Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21993 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. III, 03/09/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 03/09/2019), n.21993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6187-2018 proposto da:

FINGEST CONSULTING SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE

II, 326, presso lo studio dell’avvocato ANDREA FALZONE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO VILLANI;

– ricorrente –

contro

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LEONARDO BOTTAZZI;

– controricorrente –

e contro

LLOYD’S OF LONDON – RAPPRESENTANZA GENERALE PER L’ITALIA,

T.G., ALLIANZ SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5207/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

Leasint s.p.a. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano Fingest Consulting s.r.l. chiedendo la condanna al rilascio di capannone industriale, concesso in locazione finanziaria, nonchè al pagamento della somma di Euro 221.239,90 quale importo corrisposto ad Equitalia Polis s.p.a. per conto di Fingest per l’ipoteca legale iscritta nei confronti di Nuovolegno Sud s.r.l., precedente proprietaria dell’immobile, fra la data della compravendita intervenuta fra Leasint e Nuovolegno Sud e quella della trascrizione della compravendita medesima. La convenuta chiamò in causa T.G., notaio rogante, e quest’ultimo a sua volta chiamò in causa Allianz Subalpina s.p.a. e Lloyd’s of London. Il Tribunale adito rigettò la domanda di risoluzione e condanna al rilascio ed accolse quella di condanna al pagamento della somma di Euro 221.239,90, rigettando la domanda nei confronti del terzo chiamato. Avverso detta sentenza proposero appello principale Fingest Consulting s.r.l. ed incidentale Mediocredito Italiano s.p.a.. Con sentenza di data 13 dicembre 2017 la Corte d’appello di Milano rigettò entrambi gli appelli.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, in relazione al motivo di appello avente ad oggetto la mancata specifica contestazione della circostanza del versamento di Euro 221.239,90 all’agenzia di riscossione, che non rilevavano “le presunte contestazioni in fase stragiudiziale, le frasi ipotetiche e gli avverbi, contenuti nella comparsa di costituzione e risposta e nella prima memoria art. 183 c.p.c. e nella comparsa conclusionale richiamati dall’appellante (pag. 11 dell’impugnazione) in quanto non costituenti espressioni di esplicita e specifica contestazione della circostanza suddetta allegata dalla parte attrice” e che, a parte la tardività del rilievo di mancata prova in comparsa conclusionale, il versamento di tale somma era noto a Fingest Consulting già prima del giudizio come si evinceva dalla lettera del 14 aprile 2010. Aggiunse che ai sensi dell’art. 2811 c.c., secondo cui l’ipoteca si estendeva alle costruzioni edificate sull’immobile e non solo a quelle venute ad esistenza dopo l’iscrizione, l’ipoteca iscritta sul terreno, alla luce dell’identificativo riportato sulla relativa nota, doveva intendersi gravante anche sul fabbricato che vi insisteva. Osservò inoltre che il motivo di appello relativo al concorso colposo del creditore ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, non era conforme alla previsione di cui all’art. 342 c.p.c. “non avendo l’appellante specificato elementi di fatto rilevanti ai fini dell’individuazione del fatto colposo di Leasint e cioè utilmente rappresentato in che modo una tempestiva comunicazione dell’iscrizione della garanzia ipotecaria da parte della società concedente all’utilizzatrice avrebbe potuto, sul piano causale, consentire a quest’ultima una contestazione del credito al creditore ipotecario o il recupero dell’importo versato dall’attrice”.

