Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21993 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 31/10/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 31/10/2016), n.21993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13187-2011 proposto da:

EVERGREEN DI P.M.S. & C. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE,

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 12, presso lo

studio dell’avvocato ANGELO CUTOLO, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Z.L., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 211/2010 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 22/04/201 R.G.N.

250/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 DAL Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso per quanto di (Ndr: testo originale non comprensibile).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza depositata il 22 aprile 2010, ha respinto l’appello proposto dalla società Evergreen s.a.s. di P.M.S. & C., in liquidazione, avverso la sentenza di primo grado, con la quale è stata dichiarata la nullità del termine apposto al contratto stipulato in data 1 giugno 2003 tra la predetta società e Z.L., la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data della stipula anzidetta, ed è stata condannata la società a corrispondere alla lavoratrice le retribuzioni a decorrere dal 24 febbraio 2004 sino alla data del ripristino del rapporto, con gli accessori di legge e detratto l’eventuale perceptum.

Contro tale sentenza ricorre per cassazione la società sulla base di tre motivi.

La lavoratrice è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente, “denunciando violazione e falsa applicazione delle norme di diritto – errata valutazione dei fatti – contraddittorietà della motivazione della sentenza”, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, ai fini risarcitori, che vi fosse stata una valida offerta della prestazione da parte della lavoratrice e che tale prestazione non fosse stata accettata dalla società.

2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando erronea valutazione delle risultanze probatorie e contraddittorietà della motivazione, lamenta che la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza di un rapporto lavorativo a tempo pieno anzichè a tempo parziale.

3. Con il terzo motivo la ricorrente chiede l’applicazione, ai fini risarcitori, della L. n. 183 del 2010, art. 32, sopravvenuta nel corso del giudizio.

4. Il ricorso è inammissibile.

Premesso che, a norma dell’art. 149 c.p.c., comma 3, la notifica a mezzo del servizio postale si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto, nella specie risulta che il plico postale è stato trasmesso per la notifica il 12 maggio 2011 (non risulta la data di consegna all’ufficiale giudiziario), quando già era scaduto il termine annuale per la proposizione del ricorso, previsto a pena di decadenza dall’art. 327 cod. proc. civ., nel testo anteriore a quello attuale, applicabile ratione temporis, termine decorrente dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 22 aprile 2010.

Trattandosi di controversia di lavoro, non si applica, L. n. 742 del 1969, ex art. 3, la disposizione di cui all’art. 1 della stessa legge, secondo cui il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e amministrative è sospeso di diritto dal 1 agosto al 15 settembre di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, essendo la lavoratrice rimasta intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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