Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21996 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 10/04/2018, dep. 11/09/2018), n.21996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 2 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente – Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere – Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere – Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere – Dott. SCARPA Antonio – Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 19566/2017 R.G. proposto da: M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ADOLFO ONIODEO 44/B, presso lo studio dell’avvocato DANIELA PEPPICELLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA BITETTO, MARIO PAGNUTTI, GIOVANNI BORGNA; – ricorrente – contro C.M., V.M.L., elettivamente domiciliate in ROMA, LARGO SOMALIA 53, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO PINTO, che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PENNA; – controricorrenti – contro S.S.; – intimato – per regolamento di competenza avverso il provvedimento della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositato il 13/06/2017; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 10/04/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Ditt. CELENTANO Carmelo, che chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, disponga la prosecuzione del giudizio civile pendente presso la Corte di Appello di Trieste al RGN 246/2017.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Trieste, nell’ambito del procedimento n. 246/2017 (avente ad oggetto giudizio di appello avverso sentenza di primo grado di rigetto del reclamo ex art. 630 c.p.c., con il quale era stata impugnata l’ordinanza di estinzione del processo esecutivo, pronunciata dal giudice dell’esecuzione a seguito della intervenuta caducazione del titolo esecutivo sulla base del quale l’esecuzione era stata iniziata), con ordinanza del 18 luglio 2017, ne ha disposto la sospensione ex art. 295 c.p.c., con riferimento alla causa promossa da V.M.L. e C.M. nei confronti di M.T., per ottenere la restituzione della somma di Euro, 100.000,00 ricevuta dalla convenuta, collaboratrice e convivente more uxorio dell’avv. F. P., per il quale aveva operato in qualità di fiduciaria, e dalle stesse corrisposta con assegno circolare emesso in suo favore in forza di promessa di pagamento fatta al difensore in adempimento di un patto (allora illecito) di quota lite, pendente per la seconda volta avanti alla Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento del predetto provvedimento.

La M. ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza avverso la predetta ordinanza, cui hanno resistito la V. e la C. con memoria ex art. 47 c.p.c..

Essendosi ritenute applicabili le condizioni per la decisione ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Procuratore Generale di fotinulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito è stato adottato decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

come dedotto dalla stessa ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., in pendenza del presente procedimento, specificamente in data 21 marzo 2018, il giudizio pregiudicante, relativo al merito della vicenda (ricorso n. 26540/2016), è stato definito con ordinanza, n. 7046/2018, di inammissibilità del ricorso proposto dalle V. – C. avverso la sentenza di appello che aveva escluso che la M. fosse loro debitrice, dovendo ravvisarsi tale qualità soltanto in capo all’avv. P., per non essere configurabile nella specie una interposizione reale personale.

Ne consegue che essendo stato ormai definito – nei termini di cui sopra – il giudizio pregiudicante (cfr. Cass., Sez.Un. n. 7932 del 2013 che – proprio con riferimento ad un regolamento di competenza avverso un provvedimento di sospensione – ha affermato che, qualora “venga deciso il processo ritenuto pregiudicante con sentenza passata in giudicato, si determina la sopravenuta carenza di interesse delle parti alla decisione sulla questione relativa alla sospensione”), non v’è più ragione per verificare se la Corte di merito abbia pronunciato bene o male la sospensione del giudizio de quo, trattandosi di provvedimento finalizzato ad evitare un conflitto fra giudicati, una volta che tale conflitto non può più darsi dopo che la domanda di restituzione della somma di Euro 100.000,00, per la quale si agiva esecutivamente, è stata definitivamente rigettata.

Deve, pertanto, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Le spese del giudizio di regolamento vanno rimesse al giudice del merito.

Pur se il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, non deve farsi luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013): la ratio della norma – orientata a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose – induce ad escludere che il meccanismo sanzionatoti ivi previsto sia applicabile in ipotesi di inammissibilità non originaria ma, come nella specie, sopravvenuta (Cass. 15 settembre 2014 n. 19464).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;

rimette la statuizione sulle spese del presente giudizio al merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 10 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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