Ha proposto ricorso per cassazione Fingest Consulting s.r.l. sulla base di tre motivi e resistono con unico controricorso Mediocredito Italiano s.p.a. e Intesa SanPaolo Provis s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, artt. 2967 e 2968 c.c., artt. 24 e 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la contestazione del pagamento della somma di Euro 221.239,90, vi era stata in quanto, oltre la risposta alla diffida, nella comparsa di costituzione di primo grado si era fatto riferimento alle pagine 8 e 14 all’importo “asseritamente corrisposto” da Leasint, a pagina 14 si era affermato “ugualmente da respingere è l’ultima domanda di Leasint, quella di condanna di Fingest al rimborso dell’importo di Euro 221.239,90, dalla stessa asseritamente corrisposto ad Equitalia Polis s.p.a.”, alla pagina 15 vi era scritto che “controparte dovrà assolvere in ordine a tutti i presupposti della propria domanda” l’onere della prova, nella prima memoria ai sensi dell’art. 183 vi era affermato che non poteva essere emessa condanna per quanto Leasint “assume di avere pagato al creditore ipotecario” e nella comparsa conclusionale si affermava che non era stato provato il pagamento dell’importo in discorso. Aggiunge che, differentemente opinando, si sarebbe dovuta adoperare una formula di stile per la contestazione di una circostanza la cui conoscenza non era nella disponibilità della parte, trattandosi di pagamento fatto dalla controparte ad un terzo e che l’onere di contestazione attiene solo ai fatti noti al convenuto. Osserva inoltre che trattandosi di elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio il convenuto non era tenuto a formulare un’eccezione in senso stretto, ma solo mere difese e dunque la circostanza era rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado.

Il motivo è infondato. E’ ben vero che l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (da ultimo Cass. 4 gennaio 2019, n. 87). Il giudice di merito ha tuttavia accertato che il versamento della somma in questione era noto a Fingest Consulting già prima del giudizio come si evinceva dalla lettera del 14 aprile 2010 e tale accertamento non è stato specificatamente impugnato dalla ricorrente. Non può poi essere confuso il piano di operatività del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. con il regime delle eccezioni in quanto il primo attiene alla delimitazione di ciò che deve essere oggetto di prova, il secondo attiene al regime della rilevanza giuridica dei fatti ai fini della decisione, laddove l’eccezione in senso stretto per taluni fatti implica “l’espressa istanza della parte interessata intesa ad ottenere che i loro effetti, se riscontrati esistenti sul piano sostanziale, siano utilizzati dal giudice come motivo di rigetto della domanda dell’attore” (Cass. Sez. U. 3 febbraio 1998, n. 1099).

Il fatto in questione è quello del pagamento della somma di Euro 221.239,90. Tale fatto, come previsto dall’art. 115 c.p.c., comma 1, deve essere specificatamente contestato ai fini della sua inclusione nel thema probandum. Risulta assolto l’onere processuale di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. La specifica contestazione non può essere affidata al mero uso dell’espressione “asseritamente”, la quale allude all’attività assertiva della controparte ma non implica di per sè (specifica) contestazione dell’oggetto di quella attività assertiva. Attribuire infatti alla condotta processuale la mera attività assertiva non costituisce di per sè specifica negazione dell’oggetto della medesima attività. La portata di “asserito” è in definitiva quella di “allegato”, perchè equivalente ad “affermato”, ma attribuire ad altri un’affermazione non costituisce di per sè contestazione dell’affermazione.

Il richiamo poi a pagina 15 della comparsa di costituzione alla necessità di assolvere l’onere probatorio “in ordine a tutti i presupposti della propria domanda”, proprio perchè riferito a “tutti” gli elementi costitutivi del rapporto dedotto in giudizio manca di specificità, che è il requisito richiesto dalla legge. Come si evince dall’esame della comparsa di costituzione, al cui diretto esame il Collegio può accedere data la necessità di accertare il fatto processuale, alla pagina 15 risulta eccepita, quale ragione di rigetto della domanda di condanna al pagamento della somma di Euro 221.239,90, l’inopponibilità dell’ipoteca in quanto iscritta non sul capannone ma sul terreno (per il quale non vi sarebbe alcuna obbligazione assunta) ed in subordine la tardività dell’informazione relativa all’iscrizione (che secondo la parte avrebbe pregiudicato le possibilità di verifica della fondatezza del credito), ma nessuna specifica contestazione risulta sollevata nei confronti della circostanza dell’avvenuto pagamento di Euro 221.239,90, nè la contestazione, come si è detto, può essere integrata dal generico richiamo alla necessità di provare gli elementi costitutivi del rapporto dedotto in giudizio. Infine non può darsi rilievo a condotte antecedenti al processo, quali la dedotta risposta a diffida, nè al contenuto della comparsa conclusionale la quale giunge dopo che, per effetto del dispiegamento della dialettica processuale, si è formato il thema probandum.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2811 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente, in via subordinata, che, avendo il terreno un diverso accatastamento rispetto al capannone industriale concesso in leasing, ed essendo al momento dell’iscrizione ipotecaria il capannone già esistente, tanto da essere stato venduto, l’ipoteca era stata deliberatamente iscritta da Equitalia Polis solo sul terreno.

