Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 220 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 220 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CAPPABIANCA AURELIO

SENTENZA

sul ricorso 22972-2012 proposto da:
SCHITTINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente 2013
2987

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

Data pubblicazione: 09/01/2014

sul ricorso 25796-2012 proposto da:
SCHITTINO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato
LUCISANO CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2011 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata 1’08/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/10/2013 dal Presidente e Relatore
Dott. AURELIO CAPPABIANCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

– ricorrente –

R.G. 22.972/12 + 25.796/12

Svolgimento del processo
Giuseppe Schittino propose ricorsi avverso avvisi
di accertamento irpef ed ilor per gli anni 1977, 1978 e
1979.
Dichiarata dalla Commissione tributaria di primo

ricorsi riuniti per intervenuto condono ex 1. 413/1992,
la Commissione tributaria di secondo grado annullò gli
accertamenti. In accoglimento dell’ulteriore
impugnazione dell’Agenzia, tuttavia,

la Commissione

tributaria centrale, ancorché nelle more

il

contribuente avesse proposto istanza di condono ex art.
16. 1. 289/2002, dichiarò inammissibili i ricorsi
introduttivi del contribuente.
Passata la sentenza in giudicato, si procedette
all’iscrizione a ruolo delle somme oggetto
dell’accertamento ed alla notifica della correlativa
cartella esattoriale.
Avverso tali atti, il contribuente propose separati
ricorsi

(avverso la cartella, nei confronti del

concessionario,

avverso

il

ruolo,

nei

confronti

dell’Agenzia).
Confermando la decisione in proposito adottata dal
giudice di primo grado, con la decisione qui impugnata,
1

grado la cessazione della materia del contendere sui

R.G. 22.972/12+25.796/12
la

Commissione

tributaria

regionale

dichiarò

inammissibile l’impugnazione del ruolo.
Denegata dall’Agenzia l’istanza di definizione
agevolata ex art. 39, comma 12, d.l. 98/11, convertito
in 1. 111/11, proposta dal contribuente in pendenza del

termine per l’impugnazione della sentenza di appello,
il contribuente ha, quindi, proposto ricorso per
cassazione in 14 motivi, avverso detta sentenza e
ricorso, in sei motivi, in opposizione al diniego di
condono.
L’Agenzia ha resistito con controricorsi.
Motivi della decisione
l.

I due ricorsi

che vanno riuniti, per

evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva
– devono essere respinti.
2.1 – In merito ai motivi tesi a censurare il
diniego di condono (i primi tre del ricorso avverso la
decisione di appello e tutti i motivi del ricorso in
opposizione al provvedimento di diniego), occorre, in
primo luogo, disattendere le censure, logicamente
prioritarie, incentrate sull’assunta illegittimità del
diniego, in quanto sottoscritto, non dal direttore
dell’Agenzia centrale (ai sensi dell’art. 67, comma 1
parte prima d.lgs. 300/1999) ma da direttore di
2

k/c-

R.G. 22.972/12+25.796/12
Agenzia locale, peraltro asseritamente carente di
qualifica dirigenziale.
Al riguardo, appare sufficiente rilevare che questa
Corte ha già puntualizzato, con affermazione di
principio che non appare scalfita dalle considerazioni

del ricorrente – che: a) gli atti dell’Agenzia delle
Entrate non devono essere necessariamente sottoscritti
dal suo Direttore Generale sia perché l’art. 5, comma
l, del Regolamento di amministrazione, approvato in
attuazione dell’art. 66, commi 2 e 3, d.lgs. 300/1999
(con delibera del Comitato direttivo 30 novembre 2000,
n. 4), attribuisce agli uffici locali le funzioni
operative dell’Agenzia ed in particolare, la gestione
dei tributi, l’accertamento e la riscossione e la
trattazione del contenzioso, sia perché l’art. 6 dello
Statuto dell’Agenzia, approvato con delibera del
Comitato direttivo 13 dicembre 2000 n. 6, attribuisce
al Direttore Generale potere di delega (senza
richiedere la qualifica dirigenziale del delegato),
sia, infine, per la possibilità di conferimento di tale
delega all’interno degli uffici finanziari (cfr. Cass.
14815/11); b) che la provenienza dell’atto
dall’ufficio e la sua idoneità ad esprimerne la volontà
si presume, finché non venga provata la non
3

