Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21987 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. III, 24/10/2011, (ud. 23/09/2011, dep. 24/10/2011), n.21987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CASTELLO GESTIONE CREDITI S.R.L. (OMISSIS) nella qualità di

mandataria di INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A. nonchè nella qualità

di mandataria di BANCA INTESA S.P.A. in persona dei procuratori Avv.

F.G. e Avv. A.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato

GARGANI BENEDETTO, che la rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

C.A.M., M.A.M., CAPITALIA S.P.A.,

CA.MA. (OMISSIS);

– Intimati –

sul ricorso 10437-2006 proposto da:

CAPITALIA S.P.A. (OMISSIS), in persona dei Sig.ri Dott.

B.N. Quadro Direttivo di 4^ livello e Dott. R.

M.M. Quadro Direttivo di 2^ livello elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LATTANZIO 5, presso lo studio dell’avvocato

CIANO SANDRO, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLELLI FILIPPO

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A., CASTELLO GESTIONE CREDITI S.R.L.,

CA.MA., C.A.M., M.A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 106/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE SECONDA CIVILE, depositata il 13/01/2005, R.G.N. 1457 e

1459/1999;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato PIER AURELIO COMPAGNONI; per delega;

udito l’Avvocato VITTORIO AMEDEO MARINELLI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione,

inammmissibilità del ricorso incidentale, rigetto del ricorso

principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata in data 10 e 12 maggio 1995 la S.p.a. Banco Ambrosiano Veneto, premesso di essere creditrice dei coniugi Ca.Ma. e C.A.M. della somma di L. 222.050.093 oltre interessi di mora, in virtù di un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Latina il 7 marzo 1995 in relazione ad una fideiussione prestata in favore della Incar San Michele Srl, li conveniva in giudizio unitamente ad A.M. M. per sentir dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 c.c., della compravendita rogata dal notaio Andrea Nicotra di Latina in data 24.2.1995, intercorsa tra le dette parti, avente ad oggetto due unità immobiliari site in Latina. Si costituivano i convenuti contestando la fondatezza della domanda. Interveniva in giudizio la Banca di Roma la quale, dedotto di vantare nei confronti dei coniugi Ca. un credito di L. 2.377.621.598, proponeva analoga domanda ex art. 2901 c.c. in relazione allo stesso atto di compravendita. In esito al giudizio, il Tribunale di Latina accoglieva le revocatorie proposte dichiarando inefficace l’atto impugnato nei confronti dei due istituti bancari. Avverso tale decisione proponevano appello con atti separati sia la M. sia il Ca. e la C..

Riuniti gli appelli, in esito al giudizio, in cui si costituivano le altre parti ed interveniva la S.pa. Intesa Gestione Crediti, quale cessionaria del Banco Ambrosiano, la Corte di Appello di Roma con sentenza definitiva, depositata in data 13 gennaio 2005, accoglieva le impugnazioni proposte, respingendo le domande proposte dalla Spa Banco Ambrosiano Veneto e dalla Banca di Roma Spa compensando le spese.

Avverso la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso per cassazione con due distinti atti il Castello Gestione Crediti srl e Capitalia Spa. articolandoli in un unico motivo. La ricorrente principale, vale a dire la Castello Gestione Crediti, ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Passando all’esame del ricorso principale, proposto da Castello Gestione Crediti srl, va rilevato che la doglianza svolta si articola attraverso due profili: il primo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2697 c.c., degli artt. 115, 116, 228 c.p.c.; il secondo, fondato sull’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La Corte di merito – così, in sintesi, il contenuto della doglianza – nell’escludere che la M. avesse consapevolezza del pregiudizio che la compravendita delle unità immobiliari arrecava alle ragioni creditorie degli istituti bancari, avrebbe violato le norme di diritto in materia di presunzioni. Inoltre, le considerazioni svolte dai giudici di secondo grado sarebbero inficiate da gravi vizi di motivazione, essendo affette da incongruenze logiche. In particolare, la Corte – così continua la ricorrente principale – avrebbe sbagliato quando: a) ha ritenuto non condividibili le risultanze della CTU alla luce della circostanza che le opere originariamente abusive e sanate nel 1995 non potevano all’epoca della perizia essere stimate con il metodo comparativo utilizzato; b) quando ha ritenuto “espressione stereotipa” la clausola di esonero, del Notaio, dalle visure catastali sugli immobili; c) quando ha ritenuto che la mancata risposta della M. all’interrogatorio formale non avrebbe avuto alcuna valenza alla luce dei capitoli di prova articolati La censura non merita accoglimento. Ed invero, deve osservarsi che l’apprezzamento del giudice del merito circa l’esistenza o meno degli elementi assunti a fonte della presunzione, la loro rispondenza ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla legge e circa lo stesso ricorso a tale mezzo di prova non è sindacabile in sede di legittimità, qualora la motivazione adottata appaia logicamente coerente, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni. (cfr Cass. 8300/08, 26841/08), così come è riscontrabile nel caso di specie.

