Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2199 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2199 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 25731-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3473

MG

ADVERTISING

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA A. CHINOTTO l, presso lo studio
dell’avvocato PRASTARO ERMANNO, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 31/01/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 386/2009 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 29/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARIANI
delega Avvocato PRASTARO che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CHINDEMI;

R.G. 25731/2010

Fatto
La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 386/01/09, depositata il 29.7.2009,
in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 163/51/2008,
annullava la cartella di pagamento irpeg ilor, per l’anno 1998, relative ad imposta di pubblicità,
rilevando, in relazione alla contestazione dell’Agenzia di utilizzazione di fatture per operazioni
inesistenti come la società avesse documentatamente provato, tramite le fatture emesse dai fornitori,
conto della regolarità dei pagamenti che hanno fatto seguito alle prestazioni di servizi.
Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo i seguenti motivi:
a) insufficiente motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione
all’articolo 360, numero cinque, c.p.c. con riferimento alla circostanza positiva costituita
dall’emissione da parte degli assenti fornitori di fatture, regolarmente emesse e saldate, omettendo
di considerare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che nega, al riguardo,
qualsiasi valore decisivo e fini del giudizio, nonché alla pretesa inidoneità degli elementi forniti
dall’ufficio ad integrare gli estremi di elementi che fanno almeno sospettare della non veridicità
delle fatture stesse, omettendo di riportare il contenuto delle dichiarazioni rese dal Maresciallo
Marano nel corso del procedimento penale, di esplicitarne il contenuto delle stesse e le ragioni della
loro decisività ai fini del giudizio;
b) violazione degli articoli 2697 c.c., 75 ( ora 109) d.p.r. 917/ 1986, 39 e 40 d.p.r. 600/ 1973, 19 e
54 d.p.r. 633/ 1972, 17 direttiva CEE 17/5/1977 n. 77/388/CE e 167 direttiva CEE 28/11/2006 n.
2006/112/CE, 5 D.Igs 446/ 1997, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c., rilevando come,
diversamente da quanto rilevato dalla CTR, costituisce onere dell’amministrazione finanziaria
fornire attendibili riscontri indiziari sulla inesistenza delle operazioni fatturate e, viceversa, onere
del contribuente dimostrare la fonte legittima del leone della detrazione operate, ivi compreso, ai
fini iva, l’aver adottato tutte le misure che possano essere ragionevolmente pretese al fine di
assicurarsi che le proprie operazioni non facciano parte di una frode;
c) violazione degli articoli 654 c.p.p., 75 ( ora 109) d.p.r. 917/ 1986, 39 e 40 d.p.r. 600/ 1973, 19 e
54 d.p.r. 633/ 1972, 17 direttiva CEE 17/5/1977 n. 77/388/CE e 167 direttiva CEE 28/11/2006 n.
2006/112/CE, 5 D.lgs 446/ 1997, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c., rilevando come
erroneamente i giudici di appello avessero annullato l’avviso di accertamento alla luce delle
dichiarazioni (semplicemente richiamate, ma non trascritte neppure nel ruolo parti essenziali
decisive) rese, nel corso del collegato giudizio penale, da parte di uno dei militari verbalizzanti
omettendo di effettuarne un’autonoma valutazione;
1

/

l’ avvenuta contabilizzazione delle stesse, l’assolvimento dei prescritti obblighi fiscali, tenuto anche

d) violazione degli articoli 2699 e 2700 c.c. 75 ( ora 109) d.p.r. 917/ 1986, 39 e 40 d.p.r. 600/ 1973,
19 e 54 d.p.r. 633/ 1972, 17 direttiva CEE 17/5/1977 n. 77/388/CE e 167 direttiva CEE 28/11/2006
n. 2006/112/CE, 5 D.lgs 446/ 1997, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c., rilevando come
erroneamente i giudici di appello avessero annullato l’avviso di accertamento alla luce delle
dichiarazioni (semplicemente richiamate, ma non trascritte neppure nel ruolo parti essenziali
decisive) rese, nel corso del collegato giudizio penale, da parte di uno dei militari verbalizzanti,
senza considerare che le stesse contrastavano con quanto attestato dal medesimo verbalizzante nel

