Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21994 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. III, 24/10/2011, (ud. 05/10/2011, dep. 24/10/2011), n.21994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 7, presso lo studio dell’avvocato VISCA

MAURIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARACCI GIOVANNI

giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

TERME ACQUA PIA S.R.L. (OMISSIS) in persona del suo

Amministratore Unico, legale rappresentante pro tempore sig.ra A.

V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE

44, presso lo studio dell’avvocato PERILLI MARIA ANTONIETTA, che la

rappresenta e difende giusto mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 312/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/02/2009 R.G.N. 1790/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato GIOVANNI CARACCI;

udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso con l’inammissibilità, in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 12 aprile 1999, M.R. conveniva davanti al Tribunale di Sciacca le Terme Acqua Pia srl, in persona del suo legale rappresentante pro tempore e, dopo avere esposto che il giorno (OMISSIS), era scivolato nei locali di pertinenza del suddetto complesso termale a causa della pavimentazione non in regola con le norme di salvaguardia e che, in conseguenza di ciò, aveva subito lesioni fisiche per le quali era stato trasportato presso il Premio Soccorso dell’Ospedale di (OMISSIS), ove gli era stato diagnostico una trauma contusivo al ginocchio sinistro, chiedeva la condanna delle Terme Acqua Pia al risarcimento dei danni subiti a causa del sinistro, quantificati in L. 35.667.000. Si costituiva in giudizio la società convenutali Tribunale adito, con sentenza n. 299/05 del 5-21 luglio 2005, in parziale accoglimento delle domande proposte da M.R., condannava le Terme Acqua Pia srl a corrispondere all’attore la somma di Euro 2.143,00 per danno biologico, di Euro 3.484,00 per inabilità temporanea e quella di Euro 900,00 a titolo di danno morale, oltre interessi; condannava, altresì, le Terme Acqua Pia srl a corrispondere all’attore la somma di Euro 872,00 per spese mediche con interessi legali dall’ottobre 1998.

A seguito dell’appello delle Terme Acqua Pia srl, costituitosi il M., la Corte di Appello di Palermo, con la decisione in esame depositata in data 24.2.2009, in riforma di quanto statuito in primo grado, rigettava la domanda del M.; affermava in particolare la Corte di merito che “le risultanze istruttorie rappresentate dalle generiche indicazioni dei testi, per nulla circostanziate ed espressive di apprezzamenti del tutto soggettivi, non corroborate da altre risultanze ma anzi, quanto alla localizzazione dell’infortunio, contraddette dalle dichiarazioni dello stesso M. ai sanitari dell’Ospedale ed al proprio consulente medico-legale (cui riferì di essere caduto in piscina) non consentono di ritenere raggiunta una prova convincente in ordine all’affettività storica del preteso l’infortunio come avvenuto nell’ambito dei locali (non meglio specificati neppure in citazione) dello stabilimento Acqua Pia al cui personale peraltro, nell’immediatezza del sinistro o poco dopo, non risulta neppure denunciato l’evento dannoso. La domanda avrebbe quindi dovuto essere rigettata e la sentenza va interamente riformata”.

Ricorre per cassazione con due motivi il M.; resistono con controricorso le Terme.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e la violazione del principio iura novit curia; si afferma che ha errato la Corte territoriale nel ritenere non proposta l’azione di responsabilità ex art. 2051 c.c. Con il secondo motivo si deduce difetto di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza degli elementi probatori, nonchè violazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova con riferimento all’art. 2051 c.c..

Il ricorso non merita accoglimento in relazione ad entrambe le suesposte censure, da trattarsi congiuntamente, avendo le stesse ad oggetto il medesimo thema decidendum riguardante la responsabilità ex art. 2051 c.c. Deve in proposito rilevarsi che tali censure sono palesemente infondate esplicitamente risultando che la domanda introduttiva del giudizio fu proposta ex art. 2043 c.c. In proposito non può che ribadirsi quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 14622/2009), secondo cui l’azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 cod. civ. presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all’azione di responsabilità per danni a norma dell’art. 2043 cod. civ., trattandosi di accertare, in quest’ultimo caso, se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere invece, nel caso di responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 cod. civ., nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito. Ne consegue che, proposta in primo grado domanda di risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ., la domanda di responsabilità per cose in custodia, ove non proposta neppure in via subordinata in primo grado, è soggetta in appello al divieto dello ius novorum, trattandosi di domanda che comporta il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e che, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, pone in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si sia svolto in quella sede il contraddittorio.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 1.600,00 (di cui Euro 0 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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