A tal fine, inette conto di sottolineare che la Corte di merito ha fondato la sua decisione sulla premessa che nella specie era insussistente la differenza di effettivo valore commerciale degli immobili rispetto al prezzo pattuito, differenza affermata dal CTU e condivisa dal giudice di primo grado, in quanto era stato da entrambi trascurato che gli immobili oggetto di vendita era condotti in locazione da terzi, con inevitabile decremento del valore venale.

Ciò senza considerare che tali immobili, costruiti abusivamente, erano stati sanati appena tre giorni prima del rogito, il che rendeva inattendibile la stima comparativa eseguita in precedenza dal perito.

Inoltre, occorreva tener presente – così continua la Corte – che l’esonero di responsabilità del notaio non aveva il significato univoco attribuitogli nella sentenza di primo grado non potendosi trascurare la circostanza che il mandato al notaio di eseguire le visure, avendo un costo non lieve, spesso non viene conferito per ovvie esigenze di risparmio di spesa.

Infine, andava considerato che la mancata risposta della M. all’interrogatorio formale deferitole, di per sè solo, non aveva una valenza significativa anche perchè il capitolo articolato riguardava “proprio il valore non congruo dell’immobile e l’urgenza nella stipula dell’atto”. Tutto ciò premesso, deve escludersi il vizio motivazionale dedotto avendo la Corte di merito argomentato adeguatamente sulle ragioni del suo convincimento con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Ed, a riguardo, è appena il caso di considerare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte: il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al Giudice di legittimità non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il Giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al Giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al Giudice di legittimità. (così Cass. n. 8808/08 in motivazione). Ne consegue il rigetto del ricorso principale.

Quanto al ricorso proposto da Capitalia Spa, deve immediatamente rilevarsi l’inammissibilità del medesimo. Ed invero, considerato che, in caso di omessa notificazione della sentenza, ai fini dell’impugnazione, si applica il termine annuale di decadenza dal gravame, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, che va calcolato “ex nominatione dierum”, prescindendo cioè dal numero dei giorni da cui è composto ogni singolo mese o anno, al quale devono aggiungersi 46 giorni computati “ex numeratione dierum”, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1 e L. n. 742 del 1969, art. 1, comma 1 non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale; tutto ciò premesso e considerato, appare evidente che nel caso di specie, l’atto fu notificato tardivamente perchè a fronte di una sentenza depositata il 13 gennaio 2005, il ricorso risulta notificato in data 28 marzo 2006, ben oltre il termine previsto dalla legge. Ed è appena il caso di sottolineare come nel caso di specie non possa trovare applicazione il disposto dell’art. 334 c.p.c., applicabile invece solo con riguardo alle parti contro le quali sia stata proposta impugnazione; e, nei processi con pluralità di parti, con riguardo a quelle chiamate ex art. 331 c.p.c..

Ciò posto, considerato che la questione relativa alla tempestività dell’impugnazione, attenendo al controllo circa la sussistenza di un presupposto processuale, è rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e, preclude l’esame del merito dell’impugnazione avanzata in quanto l’inosservanza del termine per l’impugnazione, quale che sia la causa da cui essa dipenda, comporta il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, tutto ciò premesso, ne consegue che il ricorso incidentale proposto da Capitalia S.p.a. deve essere dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere sulle spese in quanto le parti vittoriose, non essendosi costituite, non ne hanno sopportate.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 23 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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