e) violazione degli articoli 1 d.p.r. 444/1997., 75 ( ora 109) d.p.r. 917/ 1986, 39 e 40 d.p.r. 600/
1973, 19 d.p.r. 633/ 1972, 5 D.lgs 446/ 1997, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c. avendo
erroneamente la CTR ritenuto la deducibilità dei costi per l’acquisto del carburante e detratto la
relativa iva sulla base di fatture emesse da società petrolifera rappresentative dell’acquisto di buoni
benzina;,
La società si è costituita con controricorso e ha presentato memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 5.12.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
I primi 4 motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto logicamente
connessi.
La fattura è documento idoneo a provare un costo dell’impresa; nell’ipotesi di fatture che r
Amministrazione ritenga relative ad operazioni in tutto o in parte inesistenti, non spetta al
contribuente provarne l’effettività, ma all’Amministrazione stessa dedurre argomenti idonei a
palesare l’inesistenza o la diversa e minore entità dell’operazione oggetto della fattura. Tuttavia,
qualora l’amministrazione fornisca sufficienti elementi per sostenere l’affermazione che alcune
fatture riflettono operazioni in tutto o in parte fittizie, l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza e
consistenza di tali operazioni si sposta sul contribuente (Cass. 31.03.2008, n. 8247)
L’ A. F., per disattendere la contabilità del contribuente, deve indicare qualche elemento, anche
indiziario, che infici la contabilità e non può limitarsi a una generale ed apodittica non accettazione
della documentazione del contribuente, essendo suo onere quello di indicare specificamente gli
elementi, anche indiziali, sui quali si fonda la contestazione (Cass. n. 21953/2007; Cass. n.
1727/2007).
Dai

p.v.c. della G.d.F., riprodotti nel ricorso, si evidenzia un giudizio di inattendibilità

complessiva delle fatture desunta dalla circostanza che le società fornitrici dei servizi non avevano

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p.v.c.;

una struttura idonea (mancanza di beni, automezzi e attrezzature) per l’effettuazione degli stessi
alla MG Advertising.
Tale circostanze appaiono, di per sé, idonee a determinare il ribaltamento dell’onere della prova sul
contribuente (Cass. Ord. del 29.12.2009 n. 27546)
Ai fini della prova dell’esistenza di un’operazione non è sufficiente produrre la relativa fattura in
quanto I ‘emissione della fattura può prescindere dall’effettiva stipulazione della cessione;
perciò il contribuente, a fronte della contestazione dell’Amministrazione circa l’inesistenza di un’
dell’emissione della fattura che per la sua formazione unilaterale e la sua inerenza a un rapporto già
formato tra le parti, ha natura di atto partecipativo e non di prova documentale. (Cfr Cass. 27
ottobre 2010n. 21949)
La prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal fatturante, perchè sfornito di
dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituisce, di per sé, idoneo
elemento sintomatico dell’assenza di “buona fede” del contribuente, poiché l’immediatezza dei
rapporti (cedente o prestatore – fatturante – cessionario o committente) induce ragionevolmente ad
escluderne l’ignoranza incolpevole circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non legittimato
alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in tal caso,
sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del
bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il diritto alla
detrazione dell’IVA versata (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6229 del 13/03/2013)
La considerazione che la società MG Advertising abbia in concessione oltre 1500 impianti di
affissione nel Comune di Roma ed abbia alle proprie dipendenza solamente due segretarie, dovendo
necessariamente ricorrere alle prestazione di soggetti esterni all’azienda, sostenendone i relativi
costi, non è risolutiva con riferimento alle operazioni soggettivamente inesistenti, effettuate, cioè da
soggetto diverso dall’effettivo cedente dei beni o servizi.
In tal caso, spetta all’amministrazione finanziaria, la quale contesti il diritto del contribuente a
portare in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da soggetto diverso dall’effettivo cedente del
bene o servizio (cd. operazioni soggettivamente inesistenti), provare che il contribuente, al
momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l’uso dell’ordinaria
diligenza, che il soggetto formalmente cedente abbia, con l’emissione della relativa fattura, evaso
l’imposta o compiuto una frode. La relativa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni
semplici, dimostrando che, al momento in cui pagò l’imposta che successivamente intese portare in
detrazione, il contribuente disponeva di elementi tali da porre sull’avviso qualunque imprenditore
onesto e mediamente esperto (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23560 del 20/12/2012)
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/

operazione, ha l’onere di dimostrare la effettività del contratto e non può limitari a dar prova

