Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21977 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. III, 24/10/2011, (ud. 23/09/2011, dep. 24/10/2011), n.21977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7582-2006 proposto da:

P.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO MIRABELLO 14, presso lo studio dell’avvocato MENDICINI

MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANTIN

MARIO giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

B.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio dell’avvocato BIASIOTTI

MOGLIAZZA GIOVANNI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DORIGO GIORDANO giusto mandato in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1303/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/08/2005; R.G.N. 1817/2001.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato GIANTIN MARIO;

udito l’Avvocato DANIELA GAMBARDELLA per delega GIOVANNI FRANCESCO

BIASIOTTI MOGLIAZZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per rigetto 1 motivo, accolto

2^ motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione notificata il 21 luglio 1994 P.E. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Treviso B.P. chiedendo che venisse dichiarata valida ed efficace la dichiarazione con la quale egli aveva manifestato la propria volontà di esercitare il diritto di retratto sul terreno oggetto dell’atto di vendita a rogito notar Coco dell’8 settembre 1992. Espose di essere proprietario coltivatore diretto di un fondo confinante con quello alienato al B. dai fratelli M.A. ed E., che ne erano proprietari, senza che gli venisse notificato il preliminare. Aggiunse che egli aveva comunicato alla controparte la sua volontà di esercitare il retratto.

Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò l’avversa pretesa.

Con sentenza non definitiva in data 30 dicembre 2000 il giudice adito rigettò le eccezioni di decadenza e di tardività della dichiarazione di retratto opposte dal B., disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione dell’istruttoria.

Avverso detta pronuncia proposero separatamente appello sia P. E. che B.P..

In data 12 maggio 2003, definitivamente decidendo la causa, il Tribunale di Treviso rigettò la domanda.

Ritenne il decidente che non sussistessero i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge per il valido esercizio del retratto agrario, segnatamente in ordine alla qualifica di coltivatore diretto del retraente. Propose appello il P..

Disposta la riunione di tutte impugnazioni, la Corte veneziana, in data 22 marzo/4 agosto 2005, ha respinto gli appelli principali; ha accolto quello incidentale di B.P. e, in riforma della sentenza non definitiva, ha dichiarato inammissibili le domande proposte da P.E..

Secondo il giudicante l’esercizio del diritto di riscatto agrario previsto dalla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 che poteva aver luogo sia in sede giudiziale che stragiudiziale, era in ogni caso soggetto al termine perentorio di decadenza di un anno dalla trascrizione dell’atto di acquisto. Di modo che, non essendovi stata, entro quell’arco temporale, l’adesione del terzo acquirente e avendo il riscattante proposto azione giudiziale oltre il termine di un anno, l’esercizio del diritto doveva ritenersi precluso e inammissibili le domande proposte dall’attore.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre P.E., con atto notificato il 27 febbraio 2006 e successivo atto integrativo del 7 marzo 2006.

Formula due motivi, illustrati anche da memoria.

Resiste con controricorso B.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal resistente.

Essa è radicata sulle seguenti ragioni.

Il P. ha notificato il 27 febbraio 2006 un ricorso mancante di due facciate.

Il 7 marzo successivo ha notificato atto integrativo contenente le due pagine mancanti.

Secondo la difesa del B. siffatto atto integrativo sarebbe del tutto irrituale e comunque inidoneo a sanare l’originaria inosservanza del principio dell’autosufficienza. Di talchè il ricorso sarebbe inammissibile.

Osserva il collegio che la circostanza che alla carenza del primo ricorso il ricorrente abbia cercato di porre riparo notificando il solo stralcio mancante, rende inoperante, in parte qua, il principio per cui la notifica di un primo ricorso, in qualche modo viziato, o non tempestivamente depositato, non esclude che possa essere proposto un secondo ricorso, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purchè la notificazione dello stesso abbia luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e l’inammissibilità o l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata (confr. Cass. civ., 26 maggio 2010, n. 12898). E’ infatti a dir poco ovvio che uno stralcio di atto è qualcosa di molto diverso dall’atto stesso.

Peraltro, posto che la regola dell’autosufficienza esclude che la notifica dell’impugnazione possa essere frazionata in più atti, ancorchè notificati entro i termini di decadenza fissati dalla legge, non resta che valutare la tenuta in sè dell’unico ricorso notificato, indipendentemente dall’atto integrativo che nulla può, in realtà, sanare.

Orbene, considerato che le pagine mancanti del ricorso, dedicate alla esposizione delle censure formulate nei confronti della sentenza non definitiva, non incidono minimamente sulla comprensione delle ragioni addotte dal ricorrente a sostegno dell’impugnazione, l’incompletezza dell’atto non ne importa l’inammissibilità (confr. Cass. civ. 22 febbraio 2007, n. 4112; Cass. civ. 26 marzo 2004, n. 6074).