JAN

R.G. 22.972/12 + 25.796/12

appartenenza

del

sottoscrittore

all’ufficio

o,

comunque, l’usurpazione del dei relativi poteri (cfr.
Cass. 874/09).
2.2 – Sul tema del diniego deve, poi, rilevarsi che
è

ius receptum

(cfr. Cass. 16075/10, 19204/06,

ravvisabile

“lite pendente”,

suscettibile di

definizione agrvolata a norma dell’art. 16, coma 3, 1.
289/2002 (richiamato dall’art. 39, coma 12 d.l.
98/2011, convertito in 1. 111/2011), soltanto quando
l’atto impugnato configuri autonomo atto impositivo o
sanzionatorio, caratteristica certamente non
riscontrabile nel ruolo (in questa sede in concreto
impugnato) e nella conseguente cartella, a mezzo dei
quali, a fini di riscossione, si proceda alla
ricognizione ed all’intimazione di pagamento di
imposte, interessi e sanzioni dovute in base ad
accertamento divenuto definitivo (nella specie: in
conseguenza del passaggio in giudicato di sentenza
della Commissione tributaria centrale).
2.3 – Va, infine, osservato che ogni eventuale
vizio di notificazione dell’opposto atto di diniego,
risulta sanato dall’avvenuta relativa impugnazione
(cfr. Cass. 2272/11, ss.uu., 19854/04)
4

6168/06, 6205/06) che, in tema di condono fiscale, è

R.G. 22.972/12+25.796/12

3. – Anche i motivi di ricorso, tesi a censurare la
declaratoria d’inammissibilità dell’originario ricorso
del ricorrente statuita dall’impugnata sentenza
d’appello, vanno disattesi.

3.1 – Al riguardo, occorre osservare che, con ratio
prioritaria ed assorbente, la decisione di appello qui
impugnata, assumendo di condividere quanto in proposito
affermato dal primo giudice, ha ritenuto
“l’inammissibilità del ricorso per assoluta incertezza
della domanda sulla base dell’art. 18 della 1.
546/1992”. Si è

quindi, ciononostante, soffermata

“anche ad esaminare” (respingendole tutte) le
valutazioni svolte dal contribuente sul merito della
controversia.
3.2 – La sopra indicata decisiva ratio non risulta
esaustivamente censurata dal contribuente posto che le
doglianze al riguardo avanzate – pur evocando la
statuizione impugnata un’inammissibilità ben più
generalizzatamente riferita
della domanda”

all'”assoluta incertezza

risultano circoscritte a profilo

d’inammissibilità specificamente riferibile alla natura
dell’atto impugnato (ruolo, peraltro seguito dalla
notifica di corrispondente cartella).
5

t”

R.G. 22.972/12+25.796/12
In disparte i profili d’inammissibilità connessi
all’indicato rilievo, in considerazione dell’onere
della parte soccombente di censurare compiutamente,
pena l’inammissibilità della censura, tutte le ragioni
della statuizione aggredita (cfr. Cass. 7809/01,
4330/77),

le

doglianze

in

rassegna

si

7675/95,

rivelano, comunque, infondate, ponendosi, per lo
specifico profilo considerato, in contrasto con la
giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 6610/13,
1837/10, 1630/08), che nega l’autonoma impugnabilità
del ruolo, in base a criterio tanto più condivisibile
in presenza di notifica ed impugnazione di
corrispondente cartella.
3.3 – Delle ulteriori doglianze del ricorrente che peraltro, appaiono
Cass.

15.952/07,

indebitamente investire (cfr.

10626/07,

13259/06,

5637/06),

piuttosto che le statuizione della sentenza di appello,
quelle contenute nella decisione di primo grado
quelle incidenti sulla regolamentazione delle spese
processuali si rivelano

inammissibili per l’estrema

genericità ed ipoteticità delle contestazioni; le
altredevono ritenersi inammissibili alla luce del
criterio, secondo cui, qualora il giudice, dopo una
statuizione assorbente, con la quale si è spogliato
6

ti-

R.G. 22.972/12 + 25.796/12

della potestas ludicandi

in relazione al merito della

controversia (nella specie: l’inammissibilità del
ricorso per assoluta incertezza della domanda), abbia
impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni
ulteriori, la parte soccombente non ha l’onere né
l’interesse ad impugnare; con la conseguenza che, in
ipotesi, è ammissibile (se proposta) l’impugnazione
che si rivolga alla statuizione pregiudiziale ed è
viceversa inammissibile, per difetto di interesse,
l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato
anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad

abundantiam nella sentenza gravata” (v. Cass. 3840/07).
4.

– Alla stregua delle considerazioni che

precedono, s’impone il rigetto del ricorso.
Per la soccombenza, il ricorrente va condannato
alla refusione delle spese del giudizio, liquidate, in
dispositivo, in applicazione dei criteri stabiliti dal
d.m. 140/2012.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente
alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in
complessivi E 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29
ottobre 2013.

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