Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21997 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 15/05/2018, dep. 11/09/2018), n.21997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14858/2017 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BERTOLONI

n. 44, presso lo studio dell’avvocato TERESA ERMOCIDA, rappresentato

e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CATANZARO, depositata il

17/5/2017 emessa sul procedimento iscritto al n. 3848/2014 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/5/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Avv. M.P. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso l’ordinanza, depositata il 17 maggio 2017, del Presidente del Tribunale di Catanzaro emessa nel procedimento iscritto al n. 3848/2014 R.G., con la quale, decidendo sull’opposizione – formulata dallo stesso ricorrente in proprio – avverso il provvedimento di revoca del patrocinio a spese dello Stato adottato nei confronti di Me.Ma. (difesa nel procedimento n. R.G. 3381/2004 dal medesimo avv. M.), la dichiarava inammissibile per carenza di legittimazione.

Ha resistito con controricorso l’intimato Ministero della Giustizia, che ha instato per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di rigetto del ricorso.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto il vizio di supposta nullità dell’impugnata ordinanza per asserita violazione del diritto di difesa in relazione all’art. 24 Cost., nonchè la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 112 del 2002, artt. 74 e 93 (redime n. 115/2002), sul presupposto che – diversamente da quanto statuito all’esito dell’opposizione – avrebbe dovuto riconoscersi, anche in relazione al procedimento per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, una titolarità di impugnazione autonoma e parallela, rispetto a quella attribuita all’imputato, a favore del difensore, esercitabile anche in sede di reclamo ai sensi del cit. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 1 e di presentazione di ricorso per cassazione nei riguardi dell’ordinanza di reiezione del reclamo stesso.

Con la seconda censura, il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non aver il giudice designato, con l’ordinanza impugnata, preso in esame tutte le questioni sottoposte al primo decidente, il quale aveva respinto l’istanza di liquidazione degli onorari a titolo di gratuito patrocinio per “malafede della parte” e non per carenza di legittimazione.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il primo motivo formulato con il ricorso potesse essere ritenuto manifestamente infondato e che il secondo potesse essere assorbito o da dichiarare inammissibile, in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1) e 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale è stata depositata memoria dalla difesa del ricorrente.

Rileva il collegio che i due motivi del ricorso – esaminabili congiuntamente siccome tra loro connessi – sono destituiti di fondamento, in tal senso trovando conferma, quanto all’esito complessivo pronosticato, la proposta già formulata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Invero, premesso che il Tribunale di Catanzaro aveva revocato l’ammissione di Me.Ma. – rappresentata e difesa dal ricorrente Avv. M.P. – al patrocinio dello Stato in apposito giudizio civile risarcitorio, dichiarando, conseguentemente, inammissibile la richiesta di liquidazione del compenso al difensore, occorre evidenziare che – con l’impugnata ordinanza – il giudice investito dell’opposizione ha dichiarato legittimamente l’inammissibilità del ricorso siccome proposto direttamente ed in via esclusiva dallo stesso difensore, da considerarsi sprovvisto della relativa legittimazione “ad opponendum”.

Infatti, per come già rilevato nella proposta redatta ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., non possono dirsi sussistenti (al di là dell’inconferente riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, dovendo porsi riguardo dello stesso art. 360, nn. 3 e 4) nè la dedotta violazione di legge nè la prospettata nullità della medesima ordinanza oggetto del primo motivo del ricorso in sede di legittimità.

A tal proposito va posto in risalto che, in materia di gratuito patrocinio, la legittimazione del difensore in proprio è limitata soltanto alla controversia in tema di liquidazione di compensi (cfr. Cass. n. 10705/2014, ord.; Cass. n. 1539/2015e Cass. S.U. n. 26907/2016) ma non è configurabile anche con riferimento all’opposizione avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione o di revoca del gratuito patrocinio; in tali casi, infatti, detta legittimazione è riconoscibile al solo interessato, ovvero propriamente alla parte che si vuole avvalere del gratuito patrocinio o che vi è stata ammessa ma il cui beneficio sia stato poi revocato. Tanto si desume, sul piano dell’ermeneutica letterale e sistematica, dal raffronto tra il D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 93 e 99, laddove, nel primo, la legittimazione della presentazione dell’istanza è attribuita all’interessato e al difensore, mentre, nel secondo, essa è conferita al solo interessato e tale differenziazione trova rispondenza anche nel contenuto degli artt. 112 e 113 dello stesso D.P.R. proprio in materia di revoca del decreto di ammissione al gratuito patrocinio.

Pertanto, poichè – nel caso di specie – l’opposizione proposta al Presidente del Tribunale di Catanzaro concerneva propriamente il decreto di revoca della pregressa ammissione al gratuito patrocinio (da cui era conseguita, come effetto automatico e privo di autonomia decisoria, siccome rinveniente il suo presupposto giustificativo proprio nella sopravvenuta revoca, l’inammissibilità della richiesta di liquidazione del compenso al difensore), appare evidente come non poteva che essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso in opposizione formulato direttamente ed esclusivamente dal difensore, in quanto carente di una propria legittimazione, non controvertendosi della liquidazione dei compensi ad esso spettanti (come evincibile anche dagli ulteriori precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente nella memoria ex art. 380-bis c.p.c.), che avrebbe presupposto la conservazione del provvedimento di ammissione al beneficio del gratuito patrocinio. E’, invero, indiscutibile che, una volta intervenuta la revoca di quest’ultimo provvedimento – che produce, come effetto, quello di ripristinare retroattivamente l’obbligo della parte di sopportare personalmente le spese della sua difesa -, è a quest’ultima soltanto che spetta la legittimazione ad opporsi alla intervenuta revoca, proprio perchè esclusiva titolare del diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

In virtù della valutazione della sussistenza di tale assorbente ragione – impeditiva dell’esame di altri profili di doglianza – è altrettanto evidente che il giudice dell’opposizione non avrebbe potuto nè dovuto prendere in considerazione altre deduzioni dell’opponente privo di legittimazione, così rimanendo esclusa in radice la ipotetica violazione dell’art. 112 c.p.c., così come prospettata dal ricorrente con la seconda censura.

Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Ministero della Giustizia, dei compensi della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dei compensi del presente giudizio di legittimità, liquidati Euro 900,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte di Cassazione, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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