B. una vera e.propria confessione stragiudiziale.

Il motivo è inammissibile.

Lo stesso si fonda sulla mera enunciazione dell’erroneo convincimento della Corte di Appello distrettuale.

Questa ha correttamente considerato la scrittura privata proveniente dalla P.B. non equiparabile a una vera e propria confessione giudiziale (come pretenderebbe la ricorrente).

La stessa Corte, con la sentenza impugnata, ha correttamente ritenuto che da quel documento potevano essere tratti, ai sensi degli artt. 2734 e 2735, elementi di convincimento.

6.- Con il quinto motivo la ricorrente lamenta l’errata interpretazione, applicazione e violazione dell’art. 91 c.p.c., la carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione sul punto.

Alla luce di quanto innanzi affermato in ordine ai motivi in relazione a i quali parte ricorrente chiedeva la cassazione dell’impugnata decisione e stante, quindi, la correttezza della decisione impugnata, il motivo qui in esame – tutto fondato sul presupposto della erroneità della medesima decisione – deve ritenersi assorbito.

7.- Alla stregua di quanto fin qui esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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