Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21992 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. III, 03/09/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 03/09/2019), n.21992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5688-2018 proposto da:

INDACOO COOPERATORI SOCIETA’ COOPERATIVA PER AZIONI IN CONCORDATO

PREVENTIVO in persona del proprio legale rappresentante pro tempore

C.C., OLMO GRANDUCATO SPA IN LIQUIDAZIONE nella persona del

proprio liquidatore e legale rappresentante pro tempore

A.F., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA SANTA COSTANZA 2,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO RUGGIERO, che le rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CARLO BERTI;

– ricorrenti –

contro

INTESA SAN PAOLO PROVIS SPA quale beneficiaria della società

MEDIOCREDITO ITALIANO SPA in persona del Direttore Generale

R.S., UNICREDIT LEASING SPA in persona del procuratore

S.A., BNP PARIBAS LEASE GROUP SPA in persona del Procuratore

speciale Dott. P.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO CATAVELLO,

che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

CASAMERCATO SRL IN LIQUIDAZIONE, CASAMERCATO SRL IN LIQUIDAZIONE E

CONCORDATO PREVENTIVO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3204/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

Cooperativa Costruzioni Edili Val D’Arda (in seguito INDACOO Innovazione di abitanti e costruttori – società cooperativa) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano UniCredit Leasing s.p.a, Leasint s.p.a. e BNP Paribas Lease Group s.p.a. chiedendo la condanna al pagamento della somma di Euro 9.500.000,00 a titolo di arricchimento senza causa. Secondo quanto esposto in sede di sommaria esposizione dei fatti di causa, Locat s.p.a., Locafit s.p.a. e Intesa Leasing s.p.a. avevano acquistato la proprietà di un immobile, al fine di concederlo in locazione finanziaria a Casamercato s.r.l., la quale interveniva nell’atto di vendita in qualità di utilizzatrice impegnandosi a realizzare l’edificazione di un fabbricato ad uso commerciale; una delle clausole del leasing attribuiva all’utilizzatrice il mandato senza rappresentanza a porre in essere le attività giuridiche necessarie per la costruzione dell’edificio; stipulato il contratto di appalto fra l’utilizzatrice e Cooperativa Costruzioni Edili Val D’Arda, durante l’esecuzione del contratto erano state eseguite ulteriori opere ad integrazione di quelle previste per l’importo di Euro 9.500.000,00; entrata Casamercato s.r.l. in concordato preventivo, le concedenti avevano risolto il contratto di leasing e l’appaltatrice aveva ricevuto comunicazione dal commissario giudiziale della percentuale ridotta del pagamento del credito. Le convenute, costituitesi in giudizio, chiamarono in causa Casamercato s.r.l. in liquidazione in concordato preventivo. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello la parte attrice. Con sentenza di data 10 luglio 2017 la Corte d’appello di Milano rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che l’azione era inammissibile perchè la parte appellante non era priva di tutela giuridica alternativa, potendo esperire le azioni contrattuali e di risarcimento derivanti dall’appalto nei confronti di Casamercato, e che non rilevava la contingente situazione economica di quest’ultima che rendeva improbabile il realizzo del credito, richiedendo la sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa una verifica in astratto e non in concreto del possibile esperimento di una diversa tutela giuridica. Aggiunse che comunque non era privo di causa l’arricchimento della società di leasing, trovando giustificazione nel rapporto di locazione con il conduttore-appaltatore, come affermato da Cass. n. 7627 del 2002.

Ha proposto ricorso per cassazione INDACOO – Innovazione di abitanti e costruttori – società cooperativa in concordato preventivo in continuità sulla base di cinque motivi e resistono con unico controricorso UniCredit Leasing s.p.a, Intesa San Paolo Provis s.p.a. e BNP Paribas Lease Group s.p.a.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, stante l’impossibilità di riscuotere il credito nei confronti del committente e l’insolvenza dunque di quest’ultimo, ed essendo le società concedenti beneficiarie indirette dell’arricchimento, compete l’azione ai sensi dell’art. 2041 nei confronti delle medesime concedenti, alla stregua di Cass. n. 4364 del 1998 e Cass. n. 8751 del 1993.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice di merito avrebbe dovuto ammettere l’interrogatorio formale avente ad oggetto il mancato versamento del corrispettivo da parte della committente.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente, sulla base di Cass. Sez. U. n. 24472 del 2008, che le opere aggiuntive per oltre nove milioni di Euro costituivano un arricchimento gratuito delle concedenti in quanto la ricezione dei ratei di canone di leasing, senza alcun contestuale pagamento dei lavori aggiuntivi, aveva comportato un surplus di profitto per le concedenti, le quali si erano arricchite dell’incremento di valore del fondo senza sostenerne il costo economico.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente, in via subordinata, che la fattispecie deve qualificarsi come arricchimento diretto per essere l’incremento di valore del fondo andato direttamente a beneficio delle stesse come proprietarie del fondo medesimo.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che le pronunce successive a Cass. n. 7627 del 2002, compresa Cass. Sez. U. n. 24472 del 2008, svincolano la gratuità dell’acquisto del terzo dalla mancanza di titolo, dando rilievo anche all’ipotesi in cui, all’interno di un rapporto contrattuale, l’arricchimento indiretto del terzo sia gratuito e che il criterio per stabilire se vi sia gratuità non è quello del consenso prestato dal locatore ai miglioramenti, ma quello del non aver sopportato alcun sacrificio economico per l’arricchimento all’interno del rapporto contrattuale, ossia il non aver pagato per la prestazione ricevuta. Aggiunge che nel caso di specie non vi è stata alcuna controprestazione in favore dell’utilizzatore in relazione all’acquisizione di valore.

