Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21991 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 31/10/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 31/10/2016), n.21991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25030-2011 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI TERAMO, C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LEONARDO (Ndr: testo originale non

comprensibile) 77, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO (Ndr:

testo originale non comprensibile) REFERZA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.A., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

nonchè da:

F.A., C.F. FLMNTN51A17L103D, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

SABATINI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI TERAMO, C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1051/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 13/10/201 r.g.n. (Ndr: testo originale non

comprensibile);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato BIANCHI ANTONIO RUGGERO per delega Avvocato REFERZA

PIETRO;

udito l’Avvocato VIOLANTE GIANCARLO per delega Avvocato SABATINI

FRANCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello dell’Aquila, con sentenza n. 1051/2010, ha respinto sia l’appello principale proposto dall’Amministrazione provinciale di Teramo, sia l’appello incidentale di F.A., confermando la statuizione della sentenza di primo grado con cui l’Amministrazione provinciale era stata condannata al pagamento, in favore del ricorrente, della retribuzione di posizione dal 13.5.2005 al 31.8.2006, oltre accessori.

2. Il Tribunale aveva ritenuto che non vi fosse stato alcun conferimento di incarico dirigenziale, suscettibile di successiva revoca, come invece dedotto dal F., ma aveva altresì ritenuto che costui avesse diritto à conservare la retribuzione di posizione anche quando non aveva più fatto parte del 3 settore, al quale era stato originariamente assegnato. La voce retributiva doveva essere considerata come trattamento di miglior favore, senza essere collegata alla particolare responsabilità ricoperta.

3. La Corte territoriale ha ritenuto, invece, che vi era stato un conferimento di incarico, in quanto il F. aveva partecipato ad un concorso pubblico per un posto di dirigente di 3 settore, in forza del bando del 18.10.2001 ed, essendo risultato vincitore, era stato assunto, a seguito di determinazione del 20.5.2003, a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale ed assegnazione al 3 settore. Il contratto individuale di lavoro del 3.6.2003 aveva fatto riferimento al”l’espletamento dell’incarico affidato alla sua responsabilità, in relazione agli obiettivi e ai programmi da realizzare”. Pertanto, il F. aveva un preciso incarico dirigenziale, quanto a preposizione ad un settore, specifiche mansioni, obiettivi da raggiungere. Il provvedimento impugnato del 12.5.2005, con cui era stato assegnato al settore di staff della D.G. con attività di studio, ricerca e supporto al Segretario Generale della Provincia, equivaleva a revoca implicita di detto incarico, la cui legittimità doveva ritenersi condizionata all’esistenza di “motivare ragioni organizzative e produttive”, mentre nulla aveva allegato la Provincia a supporto delle ragioni poste a base del provvedimento. Pertanto, la Provincia era tenuta al risarcimento dei danni sotto il profilo della mancata corresponsione della retribuzione di posizione relativa al periodo 13.5.2005 – 31-5.2006. Nulla era dovuto a titolo risarcitorio quanto al periodo di “inattività” di due settimane nel maggio 2005, trattandosi di un periodo interlocutorio, non eccessivo, ma necessario all’avvicendamento dei dirigenti dell’Amministrazione appellante dalle strutture di provenienza a quelle di destinazione, nè vi erano elementi per ritenere che tale “coatta inoperosità” avesse potuto procurare danni “alla professionalità, immagine e dignità” del ricorrente.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’Amministrazione provinciale di Teramo con due motivi. Il F. resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale, affidato a due motivi.

5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale l’Amministrazione provinciale denuncia violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 2, e art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 10 e art. 109, in relazione ai principi in materia di accesso e di attribuzione di funzioni al ruolo dirigenziale nel pubblico impiego. Si duole che la Corte di appello abbia ritenuto sussistente un provvedimento di affidamento di incarico dirigenziale, di competenza del Presidente della Provincia, mentre nel caso di specie la Determina direttoriale del 20 maggio 2003, e il contratto del 3 giugno 2003 riguardavano la sola assunzione del ricorrente a tempo indeterminato.

2. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si assume che la Corte di appello aveva omesso di pronunciare in ordine alla questione, specificamente introdotta in giudizio dall’Amministrazione provinciale, che il conferimento di incarico dirigenziale non poteva desumersi dalla determina di un altro dirigente, astraendo completamente dalla contestata mancanza di un atto formale di investitura delle funzioni.

3. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per difetto dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè non sono prodotti e neppure trascritti, il provvedimento del 20 maggio 2003 e il contratto del 3 giugno 2003.

4. Il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. ex plurimis, Cass. n. 26174 del 2014, 2966 del 2011).

5. Anche il secondo motivo è inammissibile. Innanzitutto, l’Amministrazione ricorrente censura la sentenza per error in procedendo, ma non riferisce che la questione fosse stata oggetto di uno specifico motivo di impugnazione ed anzi rappresenta che l’argomento venne trattato in sede di memoria difensiva in replica all’appello incidentale di controparte. Pertanto, non si verte in ipotesi di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4.

6. Ove poi la questione fosse intesa come eccezione difensiva, deve rilevarsi che non essendo stata trattata dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata, la stessa deve considerasi eccezione nuova, non essendo stato descritto l’iter processuale della sua introduzione in giudizio nel giudizio di primo grado ex art. 416 c.p.c., che costituisce il presupposto per ritenere rituale la riproposizione in appello quale questione rimasta assorbita e riproposta in replica all’appello incidentale del F..

7. Il ricorso principale va, dunque, respinto.

8. Con il primo motivo del ricorso incidentale il F. denuncia violazione dell’art. 13 CCNL regioni – autonomie locali – area dirigenza, in relazione al mancato riconoscimento della retribuzione di posizione maturata nel periodo compreso tra il 31.8.2006 e il 13.10.2006. Assume che la norma contrattuale prevede una durata minima dell’incarico dirigenziale di due anni, per cui, in difetto della previsione di un diverso termine, il contratto sarebbe scaduto il 18.10.2006.

9. Il secondo motivo del ricorso incidentale censura la sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si assume che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciare in ordine al terzo motivo dell’appello incidentale con cui era stato prospettato che il giudice di primo grado non aveva esaminato la domanda di risarcimento del danno alla professionalità subito a causa della revoca dell’incarico di dirigente del 3 settore e del conferimento del nuovo incarico comprendente funzioni di componente di staff. Si chiede che tali danni siano risarciti, per il periodo successivo al 13.10.06, in misura pari alla indennità di posizione non più goduta.

10. Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile. La Corte di appello, con accertamento di fatto non specificamente censurato, ha ravvisato l’esistenza di un danno riconducibile causalmente alla illegittima revoca fino al momento in cui, con la stipulazione di un nuovo contratto, le parti avevano posto in essere una nuova disciplina, costituendo una situazione giuridica che aveva rescisso ogni nesso causale tra comportamento datoriale illegittimo e danno conseguente. Parte ricorrente oppone una diversa interpretazione del regolamento negoziale tra le parti, mediante una inammissibile contestazione di tale accertamento di fatto, logicamente argomentato, compiuto dai giudici di merito.

11. Anche il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile per la stessa ragione del precedente. Il risarcimento dei danni è stato limitato dalla Corte di appello fino alla data del nuovo contratto, che aveva dettato un nuovo regime del rapporto di lavoro. Il motivo di ricorso elude tale motivazione della sentenza e, lamentando il mancato esame di un motivo di appello, omette di svolgere motivi pertinenti rispetto al decisum.

12. In conclusione, vanno respinti entrambi i ricorsi, con compensazione delle spese tra le parti.

PQM

La Corte rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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