Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 220 del 05/01/2011

Cassazione civile sez. II, 05/01/2011, (ud. 14/10/2010, dep. 05/01/2011), n.220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.C., titolare dell’omonima impresa edile, rappresentato

e difeso dagli avv.ti Fazi Giancarlo e prof. Ubaldo Perfetti;

– ricorrente –

contro

G.M.V.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 599/04

depositata il 23 ottobre 2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14

ottobre 2010 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA;

udito per il ricorrente l’avv. Ubaldo PERFETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza oggetto del ricorso in esame la Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza di primo grado con cui era stato disposto, in sede possessoria, che una costruzione edificata sul suo terreno dal sig. V.C. fosse arretrata a tre metri da un balcone appartenente alla sig.ra G.M.V.. La costruzione, infatti, violava la veduta obliqua esercitabile verso nord – est (unitamente alla veduta diretta verso nord) dal lato nord del balcone aperto sulla facciata ovest dell’immobile della G..

Il ricorso per cassazione, proposto dal sig. V., contiene due motivi.

L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si sostiene che l’ordinamento non tutela le vedute oblique esercitate da un balcone, le quali si traducono in vedute retroverse o “a uncino”, ossia all’indietro rispetto al piano in cui sono aperte; il che si verifica appunto nella specie, in cui si discute di una veduta verso nord est esercitabile da un balcone aperto su una parete esposta ad ovest.

1.1. – Il motivo e’ infondato.

1.1.1. – Per distinguere tra vedute dirette, oblique e laterali sono stati ipotizzati due criteri. Il primo e’ quello topografico, basato cioe’ sulla reciproca posizione dei fondi: la veduta e’ diretta quando la linea di confine del fondo altrui e’ parallela alla linea della parete in cui si trova l’apertura, o forma con essa un angolo acuto; obliqua quando l’angolo e’ retto od ottuso; laterale quando l’angolo e’ piatto. Il secondo e’ il criterio basato sulla posizione di chi guarda, in particolare allorche’, come avviene appunto per i balconi, siano possibili piu’ posizioni di affaccio: rispetto ad ogni lato del balcone sia avra’ dunque una veduta diretta, ovvero frontale, e due vedute oblique o laterali a seconda dell’ampiezza angolare.

Il criterio accolto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte e’ il secondo (cfr. Cass. 3023/1962, 2236/1976, 2384/1970, 1854/1973, 2116/1976, 4523/1993, 2159/2002).

Non vale al ricorrente obiettare che, valorizzando anche le vedute oblique esercitabili da un (lato di un) balcone, non si saprebbe poi come calcolare la distanza tra veduta e costruzione, posto che l’art. 907 c.c. rinvia in proposito al criterio previsto dall’art. 905, riferito alla distanza tra il manufatto e “la linea esteriore” del balcone, e che la distanza tra linee e piani si misura sulla perpendicolare che li attraversa. Deve replicarsi che l’art. 905 si riferisce alle vedute dirette; le vedute oblique sono invece disciplinate dall’art. 906, per il quale la distanza “deve misurarsi dal piu’ vicino lato della finestra o dal piu’ vicino sporto”.

1.1.2. – Tirando le fila di quanto sin qui esposto, puo’ concludersi che e’ senza dubbio esatto che l’ordinamento non tutela le vedute retroverse o “a uncino” ma limita la tutela alle vedute, dirette, oblique e laterali, esercitabili per l’arco massimo di 180 gradi.

Tuttavia questa affermazione ha un significato relativo al punto dal quale si esercita la veduta, e tale punto puo’ essere diversamente orientato a seconda che l’apertura sia una finestra o un balcone.

Allorche’ si tratti di balcone, ben puo’ verificarsi che la veduta obliqua eventualmente esercitabile da uno dei suoi affacci laterali sia retroversa rispetto alla parete in cui e’ situato il balcone; ma non per questo e’ illegittima, posto che, come si e’ visto, la qualificazione della veduta va fatta non con riferimento alla posizione dei fondi, bensi’ all’orientamento di ogni possibile affaccio.

2. – Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, si sostiene:

a) che l’unica violazione delle distanze individuata dal consulente tecnico di ufficio consiste nel fatto che, come si legge nella sua relazione, “dal suddetto balcone non sara’ piu’ possibile vedere, seppure con una veduta ad uncino il mare (direzione est)”; percio’ la Corte d’appello ha erroneamente applicato la disciplina prevista per le vedute dirette e dirette – oblique a una veduta, invece, “a uncino”;

b) in subordine, che la Corte d’appello non ha motivato lo scostamento compiuto, nell’affermare che si trattava di veduta obliqua, rispetto alle risultanze della CTU, per la quale si trattava invece di veduta “a uncino”.

2.1. – Entrambe le censure sono infondate, attesa la correttezza, per le ragioni espresse sopra, della qualificazione della veduta compiuta dai giudici di merito. Trattandosi, poi, di questione di puro diritto, e’ priva di autonomo rilievo ogni considerazione relativa alla motivazione.

3 – Il ricorso va pertanto respinto. Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attivita’ difensiva in questa sede.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 14 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2011

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