2 Venendo quindi all’esame del merito delle critiche formulate alla sentenza impugnata, col primo motivo si denuncia violazione degli artt. 112 e 287 cod. proc. civ., per avere il giudice a quo erroneamente qualificato incidentale l’appello proposto dal B..

Il motivo è inammissibile.

E invero, a prescindere dal rilievo che, per il principio di unità dell’impugnazione, sancito dall’art. 333 cod. proc. civ., l’impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell’unico processo, di talchè le impugnazioni successive, in quanto destinate a confluire nello stesso, assumono tout court carattere incidentale (confr. Cass. civ. 30 dicembre 2009, n. 27887), il ricorrente nessun giovamento avrebbe dall’accoglimento della esposta censura, di talchè il motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Si ricorda, in proposito, che l’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda e alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 cod. proc. civ. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, di talchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (Cass. civ. 23 maggio 2008, n. 13373; Cass. civ. 13 luglio 2007, n. 15678).

3 Con il secondo mezzo il ricorrente lamenta violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 nonchè dell’articolo unico della L. n. 2 del 1979.

Le critiche hanno ad oggetto l’assunto del giudice di merito secondo cui la domanda di riscatto sarebbe stata proposta oltre il termine di decadenza di un anno legislativamente stabilito. Evidenzia per contro l’esponente che il 6 settembre 1993 egli aveva notificato alla controparte dichiarazione di retratto avente quei caratteri di completezza, determinatezza e serietà specificamente richiesti dalla giurisprudenza del Supremo Collegio, ai fini della sua validità.

Sostiene quindi che, una volta esercitato tempestivamente il diritto di riscatto a mezzo di dichiarazione unilaterale recettizia, l’azione giudiziale, resa necessaria dalla mancata adesione del destinatario, avrebbe natura di mero accertamento e non sarebbe, in quanto tale, soggetta al termine di decadenza di un anno, ormai definitivamente impedito dalla notifica della dichiarazione.

4 Il motivo è fondato, anche se, prima di affrontare l’esposizione delle ragioni della scelta decisoria adottata, è opportuno sgombrare il campo dalle deduzioni concernenti la pretesa tardività della notifica della dichiarazione di riscatto formulata dal P..

Sostiene il resistente che detta dichiarazione, contenuta in una scrittura privata non autenticata, sarebbe in ogni caso tardiva essendo stata solo apparentemente notificata nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ., mentre in realtà era stata trasmessa a mezzo posta, ex art. 149 cod. proc. civ., in plico consegnato l’8 settembre 1993 a persona non convivente e neppure addetta alla casa o al servizio del destinatario. Questi ne aveva quindi avuto conoscenza solo il 15 successivo, a termine annuale ormai scaduto.

5 Osserva il collegio che, non essendo stata tale questione oggetto di trattazione nella sentenza impugnata, perchè evidentemente ritenuta assorbita, il controricorrente – il quale, in quanto vincitore in appello, non era tenuto a proporre ricorso incidentale, (Cass. civ. 23 maggio 2006, n. 12153, con richiamo a Cass. civ. sez. un. 8 ottobre 2002, n. 14382) – aveva comunque l’onere di indicare i termini esatti in cui essa era stata prospettata in sede di gravame.

Questa Corte ha invero ripetutamente affermato che il controricorrente, il quale, pur avendo ottenuto il rigetto dell’appello, manifesti alla Cassazione la volontà di conseguire una decisione anche su una questione già ritenuta assorbita, ha l’onere non di proporre ricorso incidentale ma – per il principio di autosufficienza, operante anche nel controricorso, in base al comb.

disp. dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 370 c.p.c., comma 2, – di indicare i termini esatti in cui la questione era stata posta al giudice d’appello, in modo da permettere alla Corte di legittimità di verificare se essa fosse o meno ricompresa nel thema decldendum del precedente grado (confr. Cass. civ. 14 marzo 2011, n. 5970). Ne deriva che, essendo rimasti del tutto inadempiuti gli oneri deduttivi gravanti sul resistente, l’esame della questione deve ritenersi precluso dalla sua novità.

6 Tanto premesso e precisato, si vanno ora ad esporre le ragioni della ritenuta fondatezza delle critiche svolte nel secondo motivo.

