Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21999 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 15/05/2018, dep. 11/09/2018), n.21999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15878/2017 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CHIUSI n. 31,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA SCARNATI, che la

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

RAFFAELE SCARNATI;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (già Comune di Roma), C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE n. 21, presso gli uffici

dell’Avvocatura Comunale, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIORGIO PASQUALI;

– controricorrente –

contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4835/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

9/3/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/5/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Sig.ra M.P. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza del Tribunale monocratico di Roma n. 4835/2017 (pubblicata il 9 marzo 2017), con la quale fu rigettato l’appello dalla stessa proposto nei confronti della sentenza di primo grado del Giudice di pace di Roma n. 27406/2015, con cui era stata respinta l’opposizione formulata avverso una cartella esattoriale (notificatale da Equitalia Sud) fondata su sei verbali di accertamento (divenuti esecutivi), di cui cinque elevati per violazione dell’art. 7 C.d.S. 1992 ed un altro per l’infrazione prevista dall’art. 41 C.d.S., comma 11, tutti riconducibili al Comune di Roma.

Con la sentenza di appello, dopo aver previamente riqualificato l’azione avanzata dalla M. con il ricorso originario come un’opposizione (non di tipo recuperatoria) del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7, da intendersi proposta avverso i verbali presupposti dalla impugnata cartella esattoriale (e non, invece, come un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.), il Tribunale capitolino ne ravvisava l’inammissibilità.

In particolare, il giudice di secondo grado, sul presupposto dell’accertata esistenza e validità dei verbali posti a base della notificata cartella esattoriale e della verificata circostanza che per essi non era stata dedotta l’omissione o l’irritualità della notificazione, riteneva che gli accertamenti contenuti nei verbali medesimi si sarebbero dovuti considerare divenuti definitivi, con la conseguente inammissibilità dell’opposizione formulata soltanto avverso la successiva cartella esattoriale che su detti verbali era stata formata ed intimata alla M.. Con il primo motivo del ricorso per cassazione la difesa della M. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’asserita violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 203C.d.S. 1992, sul presupposto che, non essendo seguita alla contestazione dei verbali di accertamento l’emanazione delle conseguenti ordinanze-ingiunzioni del Prefetto, le violazioni di cui ai medesimi verbali si sarebbero dovute considerare estinte, donde l’ammissibilità e la fondatezza del proposto ricorso ricondotto all’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c., essendo venuto meno il titolo legittimante la formazione dell’impugnata cartella esattoriale.

Con la seconda censura la ricorrente ha denunciato – sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la supposta violazione dell’art. 615 c.p.c. e dell’art. 97 Cost., prospettando l’erroneità della decisione adottata dal giudice di appello che aveva ricondotto la formulata opposizione nell’alveo della c.d. opposizione recuperatoria (già esercitabile ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22), nel mentre avrebbe dovuto sussumerla nella tipologia dell’opposizione all’esecuzione (sganciata da qualsiasi termine decadenziale). Per tale ragione – ad avviso della difesa della ricorrente – il Tribunale capitolino era incorso anche nella violazione del dovere di probità e di lealtà in capo alla P.A. scaturente dal citato art. 97 Cost..

Si è costituito con controricorso solo il Comune di Roma Capitale, che ha chiesto il rigetto del ricorso, mentre l’altra intimata Equitalia Sud s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che entrambi i motivi formulati con il ricorso potesse essere ritenuti manifestamente infondati in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio, in prossimità della quale il difensore della ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Rileva il collegio che entrambe le censure dedotte con il ricorso -esaminabili congiuntamente siccome strettamente connesse – sono del tutto destituite di fondamento, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Invero, contrariamente a quanto assunto con il ricorso e conformemente al percorso-logico giuridico compiuto dal giudice di appello, nel caso di specie è rimasto accertato che – sia sulla base della stessa impostazione del ricorso in opposizione in primo grado che dei riscontri documentali acquisiti ritualmente in giudizio – la ricorrente aveva, in effetti, dedotto ab origine l’illegittimità dei verbali di contestazione posti a fondamento della cartella esattoriale notificatale – e costituente oggetto propriamente di impugnazione – sul presupposto dell’asserita sussistenza di un permesso che la legittimava all’accesso nella c.d. la cui violazione, invece, era stata accertata dagli agenti che avevano elevato i verbali in questione.

Sulla scorta di tale corretta ricostruzione (avallata anche dall’ammissione contenuta in ricorso – v. pagg. 2 e 3 – nella parte in cui la difesa della ricorrente, come già aveva fatto nel giudizio di merito – v. pag. 4 della sentenza di appello -, attesta che la M. stessa aveva fatto solo presente al Comune l’illegittimità degli elevati verbali, da cui – come la medesima asserisce – aveva ricevuto assicurazione che si sarebbe provveduto ai conseguenti discarichi, senza, tuttavia, impugnarli ritualmente nè in sede amministrativa nè direttamente in sede giurisdizionale, come, invece, aveva fatto per un altro verbale, diverso da quello dedotto in controversia), il Tribunale di Roma è pervenuto coerentemente alla legittima qualificazione dell’azione originariamente proposta dalla M. come un’opposizione riconducibile a quella di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, escludendo correttamente che si ricadesse, invece, nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione involgente direttamente vizi sopravvenuti alla formazione dei titoli esecutivi o attinenti all’esecuzione stessa manifestata attraverso la notificazione della cartella esattoriale emessa sulla scorta dei verbali presupposti, ormai diventati definitivamente esecutivi.

In particolare, il giudice di secondo grado – il cui approccio logico-giuridico trova conferma, sul piano interpretativo, anche nella più recente giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 16282/2016 e, soprattutto, Cass. S.U. n. 22080/2017) – ha congruamente chiarito che l’opposizione così come qualificata non andava ricondotta a quella che risulta consentita in funzione recuperatoria, poichè con essa – nella fattispecie – non era stata prospettata l’omessa od invalida notificazione degli stessi verbali presupposti (la cui ritualità era stata, anzi, riscontrata dall’opposto Comune di Roma Capitale e – come visto – ammessa dalla medesima opponente, oggi ricorrente), ragion per cui – per effetto della sopravvenuta definitività degli stessi verbali (siccome non direttamente impugnati ai sensi dell’art. 203 C.d.S. 1992 o, alternativamente, in virtù dell’art. 204-bis C.d.S.) – essi non potevano più considerarsi impugnabili, per ragioni attinenti a vizi dell’attività di accertamento o concernenti il merito delle contestate violazioni, con l’opposizione avverso la successiva cartella esattoriale. Dovendo, perciò, escludersi l’ammissibilità dell’opposizione all’esecuzione ed essendo riconducibile la formulata azione a quella relativa all’opposizione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, il Tribunale di Roma ha legittimamente ravvisato la sua inammissibilità perchè ormai essa era preclusa per tardività della sua proposizione (sul presupposto – come evidenziato – che i verbali erano ormai divenuti definitivamente esecutivi e non erano stati dedotti, con la domanda avanzata dalla M., vizi attinenti propriamente all’intrapresa esecuzione con la sopravvenuta notificazione della cartella esattoriale fondata su quegli stessi verbali costituenti ormai legittimi titoli esecutivi, ai sensi dell’art. 203 C.d.S., u.c.).

Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, dunque, essere integralmente rigettato, con conseguente condanna della soccombente ricorrente al pagamento, in favore del Comune controricorrente, delle spese della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Nulla va statuito sulle spese in favore dell’altra intimata, che non si è costituita nella presente fase di legittimità.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Comune di Roma Capitale, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidati in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, Iva e Cpa nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte di Cassazione, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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