Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22001 del 17/10/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 22001 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 8004-2009 proposto da:
TOSOLINI

ADRIANO, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA PAOLO

EMILIO

7, presso lo studio dell’avvocato

FLORENZANO DAMIANO, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

2014
2536

AGENZIA DELLE

ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –

Data pubblicazione: 17/10/2014

avverso la sentenza n. 104/2008 della COMM. TRIBUTARIA
II GRADO di TRENTO, depositata il 15/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/07/2014 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato BARRILE che ha

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Adriano Tosolini, proprietario di fondi agricoli nel
comune montano di Fondo, acquistò, con due distinti atti, altri

registro ed ipotecaria in misura fissa, in applicazione delle
agevolazioni fiscali di cui all’art. 9, co 2, del dPR n. 601 del
1973. L’Ufficio di Cles revocò le agevolazioni, affermando
l’insussistenza dei relativi presupposti. I ricorsi proposti dal
contribuente, dopo esser stati riuniti, vennero rigettati dalla
Commissione Tributaria di primo grado di Trento e la decisione
fu confermata in appello, con la sentenza indicata in epigrafe,
secondo cui le agevolazioni invocate presupponevano la qualità
di coltivatore diretto dell’acquirente, qualità che, nella specie,
non poteva essere riconosciuta.
Per la cassazione della sentenza, ricorre il contribuente
con tre articolati motivi, illustrati da memoria. L’Agenzia delle
Entrate non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, deducendo “omessa motivazione
circa un fatto controverso decisivo per il giudizio. Omessa
pronunzia su motivo di ricorso di appello. Violazione o falsa
applicazione dell’art. 1 e nota I della Tariffa parte prima allegata
al DPR 26 aprile 1986 n. 131”, il ricorrente lamenta che la
Commissione di secondo grado ha omesso di esaminare il primo
motivo d’appello, col quale aveva denunciato l’errore in cui

i

terreni agricoli nel predetto comune, scontando l’imposta di

erano incorsi i primi giudici nel non annullare gli atti impositivi,
che erano stati emessi sull’infondato presupposto che fossero
state applicate le agevolazioni di cui all’art. 1 e nota I della

non aveva richiesto. In conclusione, il ricorrente sottopone il
seguente quesito: “Dica l’Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione
se è legittimo che l’Amministrazione proceda ad adottare un
avviso di liquidazione per la restituzione dell’agevolazione di
cui all’art. 9, II co DPR 20 settembre 1973 n. 601 motivando che
non erano dovute le agevolazioni di cui all’art 1. e nota I della
Tariffa parte prima allegata al DPR 26 aprile 1986 n. 131”. 2. Il
motivo è inammissibile, per violazione dell’art 366 bis cpc,
applicabile ratione temporis. Premesso che l’omessa pronuncia
su un motivo d’appello costituisce, in tesi, un difetto di attività
del giudice, da dedursi, solo, sotto il profilo dell’error in
procedendo per violazione dell’ad 112 cpc (e non con le
denunce della violazione della norma di diritto sostanziale o del
vizio di motivazione -pure enunciate, ma non ulteriormente
sviluppate- che presuppongono che la questione sia stata
esaminata in modo giuridicamente non corretto o senza
giustificazione, cfr. Cass. n. 11844 del 2006; n. 11142 del 2011),
va rilevato che il quesito posto a chiusura del motivo non
rispecchia il contenuto del vizio dedotto, essendo, invece,
riferito, per di più in modo diretto, al comportamento
dell’Ufficio (in relazione alla legittimità della ripresa per difetto

2

Tariffa, parte prima, allegata al dPR n. 131 del 1986, che egli

di motivazione dell’atto) e non all’omissione denunciata (cfr.
Cass. SU n. 17931 del 2013; n. 24553 del 2013). 3. Ad

abundantiam, va rilevato che il motivo è infondato. I giudici

dovute alla “revoca delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 9,
comma 2, del DPR 1973/601 concesse all’atto di acquisto di
terreni agricoli”, risultando, così, implicitamente, esaminata e
rigettata la doglianza secondo cui la revoca riguarderebbe,
invece, le agevolazioni di cui all’art. 1 e nota I della Tariffa,
parte prima, allegata al dPR n. 131 del 1986; conclusione che
appare, peraltro, consonante con quanto riportato nello stesso
ricorso (pagg. 4, 2° periodo, e 7, punto 5), secondo cui l’atto
impugnato contestava sia la qualità di coltivatore diretto
dell’acquirente che la sua volontà di procedere
all'”arrotondamento di proprietà diretto coltivatrice”.
4. Col secondo mezzo, si lamenta la “violazione o falsa
applicazione dell’art. 9, II co DPR 20 settembre 1973 n. 601,
dell’art. 311. 26 maggio 1965 n. 590, dell’art. 25 L 11 febbraio
1971 n. 11, dell’art. 6 1. 3 maggio 1982 n. 203, dell’art 27 LP 4
settembre 2000, n. 11. Omessa, insufficiente, contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio”.
Il ricorrente afferma che la sentenza erra quando ritiene
insussistenti i requisiti per affermare la sua qualità di coltivatore
diretto, sia in relazione ai parametri posti dalla norma
agevolativa, differenti rispetto a quelli necessari per maturare la