Infatti non e’ detraibile l’iva per operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto VIVA che il
cessionario assume di avere pagato al preteso cedente per tali operazioni – in quanto corrisposta
ad un soggetto che non era legittimato ad operare la rivalsa, giacché non era (almeno in
astratto, salva la previsione dell’art. 21, comma 7 d.P.R., che mira a recuperare comunque, in
concreto, all’Erario il relativo importo) neppure assoggettato all’obbligo di pagamento del!’
imposta – non può essere detraibile ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19.
L’alterazione del meccanismo di riscossione dell’imposta in questione, attraverso la
dell’ordinaria operatività del diritto alla detrazione dell’imposta sulle operazioni passive
dell’imprenditore o del professionista.
Siffatta alterazione determina, infatti una duplice conseguenza negativa per l’Erario.
La prima consiste nell’indebito vantaggio fiscale per il cessionario dei beni o dei servizi, che
fruisce di una detrazione non dovuta, dal momento che la mera corresponsione dell’imposta
al cedente apparente dei beni o dei servizi non vale a realizzare il presupposto della
detrazione, finalizzata a affrancare l’imprenditore dal carico dell’IVA sulle operazioni passive
poste in essere, richiedendosi altresì l’inerenza di tali operazioni alla stessa attività di
impresa che il meccanismo della detrazione mira a sgravare sul piano fiscale. Tale
requisito è carente in relazione all’IVA corrisposta al soggetto interposto, trattandosi di un
costo che – com’è ovvio – non inerisce all’istituzionale attività di impresa, ma che costituisce
potenziale espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse. Senza dire che la
provenienza della merce (o del servizio) da un soggetto diverso da quello figurante sulle fatture
integra una circostanza tutt’altro che indifferente ai fini IVA, anche sotto il profilo dell’incidenza
della qualità del venditore sulla misura dell’aliquota e, di conseguenza, sull’entità dell’imposta
detraibile dall’acquirente. (Cass. Sent. n. 23078 del 14 dicembre 2012)
La motivazione della Ctr, al riguardo, appare oltre che insufficiente, apodittica avendo rilevato che
“le affermazioni dell’Ufficio a proposito delle società che hanno eseguito i servizi (mancanza di
beni, automezzi o attrezzature idonee allo svolgimento dell’attività) non possono autonomamente
condurre a definire che le operazioni realizzate dalla MG Advertising siano fittizie, giacchè un
comportamento fiscalmente scorretto di un soggetto non può riflettersi su colui che, quale
acquirente finale, inconsapevolmente, ha avuto contatti commerciali con l’autore dell’illecito”,
omettendo di considerare che nella fattispecie, per le considerazioni emerse, trattasi di fatture
soggettivamente inesistenti.
In ipotesi di fatturazione per operazione soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta
acquisizione della prestazione da soggetto certamente diverso da quello che ha emesso fattura e
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realizzazione di comportamenti illeciti dei contribuenti, non consente, invero, il dispiegamento

