Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2199 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 18/12/2018, dep. 25/01/2019), n.2199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5846/2013 R.G. proposto da:

C.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Gioacchino Bifulco,

fabio.bifulco.pec.bdrlex.com, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 239/45/12, depositata il 10 settembre 2012.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 18 dicembre

2018 dal Cons. Dott. Bruschetta Ernestino Luigi.

Fatto

RILEVATO E CONSIDERATO

1. che con l’impugnata sentenza, in riforma della prima decisione, la CTR respingeva il ricorso promosso da C.G. avverso un avviso con il quale l’ufficio, in ragione di un precedente recupero a tassazione di maggior imponibile nei confronti della S.r.l. di cui era socio, sulla scorta della presunzione derivata dalla ristretta base sociale, recuperava maggiori redditi ai IRPEF 2004;

2. che la Regionale, per quanto di stretto interesse, riteneva che la S.r.l. avesse dedotto illegittimamente costi in relazione a fatture

“passive” reputate dall’ufficio “oggettivamente inesistenti”, come invero sarebbe stato provato dalle dichiarazioni confessorie rese dell’amministratore di fatto della Società emittente, dichiarazioni raccolte in PVC dalla GDF; laddove, la S.r.l. di cui era socio il contribuente, “non aveva invece dimostrato che la fatturazione era stata emessa a fronte di operazioni effettivamente esistenti”;

3. che il contribuente ricorreva per quattro motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso;

4. che con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c., il contribuente deduceva che la Regionale era incorsa nel vizio di omessa pronuncia perchè, pur avendo segnalato che l’ufficio nel suo atto l’appello aveva contraddittoriamente parlato di “operazioni soggettivamente inesistenti”, la impugnata sentenza nulla aveva detto a riguardo;

4.1. che il motivo è infondato, non solo rammentando che il vizio di omessa pronuncia può darsi solo quando il giudice “abbia completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, ma che ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione” (Cass. sez. 1 n. 24155 del 2017); ma anche perchè la CTR ha in realtà preso in considerazione il rilievo del contribuente, in particolare laddove aveva ricordato che nella sentenza della medesima Regionale che aveva respinto il ricorso della S.r.l., si era affrontata la questione sostenendo che la “detrazione era indebita anche relativamente a fatture per operazioni soggettivamente inesistenti”;

5. che con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dopo aver evidenziato che sarebbe spettata all’ufficio la dimostrazione della “oggettiva inesistenza” delle operazioni, il contribuente lamentava la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 e art. 2729, rimproverando la CTR perchè “nel caso nostro non erano stati provati gli elementi” richiesti dalla giurisprudenza per la dimostrazione dell'”oggettiva inesistenza”;

5.1. che con il terzo motivo, lamentata la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, oltrechè dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, il contribuente rimproverava alla CTR di aver illegittimamente ritenuto dimostrata la “oggettiva inesistenza” delle fatture sulla scorta delle dichiarazioni del “fantomatico” amministratore di fatto;

5.2. che i due motivi sono inammissibili, non solo sotto il profilo della mancanza di autosufficienza, atteso che nemmeno per estratto sono esposte le dichiarazioni dell’amministratore di fatto (Cass. sez. 3 n. 8569 del 2013); ma anche perchè, con i due motivi all’esame, il contribuente non denuncia una violazione di legge, bensì censura l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR, ciò che avrebbe richiesto il diverso mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. sez. 1 n. 24155 del 2017);

6. che con il quarto motivo, il contribuente segnala una penale sentenza di assoluzione, ma in modo del tutto insufficiente; cioè, senza nulla trascrivere, soprattutto senza indicare in alcun modo la censura addebitata alla Regionale, con la conseguente evidente inammissibilità, per difetto di autosufficienza e specificità;

7. che il ricorso deve essere pertanto rigettato;

8. che le spese debbono seguire la soccombenza ed essere liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 5.600,00, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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