I problemi connessi alla identificazione dell’attività necessaria a evitare la decadenza per mancato esercizio del retratto entro il termine annuale legislativamente previsto se cioè sia sufficiente, a tal fine, una mera dichiarazione della parte, purchè avente i caratteri di completezza, determinatezza e serietà e, in particolare, l’esplicitazione della volontà del retraente di pagare lo stesso prezzo convenuto nella compravendita (confr. Cass. civ. 31 gennaio 2008, n. 2402); o se invece a tal fine sia necessaria la notifica di un atto di citazione – sono stati studiati soprattutto in relazione a casi in cui il giudizio proposto da chi intendeva riscattare il fondo si era estinto: a casi, cioè, in cui si trattava di stabilire se, una volta evitata la decadenza, l’esercizio dell’azione giudiziaria potesse avvenire entro il termine di prescrizione decennale.

Sul punto questa Corte ebbe già in tempi risalenti ad affermare che, in materia di riscatto agrario, ove il coltivatore, entro il termine di decadenza previsto dalla L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 5, avesse dichiarato di voler esercitare il riscatto, mediante la notifica di un atto di citazione contenente tale manifestazione di volontà, la successiva estinzione del processo non toglieva efficacia alla dichiarazione medesima, stante la natura sostanziale della stessa, e non produceva conseguentemente alcuna decadenza dal diritto di riscatto (confr. Cass. civ. 5 febbraio 1979, n. 770).

Nell’assetto normativo successivo all’entrata in vigore della L. 8 gennaio 1979, n. 2, il principio fu tuttavia capovolto, affermandosi, all’opposto, che, ove l’affittuario, entro il termine di decadenza previsto dalla L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 5 avesse dichiarato di voler esercitare il riscatto mediante la notificazione di un atto di citazione, la successiva estinzione del processo toglieva efficacia alla dichiarazione medesima e produceva conseguentemente la decadenza dal diritto di riscatto (confr. Cass. civ., 3 luglio 1980, n. 4214).

Riaffrontando funditus il problema qualche anno dopo, questa Corte è però tornata sui suoi passi: ha invero ritenuto che anche dopo l’entrata in vigore della L. 8 gennaio 1979, n. 2 – la quale, autenticamente interpretando la L. 26 maggio 1965, n. 590, ha meglio puntualizzato la disciplina del versamento del prezzo di acquisto – il diritto di riscatto può esercitarsi in via stragiudiziale, rilevando in tale ipotesi l’adesione del terzo retrattato soltanto al fine della decorrenza del termine per il pagamento del prezzo. Ed è stato altresì precisato, in siffatta prospettiva, che, qualora il retratto venga esercitato (entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita della citata L. n. 590 del 1965, ex art. 8, comma 5) con domanda giudiziale, questa assume anche valore di manifestazione di volontà negoziale, di talchè la successiva estinzione del processo non toglie efficacia alla dichiarazione medesima e non comporta la decadenza dal diritto di riscatto (confr.

Cass. civ. 11 febbraio 1989, n. 863; Cass. civ. 16 giugno 1990, n. 6058).

7 A tale orientamento il collegio ritiene di doversi uniformare, considerato che il possibile appesantimento della posizione processuale del terzo acquirente, e degli eventuali, successivi aventi causa, che rimangono esposti, malgrado l’inerzia processuale del titolare del diritto di riscatto, al pericolo di essere convenuti in giudizio fino alla scadenza del termine di prescrizione decennale ex art. 2697 cod. civ., superabile solo con l’onere, a loro carico, di proporre preventivamente un’azione di accertamento negativo, costituisce un mero inconveniente pratico, che non altera la tenuta, sul piano dogmatico, della costruzione tradizionale dell’istituto de quo, come diritto potestativo che si realizza con la dichiarazione di volontà del retraente, avente efficacia costitutiva, dichiarazione alla quale il retrattato rimane soggetto, di talchè la successiva pronuncia giudiziale assume valore meramente dichiarativo. Nè è superfluo aggiungere che l’enunciata costruzione appare confermata, piuttosto che smentita, dalla L. n. 2 del 1979 la quale, significativamente, parla di sentenza che riconosce il diritto (confr. Cass. civ. 27 novembre 2006, n. 25130; Cass. civ. 8 maggio 2001, n. 6391; Cass. civ. 18 luglio 1991, n. 7969).

8 Deriva tanto che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che nel decidere, si atterrà al seguente principio: il diritto di riscatto previsto in materia agraria dalla L. n. 590 del 1965, art. 8 integrando un diritto potestativo, si esercita tramite dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale, attraverso la quale si determina autoritativamente, ex lege, l’acquisto del fondo in favore del retraente, con la conseguenza che tale dichiarazione può essere effettuata, oltre che con l’atto di citazione diretto a far valere il diritto di riscatto, anche al di fuori del processo, con qualsiasi atto – purchè ricevuto entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita – con il quale il titolare del diritto comunichi per iscritto all’acquirente la sua volontà di riscattare il fondo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo;

cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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