percepito l’iva in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente eseguita dal
fatturante, essendo questo privo di dotazione personale e strumentale adeguata all’esecuzione della
prestazione medesima, costituisce di per sé elemento idoneamente sintomatico dell’assenza di
“buona fede” del contribuente (nel senso sopra precisato), poiché l’immediatezza dei rapporti
(cedente o prestatore — fatturante — cessionario o committente) induce ragionevolmente ad escludere
l’ignoranza incolpevole del contribuente in merito all’avvenuto versamento dell’iva a soggetto non
legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta; con l’effetto che, in
effettivo del bene o della prestazione era, non il fatturante, ma altri e la deposizione resa dal
Maresciallo della G.d.F. Bernardo Marano nel giudizio penale non è idonea ad inficiare tale rilievo
né vi è prova che tale elemento probatorio sia stato fornito dalla società, su cui incombeva la prova
a fini tributari, nel giudizio di merito.
Il maresciallo si è limitato ad affermare che “l’accesso presso le società concessionarie di
pubblicità era finalizzato unicamente ad accertare se le fatture emesse dalla Coras fossero state o
meno registrate nelle rispettive contabilità e non anche ad ottenere ulteriori elementi di riscontro
alla ritenuta inesistenza delle operazioni commerciali: essendo tale inesistenza già stata
adeguatamente comprovata — nell’ottica degli operanti- da quanto emerso dalla attività di indagine
svolta sulla Coras”
Quanto al profilo relativo alla indeducibilità dei costi,ad esclusione del’Iva, occorre tener conto
della modifica apportata al’art. 14, comma 4-bis, L. 537 del 1993, con l’art. 8, comma 1, D.L. 2
marzo 2012, n. 16. Detta norma prevede che il comma 4-bis dell’art. 14 della legge n. 537 del 1993
sia sostituito dal seguente: «Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di
servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non
colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale. Qualora intervenga
una sentenza definitiva di assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in
relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi
interessi». A norma del comma 3 dell’art. 8, D.L. n. 16 del 2012: «Le disposizioni di cui ai commi 1
e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-bis dell’articolo 14 della legge 24
dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in
vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di
imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al comma 4-bis
previgente non si siano resi definitivi; resta ferma l’applicabilità delle previsioni di cui al periodo
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tal caso, sarà il contribuente a dover provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore

precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini
dell’imposta regionale sulle attività produttive». (cfr Cass. Sent. n. 23078 del 14 dicembre 2012)
Nella fattispecie vi è, implicitamente, prova, che il pubblico ministero abbia esercitato l’azione
penale, come desumibile dalle deposizione di terzi rese in sede panale.
Quindi, non sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente
inesistenti, fatto salvo, qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione, il rimborso delle
maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione dei costi e dei relativi
Vanno, quindi,accolti, i primi 4 motivi di ricorso.
Anche l’ultimo motivo di ricorso, relativo all’erroneo riconoscimento della detrazione per
carburanti, è fondato.
La possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto dei carburanti destinati ad
alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa è subordinata al fatto che le cosiddette
“schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro
parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente
alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture
dell’impresa (Cass. Sez. 5, 5/11/2008 n. 26539)
Infatti ai fini della deducibilità dei costi connessi all’acquisto di carburanti e gasolio, il presupposto
per la deduzione di tali componenti negativi del reddito è ancorato, dal D.P.R. n. 444 del 1997, art.
1, alla predisposizione da parte del contribuente di apposite “schede”, nelle quali annotare gli
acquisiti di carburanti per autotrazione, effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione.
Ebbene, nel caso di specie, è incontroverso e comunque non provato tra le parti che dette “schede
carburanti” non erano state istituite dalla M.G. Advertising, per gli acquisti di carburanti e gasolio
effettuati per i veicoli adoperati dalla contribuente per la sua attività. E tuttavia, ad avviso della
CTR, siffatta omissione non potrebbe comportare, nel caso concreto, la conseguenza
dell’indeducibilità dei relativi costi avendo la società “acquistato direttamente dall’Agip i buoni
benzina, per cui aveva ricevuto le prescritte fatture di acquisto, regolarmente contabilizzate”.
Tale rilievo è, dunque, errato alla luce della giurisprudenza citata confermata ulteriormente da
questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6606 del 15/03/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24930 del
25/11/2011) essendo indeducibili i costi per gli acquisti di carburante e gasolio per i mezzi di
cantiere, in difetto di annotazione di tali spese nelle prescritte “schede carburante” non istituite per
essi dal contribuente.
Va, quindi, accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori
accertamenti di merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso della società
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interessi.

Sussistono giusti motivi, essendosi la giurisprudenza consolidata in epoca successiva
all’instaurazione del giudizio di merito per la compensazione delle spese del doppio grado di
giudizio, ponendosi a carico della società contribuente, in base al principio di soccombenza, le
spese del giudizio di legittimità
PQM
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di
merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., rigetta l’originario ricorso della società.
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in E 8.000, oltre le spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma, il 5.12.2013

Compensa le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna la parte soccombente al

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