Il motivo è infondato. Il dispositivo è conforme a diritto, ma deve essere corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.. L’art. 2811 c.c. si riferisce propriamente solo alle costruzioni ed altre accessioni successive alla costituzione dell’ipoteca, mentre rispetto a quelle anteriori, come affermato da autorevole dottrina, una norma apposita sarebbe stata superflua per le parti integranti, bastando il principio della normale estensione della garanzia all’intero immobile. Nei limiti in cui la proprietà si estende ai sensi dell’art. 840 c.c., per la normale unità del complesso l’ipoteca viene ad abbracciare tutte le singole parti dell’immobile, salvo che non ricorra uno specifico patto di esclusione di talune parti, il che implica pur sempre una rinunzia parziale dell’ipoteca, ma di un simile patto non vi è accertamento del giudice di merito nè risulta proposta in relazione alla circostanza una denuncia di vizio motivazionale.

Peraltro, in relazione alla questione dell’identificativo catastale, il giudizio di fatto del giudice di merito è stato nel senso che l’ipoteca iscritta sul terreno, alla luce dell’identificativo riportato sulla relativa nota, doveva intendersi gravante anche sul fabbricato che vi insisteva. Il motivo di censura, incentrato su una diversità di accatastamento, resta estraneo a tale ratio decidendi.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1 e dell’art. 324 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente, in via ulteriormente subordinata, che, in relazione all’applicazione dell’art. 1227, era stato evidenziato nell’atto di appello che a fronte dell’iscrizione ipotecaria nel dicembre 2007 e dell’asserito pagamento nel febbraio 2009, solo con l’atto stragiudiziale del marzo 2010 Fingest era stata informata dell’iscrizione e del presunto pagamento. Aggiunge che Fingest era stata privata della possibilità di verificare la fondatezza delle pretese della creditrice ipotecaria, contestando il credito asseritamente garantito o la regolarità dell’iscrizione.

Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito ha rilevato un difetto di conformità dei motivi di appello alla fattispecie di cui all’art. 342 c.p.c. “non avendo l’appellante specificato elementi di fatto rilevanti ai fini dell’individuazione del fatto colposo di Leasint e cioè utilmente rappresentato in che modo una tempestiva comunicazione dell’iscrizione della garanzia ipotecaria da parte della società concedente all’utilizzatrice avrebbe potuto, sul piano causale, consentire a quest’ultima una contestazione del credito al creditore ipotecario o il recupero dell’importo versato dall’attrice”. Tale statuizione, ed in particolare la mancata specificazione di elementi di fatto rilevanti ai fini della possibilità di utilmente spendere una tempestiva comunicazione dell’iscrizione ipotecaria, non è stata specificatamente impugnata, avendo la ricorrente richiamato solo il contenuto del motivo di appello in termini di allegazione del lasso di tempo che sarebbe intercorso fra il pagamento e la comunicazione. A fronte di tale allegazione, resta l’affermazione del giudice di appello dell’assenza di circostanze di fatto da cui desumere che il pregiudizio sarebbe stato prevenuto, il che rende privo di decisività il motivo di censura.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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