Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21996 del 17/10/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21996 Anno 2014
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 3081-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2014
2501

contro
PAC DIVITOELISEO DI DI VITO ROSA & C. SNC in persona
dell’Amministratore, elettivamente domiciliatg in ROMA
VIA VINCENZO UGO TABY 19 c/o il Sig. PIETRO
PERNARELLA, rappresentato, e difeso, dall’Avvocato
TAMMETTA WALTER giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 17/10/2014

- con troricorrente avverso

la

sentenza

n.

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA,

558/2007

della

depositata il

12/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VELLA;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato TAMMETTA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per l’accoglimento del 1° motivo di ricorso, assorbiti
gli altri.

udienza del 30/06/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA

n. 3081/09 R.G.

RITENUTO IN FATTO
La società “PAC DIVITOELISEO di Di Vito Rita & C. s.n.c.” (erroneamente
indicata in ricorso come “PAC DIVITOELISEO di Di Vito Rosa e C. snc”)
impugnava l’atto di contestazione ed irrogazione della sanzione pecuniaria di C
14.360,34, notificatole in data 10.11.2004 in forza del separato e precedente
avviso di accertamento in rettifica del reddito d’impresa per l’anno di imposta
1999, da essa parimenti impugnato.
Con sentenza n. 233/05 la Commissione tributaria provinciale di Latina

presupposto di quello impugnato, era stato già annullato dalla medesima
Commissione, con sentenza n. 232/05.
L’Agenzia delle entrate, facendo presente di aver impugnato la sentenza di
annullamento dell’avviso di accertamento, proponeva appello contro la sentenza
di prime cure, di cui censurava la motivazione, ridotta ad un mero rinvio all’altra
decisione, senza alcuna valutazione dei fatti contestati.
Con sentenza n. 558/40/07 la Commissione tributaria regionale del Lazio
respingeva l’appello, osservando che, a seguito della conferma in secondo grado
dell’annullamento dell’avviso di accertamento presupposto, erano venuti meno i
presupposti della sanzione pecuniaria irrogata.
Per la cassazione della sentenza d’appello, depositata il 12.12.2007 e non
notificata, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in data 27-29.1.2009,
affidato a tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso ed ha poi prodotto memoria
illustrativa del 10.6.2014, in cui chiede dichiararsi cessata la materia del
contendere. All’udienza del 30.6.2014 le parti hanno concluso come da verbale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la «nullità
della sentenza per violazione dell’art. 36, D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 118
disp.att. c.p.c. e art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.», formulando
il seguente quesito di diritto: «Dica la Corte se la sentenza che annulli l’atto di
contestazione con cui viene irrogata la sanzione pecuniaria conseguente alla
rettifica del reddito societari richiamando sic et simpliciter gli estremi della
sentenza che ha annullato il presupposto avviso di accertamento separatamente
impugnato dalla società, violi l’art. 36, D.Lgs. 546/92 in combinato disposto con
gli artt. 118 c.p.c. e 111 Cost. che, correttamente intesi nel senso che ciascuna
controversia deve esser conclusa con una pronuncia che contenga tutti gli
elementi essenziali in ordine allo svolgimento del processo e ai motivi in fatto e
in diritto della decisione, avrebbe imposto al giudice di motivare compiutamente
la sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione dell’atto di irrogazione

n. 3081/09 R.G.

accoglieva il ricorso, in quanto l’avviso di accertamento, che costituiva atto

n. 3081/09 R.G.

della sanzione pecuniaria indicando i motivi di fatto e di diritto che sostengono la
decisione, senza limitarsi ad un mero rinvio alla motivazione della sentenza che
ha annullato l’avviso di accertamento, pur se legata da un nesso di
consequenzialità necessaria».
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. La semplice lettura della sentenza impugnata mostra chiaramente come
essa sia affetta dal denunziato vizio di error in procedendo,

per assoluta

mancanza di motivazione, essendosi il giudice d’appello limitato testualmente a

accertamento sopra citato e che lo stesso, pure impugnato, dalla CTR n. 39 con
sentenza 337/39/07 depositata il 19/06/2007, è stato annullato essendo stati
ritenuti fondati i motivi di doglianza, per cui sono venuti meno i presupposti della
sanzione pecuniaria irrogata”. Si tratta, all’evidenza, di una motivazione del tutto
apparente, con cui il giudice regionale non ha assolto l’obbligo di esporre le
ragioni della propria decisione, ma ha semplicemente richiamato il decisum – non
anche le motivazioni, quantomeno per relationem – di una diversa sentenza di
annullamento dell’atto presupposto di quello impugnato, senza nemmeno
verificarne l’efficacia di giudicato.
1.3.