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d’appello affermano, infatti, che le maggiori imposte sono

posizione previdenziale prevista per i coltivatori diretti, sia “in
fatto”, essendo emerso ex actis che dall’attività agricola era stato
conseguito un reddito maggiore rispetto a quello derivatogli

5. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta, nuovamente, la
“violazione o falsa applicazione dell’art. 9, II co, DPR 20
settembre 1973 n. 601, dell’art. 311. 26 maggio 1965 n. 590,
dell’art. 25 L 11 febbraio 1971 n. 11, dell’art. 6 1. 3 maggio 1982
n. 203, dell’art 27 LP 4 settembre 2000, n. 11, sotto altro profilo.
Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso decisivo per il giudizio”, per avere i giudici del
merito: a) negato che fosse stato dimostrato l’impiego della
necessaria forza lavoro, quando i documenti acquisiti in giudizio
provavano il contrario; b) omesso di considerare che
l’alienazione di fondi, stipulata contestualmente all’acquisto era
stata convenuta in funzione di divisione ereditaria.
6. I motivi, che, per la loro connessione, vanno
congiuntamente esaminati, sono, in parte, infondati, anche se va
parzialmente corretta la motivazione, ed, in parte, inammissibili.
7. Il dPR n. 601 del 1973, art. 9, co 2, stabilisce, tra l’altro, che
“nei territori montani… i trasferimenti di proprietà a qualsiasi
titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di
accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o
associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella
misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali”. Secondo la

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dall’attività di rappresentate di commercio.

giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 8303 del 1993; n. 14294
del 2003; n. 1948 del 2013), cui va data continuità, l’acquirente
di terreni montani, che invochi le agevolazioni in argomento,

materia, e tale riferimento va posto in relazione alla L. n. 590 del
1965, il cui art. 31, nel definire il coltivatore diretto, si limita a
stabilire che la forza lavoro del coltivatore e della sua famiglia
deve costituire almeno un terzo di quella occorrente per le
normali necessità di coltivazione del fondo, senza prescrivere, al
contempo, l’esclusività o la prevalenza dell’attività coltivatrice
rispetto ad altre eventualmente esercitate, nè prevedere
comparazioni di sorta tra i redditi ritratti da ciascuna delle
attività svolte. E’ stato, inoltre, precisato (cfr., da ultimo, Cass. n.
1948 del 2013) che dette ulteriori attività possono avere una
rilevanza indiretta quando impediscano la possibilità di un
effettivo esercizio dell’attività di coltivazione del fondo, laddove
la secondarietà o la sussidiarietà di tale attività rispetto alle altre,
è, di per sé, del tutto irrilevante. In conclusione, la qualità di
coltivatore diretto, nel senso ora precisato, è necessaria per il
godimento dei benefici in esame, può essere provata con
qualunque mezzo dal contribuente che invoca il beneficio (cfr.
Cass. n. 10248 del 2013, secondo cui il giudice tributario può
autonomamente accertare l’esistenza di tale status), ed il relativo
accertamento costituisce una valutazione di fatto, riservata, in
quanto tale, al giudice del merito e censurabile, in sede di

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deve rivestire la qualità di coltivatore diretto, secondo le leggi in

legittimità, solo, per vizio di motivazione.
8. I giudici d’appello hanno escluso la qualifica di
coltivatore diretto del contribuente, non solo in riferimento ai

riferimento che, per quanto si è esposto, è giuridicamente
erroneo- ma, anche, osservando che il ricorrente non aveva
fornito alcuna prova circa la forza lavoro occorrente per la
coltivazione dei fondi e quella, in effetti, impiegata, ed
affermando testualmente che: “di tale prova non c’è traccia”. A
fronte di tale accertamento, valorizzato dagli elementi indiretti
desunti dalla posizione apicale del ricorrente in un’impresa
commerciale e dalla prevalenza del tempo impiegato in tale
attività, rispetto a quello speso nell’esercizio dell’attività
agricola, il ricorrente avrebbe dovuto indicare, e non lo ha fatto,
quali prove i giudici d’appello avrebbero omesso di valutare o
avrebbero mal valutato, mentre si è limitato a richiamare
genericamente “tutte le circostanze di fatto acquisite al
processo”, finendo, così, con l’invocare un riesame del merito,
inammissibile in sede di legittimità. 9. A tanto, va aggiunto che il
vizio motivazionale dedotto non è corredato dal dovuto quesito
di fatto, in violazione dell’art 366 bis cpc, ed ulteriore ragione
d’inammissibilità.
10. La statuizione secondo cui il beneficio non poteva
esser riconosciuto in favore del contribuente, che, nell’acquistare
e contestualmente alienare immobili a terzi, aveva posto in

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presupposti per l’applicazione della legislazione previdenziale –

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4119136
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

essere un comportamento confliggente con la stessa ratio della
disposizione agevolatrice, volta a favorire l’accorpamento o
l’arrotondamento di proprietà diretto-coltivatrici, non appare

violazione del principio di autosufficienza, gli elementi relativi
alle compravendite di fondi (di cui al secondo avviso) su cui argomentando trattarsi di una divisione ereditaria- fonda la sua
doglianza.
11. Non va provveduto sulle spese, in assenza di attività
difensiva della parte intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2014.

ammissibilmente censurata, non avendo il ricorrente trascritto, in

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