Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21987 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. III, 03/09/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 03/09/2019), n.21987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15527-2017 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23,

presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati MARCO SILIGARDI, GIOVANNI

CANIGGIA;

– ricorrente –

contro

FIDEURAM INTESA SANPAOLO PRIVATE BANKING SPA in persona della

Dott.ssa PI.AL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.

BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI

GIORDANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2162/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato CINZIA DE MICHELI;

udito l’Avvocato GIORDANO TOMMASO SPINELLI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.D. ricorre, affidandosi a quattro motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva rigettato l’impugnazione da lui proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Alessandria con la quale – ritenuto sussistente l’indebito pagamento in suo favore di un ingente importo complessivo mediante assegni circolari della Banca Fideuram Spa, emessi con prelievo della relativa provvista dai conti correnti di alcuni clienti, previa apposizione di firme false dell’ex promotore finanziario p.g. mediante il quale il P. aveva investito una propria somma di danaro – era stato condannato alla restituzione di quanto indebitamente percepito come apparente ricavato dell’operazione finanziaria.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, la Banca Fideuram dedusse che, a seguito dell’istruttoria svolta in sede penale che aveva accertato l’operato illecito del p., aveva provveduto a risarcire i propri clienti degli indebiti prelievi effettuati sui loro conti ed ha quindi chiesto al P. la restituzione di quanto versato sul suo conto corrente attraverso gli assegni circolari corrispondenti ad un transito di danaro senza causa.

2. L’intimata ha resistito con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e l’apparenza e contraddittorietà della motivazione.

1.1.Assume che la Corte aveva erroneamente affermato che il presupposto dell’azione era costituito dal pagamento effettuato dalla Banca a favore dei correntisti danneggiati: ciò, infatti, imponeva, da una parte, di escludere che potesse essere individuata come solvens titolare dell’azione proposta, visto che, invece, le somme erano state prelevate dai conti dei correntisti titolari della provvista, e, dall’altra, di configurare l’indebito arricchimento invocato.

1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente prospetta la medesima questione con diretto riferimento alla violazione dell’art. 2033 c.c..

Assume che la domanda aveva natura restitutoria e postulava un rapporto bilaterale fra il solvens e l’accipiens con pagamento privo di causa, mentre le somme pagate erano di proprietà dei correntisti e non della banca: da ciò derivava che nessun pregiudizio era stato subito dall’istituto di credito.

1.3. I due motivi risultano intrinsecamente connessi.

1.4. Premesso che con la prima censura, letteralmente ascritta al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce l’apparenza e contraddittorietà della motivazione con la conseguenza che deve essere riferita all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. al riguardo Cass. SSUU 17931/2013; Cass. 24553/2013; Cass. 10862/2018), si ritiene che la seconda ne rappresenti l’antecedente logico: entrambe, congiuntamente esaminate, devono ritenersi infondate.

1.5. Il ricorrente, infatti, mostra di non aver colto la ratio decidendi della pronuncia che è fondata su una complessa ricostruzione fattuale attraverso la quale la Corte territoriale ha provveduto a qualificare la domanda, sposando la soluzione resa nella sentenza impugnata, e con ciò assolvendo al potere/dovere ufficioso del giudice di merito, compito al quale si associa quello di individuare le norme conseguentemente applicabili (cfr. al riguardo, Cass. 15724/2011; Cass. 9294/2015; e, nella specifica materia Cass. 7889/2007).

2. Al riguardo, si osserva che il secondo motivo prende le mosse da un’erronea interpretazione delle regole che sovraintendono la disciplina dei contratti di conto corrente e degli assegni circolari.

2.1. In primo luogo, infatti, è espressamente previsto che “nei depositi di danaro presso una banca questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante con l’osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi” (art. 1834 c.c., richiamato anche dall’art. 1782 c.c. che disciplina il contratto “deposito irregolare”).

2.2.. In secondo luogo – e ciò è ancor più pregnante per la fattispecie in esame – gli assegni circolari emessi, in forza del R.D. n. 1736 del 1933, art. 82 contengono un’obbligazione cartolare propria della banca: è, infatti, espressamente previsto che “l’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine emesso da un istituto di credito a ciò autorizzato dall’autorità competente, per somme che siano presso di esso disponibili al momento dell’emissione, e pagabile a vista presso tutti i recapiti comunque indicati dall’emittente. L’istituto autorizzato ad emettere assegni circolari è tenuto a costituire in conformità delle leggi speciali, a garanzia dei medesimi una cauzione sulla quale i portatori dei titoli hanno privilegio speciale”.