E’ invero consolidato l’orientamento di questa Corte per cui una

motivazione della sentenza per relationem ad altra sentenza è legittima a
condizione che il secondo giudice, facendo proprie le argomentazioni del primo,
esprima – sia pure in modo sintetico – le ragioni della conferma della pronuncia
in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso logicoargomentativo seguito dal giudicante sia desumibile dalla parte motiva della
sentenza (per tutte, vedi Cass., sez.un., sent. n. 6538 del 2010; conf. Cass.,
sent. n. 13473 del 13 giugno 2014).
1.4. A maggior ragione, nel caso in cui – come nella fattispecie in esame – la
sentenza impugnata non abbia giudicato la medesima questione oggetto della
sentenza richiamata, ma una questione ad essa pregiudizialmente connessa, il
giudice d’appello deve dar conto degli elementi in base ai quali ha ritenuto di
attenersi all’autorità della sentenza pregiudiziale, di cui non risulti il passaggio in
giudicato; anche nel processo tributario, infatti, in ipotesi di pregiudizialità la
motivazione per relationem non deve limitarsi alla mera indicazione della fonte
di riferimento, ma deve riprodurre i contenuti mutuati in modo tale che essi
diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa anche se connessa – causa sub iudice, in modo da consentire la verifica della
compatibilità logico-giuridica di un simile innesto motivazionale (Cass. sez.un.,
sent. n. 14814 del 2008; conf. Cass., sent. n. 10741 del 16 maggio 2014).

n. 3081/09 R.G.

rilevare che “l’atto di contestazione de quo scaturisce unicamente dall’avviso di

&BENTE DA REGISTRAZIME
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5 n. 3081/09 R.G.
MATERIA TRIBUTARIA
2. Restano assorbite le due ulteriori censure proposte in via subordinata e
gradata, la seconda per «violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360
comma 1 n. 3 c.p.c.» e la terza per «violazione dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 7
D.Lgs. 546/92 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.».
2.1. In ordine a tali ulteriori censure ci si può in questa sede limitare a
richiamare l’orientamento di questa Corte per cui “la sospensione necessaria del
processo, di cui all’art. 295 cod. proc. civ., è applicabile anche al processo
tributario, qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti

costituisca indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che
l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in
modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicati”
(Cass. sez. un., sent. n. 8053 del 7 aprile 2014; conf. Cass., sent. n. 10501 del
14 maggio 2014 e n. 21396 del 2012). Le sezioni unite di questa Corte hanno al
riguardo chiarito che, fuori dai casi in cui sia espressamente disposto che un
giudizio debba rimanere sospeso sino a che un altro da cui dipenda sia definito
con decisione passata in giudicato (come ad esempio nel caso previsto
dall’articolo 75, terzo comma, cod. proc. ptfi.), quando tra due giudizi esista un
rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza
non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato è possibile solo
ai sensi dell’art. 337 cod. proc. civ., ossia quando sia impugnata la sentenza la
cui autorità è stata invocata in un diverso processo (Cass., sez.un., sent. n.
10027 e n. 21348 del 2012; conf. Cass., sent. n. 13473 del 2014 e ord. n.
21505 del 2013).
3. Alla cassazione della sentenza impugnata segue il rinvio ad altra sezione
della Commissione regionale del Lazio, che nel decidere la controversia dovrà
tener conto dei principi sopra enunciati e potrà altresì valutare le deduzioni da
ultimo svolte dall’intimata (v. memoria del 10.6.2014) in ordine alle ulteriori
decisioni intervenute sul contenzioso in essere tra le parti, anche con riguardo
all’istanza di definizione proposta dal contribuente ex art. 39, co. 12, d.l. n.
98/11, convertito dalla I. n. 111/11. In ogni caso, il giudice del rinvio regolerà
anche le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra
sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che provvectssOldwArofineaw
regolare le spese del giudizio di cassazione.

Roma, Il

legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità, tale che la definizione dell’uno

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