Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2198 del 01/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 01/02/2021), n.2198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19675-2019 proposto da:

Agenzia delle Entrate, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via dei Portoghesi 12,

presso l’avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.N., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

Angelo Flaccavento;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5952/13/2018 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia Sezione Distaccata di Catania, depositata il

20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Antonio

Francesco Esposito.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria determinava a carico di P.N., in relazione all’anno d’imposta 2002, una quota di incremento patrimoniale pari ad Euro 64.623,00 che non trovava giustificazione nel reddito dichiarato. Successivamente, divenuto definitivo l’atto impositivo, l’Ufficio, in parziale accoglimento di apposita istanza della contribuente, riduceva in via di autotutela la quota di incremento patrimoniale ad Euro 53.306,00.

Contro il provvedimento di autotutela la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ragusa, che lo accoglieva parzialmente, riducendo il maggior reddito accertato ad Euro 6.008,40.

L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la suddetta decisione veniva dichiarato inammissibile dalla Commissione tributaria regionale della Sicilia, stante la mancata produzione della ricevuta di spedizione dell’atto di appello notificato a mezzo posta.

Il ricorso per cassazione proposto dall’Ufficio avverso la pronuncia della CTR veniva accolto da questa Corte con ordinanza n. 28915 del 2017, con la quale veniva cassata la sentenza impugnata rinviando alla CTR per l’esame del contenuto dell’avviso di ricevimento dell’atto di appello.

Il giudice del rinvio, con sentenza in data 20 dicembre 2018, ritenuto ammissibile l’appello erariale, confermava la decisione della CTP di Ragusa rilevando, in particolare, che “Deve ritenersi ammissibile, anche, il ricorso introduttivo in quanto rivolto verso un avviso di accertamento in rettifica, quello del 2010 che rettifica l’atto impositivo del 2009. Non ha alcun pregio l’eccezione di inammissibilità dell’Ufficio, dal momento che l’atto impugnato col ricorso introduttivo è pienamente impugnabile in quanto andava ad incidere la sfera patrimoniale della contribuente”.

Avvero la suddetta sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo.

Resiste con controricorso la contribuente.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico mezzo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 19 e 21. Sostiene la ricorrente che erroneamente la CTR aveva ritenuto impugnabile il provvedimento di autotutela parziale emesso dall’Amministrazione finanziaria, poichè in tal modo si era dato ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo divenuto definitivo per decorrenza del termine di impugnazione.

Il ricorso è fondato.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, l’annullamento parziale adottato dall’Amministrazione in via di autotutela o comunque il provvedimento di portata riduttiva rispetto alla pretesa contenuta in atti divenuti definitivi, non rientra nella previsione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non è quindi impugnabile, non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, laddove, invece, deve ritenersi ammissibile un’autonoma impugnabilità del nuovo atto se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass. n. 7511 del 2016; Cass. n. 29595 del 2018).

Nella fattispecie, la contribuente ha impugnato il provvedimento con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva rideterminato in via di autotutela la quota di incremento patrimoniale accertata con l’atto impositivo, divenuto definitivo, riducendola da Euro 64.623,00 ad Euro 53.306,00.

Pertanto, alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati, il provvedimento di autotutela parziale oggetto di giudizio, essendo meramente riduttivo della pretesa contenuta nell’avviso di accertamento divenuto definitivo e non comportando quindi alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi della contribuente, non rientra nel novero degli atti impugnabili D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19.

In conclusione, in accoglimento del ricorso, va cassata senza rinvio la sentenza impugnata, ex art. 382 c.p.c., u.c., poichè la causa non poteva essere proposta.

Le spese dei precedenti gradi di giudizio possono essere compensate, mentre le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata.

Compensa le spese dei precedenti gradi di giudizio e condanna la contribuente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2021

 

 

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