2.3. Tali norme, alle quali è necessario riferirsi per l’inquadramento della vicenda in esame e per la qualificazione giuridica dell’azione proposta, sono applicabili d’ufficio e rappresentano la premessa logica della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 2033 c.c., correttamente inquadrata dalla Corte territoriale e sostenuta da una motivazione congrua ed assolutamente al di sopra della sufficienza costituzionale, pur in assenza dello specifico richiamo delle norme presupposte: i giudici d’appello, infatti, confermando la sentenza di primo grado, hanno individuato un rapporto bilaterale indebito fra la Banca (che aveva assolto l’obbligo di pagare al quale era tenuta in virtù degli assegni circolari emessi, ma che aveva dovuto corrispondere le medesime somme ai correntisti, sia pur a titolo di risarcimento) ed il P. che aveva ricevuto i pagamenti sine causa, essendo rimasti giuridicamente estranei ad essi i correntisti dei quali era stata falsificata la firma, le cui posizioni rappresentano, sotto il profilo fattuale, l’antecedente causale dell’indebito.

2.4. Entrambi i motivi, pertanto, sono infondati, in quanto non ricorre la violazione dell’art. 2033 c.c. e la motivazione risulta incensurabile sotto i profili della completezza e della logicità.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2909 c.c.: lamenta che era stato infranto il principio del giudicato in quanto la sentenza di primo grado, non impugnata sul punto, aveva affermato che il P. aveva percepito somme di proprietà dei correntisti della Banca Fideuram e solo costoro, dunque, erano stati danneggiati dall’illecito operato del p..

La decisione della Corte territoriale, quindi, nel riconoscere alla Banca Fideuram il titolo per proporre l’azione di indebito arricchimento, aveva travalicato tale statuizione definitiva.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. La sentenza di primo grado, riportata nella motivazione della Corte territoriale (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata), ha ricostruito compiutamente la complessiva vicenda, affermando – dopo aver fatto cenno all’abusiva emissione dei titoli riconducibile all’operato infedele dell’ex promotore finanziario p.g., nonchè al rapporto fra il P. e la Banca ed a quello fra la Banca ed i correntisti – che sussistevano tutti i presupposti di legge dell’azione proposta ex art. 2033 c.c., fondata da una parte sull’obbligazione cartolare dell’istituto di credito e dall’altra sulla necessità di recuperare quanto, in ragione di ciò, era stato versato ai correntisti truffati: in tale contesto, l’affermazione oggetto della censura in esame ha una mera portata argomentativa senza costituire un’autonoma ratio decidendi, essendo solo utile a spiegare tutti i passaggi del transito di danaro che aveva conclusivamente trasferito sul conto corrente del P. un ingentissimo importo sine causa.

3.3. In relazione a ciò la Banca Fideuram, vittoriosa, non aveva alcun onere di proporre appello incidentale su tale affermazione, attinente alla qualificazione della domanda che rientra fra i compiti del giudice e può essere assolto in qualsiasi stato e grado del giudizio (cfr. ex multis Cass. SUU 11799/2017).

4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 132 c.p.c. per aver pronunciato ultra petita.

Lamenta che la Corte territoriale, in un passaggio della motivazione, riassumendo la portata del giudizio di primo grado aveva affermato che la Banca si era “surrogata” nei diritti dei correntisti danneggiati (pag. 5, rigo 11) mentre, al contrario, la stessa Banca aveva escluso di aver agito in surroga assumendo di aver fatto valere il proprio diritto ex art. 2033 c.c..

4.1. Il motivo prospetta una questione analoga a quelle precedentemente esaminate, anche se in questa sede essa deve essere vagliata con riguardo alla possibilità di accedere al vaglio cassatorio in relazione ad affermazioni della sentenza d’appello di portata esclusivamente argomentativa.

4.2. La censura è inammissibile.

Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, pienamente condiviso da questo Collegio secondo il quale “è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse” (cfr. Cass. 8755/2018; ed in termini Cass. 23635/2010).

4.3. Nel caso in esame, il ricorrente non ha colto la portata solo incidentale dell’affermazione della Corte che si è limitata a descrivere, con sintesi effettivamente non appropriata, la fattispecie di riferimento: le pretese dell’istituto di credito tuttavia, sono state poi qualificate correttamente e, conseguentemente, non potendo ravvisarsi nella decisione impugnata il vizio di ultrapetizione dedotto, la specifica censura risulta priva di interesse.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 20.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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