I motivi, da valutare unitariamente, sono infondati.

Ai sensi dell’art. 2041 c.c., chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Costituiscono elementi costitutivi di tale fattispecie l’arricchimento a favore di un soggetto, l’impoverimento subito da un altro soggetto, il nesso di correlazione tra i predetti due requisiti, l’assenza di una giusta causa dell’arricchimento, la mancanza di qualsiasi altra azione in favore dell’impoverito per ottenere la reintegrazione patrimoniale.

Per quanto attiene in particolare al nesso di correlazione tra arricchimento e impoverimento, la giurisprudenza di questa Corte (già a partire da Cass. sez. U. 2 febbraio 1963, n. 183) è nel senso che ai fini dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. è necessario che l’impoverimento e l’arricchimento derivino, in via immediata, dal medesimo fatto causativo, sulla base della c.d. teoria dell’unicità del fatto costitutivo, con la conseguenza che il fondamento dell’indennizzo viene meno qualora lo spostamento patrimoniale, pur se ingiustificato, tra due soggetti sia determinato da una successione di fatti che hanno inciso su due diverse situazioni patrimoniali soggettive, in modo del tutto indipendente l’uno dall’altro. Tale orientamento è stato ribadito da Cass. sez. U. 8 ottobre 2008, n. 24772 la quale ha riaffermato la necessità, oltre che della mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito, della unicità del fatto causativo di impoverimento e arricchimento, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito, pur ritenendosi, tuttavia, che, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla pubblica amministrazione, in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito. Resta quindi fermo per la giurisprudenza che l’arricchimento indiretto, a parte il caso della pubblica amministrazione retto dal principio della fungibilità soggettiva, consente l’azione di ingiustificato arricchimento, ad esempio nei casi di insolvenza dell’obbligato (Cass. 3 agosto 2002, n. 11656) a condizione che il rapporto fra l’arricchito ed il soggetto obbligato verso il depauperato sia a titolo gratuito (Cass. 23 novembre 2017, n. 27891; 24 settembre 2015, n. 18878; 22 maggio 2015, n. 10663; 26 gennaio 2011, n. 1833; si veda in particolare Cass. 28 maggio 2009, n. 12550 relativa ad un caso di leasing).

Il requisito dell’unicità del fatto costitutivo quanto alla relazione fra depauperamento e arricchimento impedisce di qualificare la vicenda in esame nei termini dell’arricchimento diretto, come proposto nel quarto motivo. Ed invero fra depauperamento ed arricchimento si interpone l’allegato inadempimento del soggetto obbligato nei confronti del depauperato, inadempimento che impedisce il nesso diretto fra depauperamento ed arricchimento.

L’accertato rapporto di locazione finanziaria esclude poi che il rapporto fra arricchito ed obbligato verso il depauperato possa essere qualificato in termini di rapporto a titolo gratuito. Quale negozio a prestazioni corrispettive la locazione finanziaria non può essere ascritta agli atti a titolo gratuito. Peraltro il concetto di gratuità non può essere configurato nei termini indicati nel terzo e quinto motivo, quale squilibrio patrimoniale fra prestazioni nell’ambito di un rapporto contrattuale, per cui vi sarebbe gratuità dove manchi un’equivalenza patrimoniale fra prestazioni. La gratuità costituisce la qualità del rapporto nel senso che, come emerge dalla giurisprudenza sopra richiamata, il titolo medesimo del rapporto deve essere inteso come titolo gratuito e non oneroso (all’alienazione a titolo gratuito fa riferimento l’art. 2038 c.c., cui attinge Cass. Sez. U.U. 8 ottobre 2008, n. 24772 per delimitare l’ambito di rilevanza dell’arricchimento indiretto). Fermo restando che in regime di autonomia privata in linea di principio compete alle parti del contratto il sindacato in ordine all’equilibrio patrimoniale fra le prestazioni, nei motivi di ricorso si evoca il concetto di gratuità con riferimento ad una patologia del rapporto caratterizzata dalla mancata corresponsione del corrispettivo adeguato, che avrebbe arricchito l’una parte a discapito dell’altra. Trattasi di problematica estranea alla qualificazione del titolo contrattuale (gratuito o oneroso), che prescinde dalla patologia del rapporto ed attiene piuttosto allo schema astratto entro il quale collocare la vicenda negoziale.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 18.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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