Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21975 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 21/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.21/09/2017),  n. 21975

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9708-2016 proposto da:

T.A., M.O., T.T., T.G.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Crescenzio 25, presso lo

studio dell’avvocato Luca Amendola, rappresentati e difesi

dall’avvocato Silvia Grana;

– ricorrenti –

contro

SOCIETA’ ITALIANA PER CONDOTTE D’ACQUA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Cola di Rienzo 297, presso lo studio dell’avvocato Antonio Monaco,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Giovanni Del

Signore;

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Cola di Rienzo 297, presso lo studio dell’avvocato Nicola Bosco, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Luigi Antonielli

D’Oulx;

– controricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Vittorio Veneto 7,

presso lo studio dell’avvocato Paolo Tartaglia, che la rappresenta e

difende;

– resistente –

e contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., SACE BT S.P.A., UNILPOLSAI S.P.A.;

– intimati –

per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra le

sentenze n. 11438/2009 del TRIBUNALE di ROMA depositata il

21/05/2009 e n. 2870/2014 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL

LAZIO depositata il 14/03/2014;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2017 dal Consigliere LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

Generale CAPASSO Lucio, che ha concluso per la declaratoria della

giurisdizione del giudice ordinario;

Uditi gli Avvocati Luca Amendola, Silvia Grana e Claudio Magnanti per

delega dell’avvocato Paolo Tartaglia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – T.A., M.O., T.T. e T.G. – proprietari di un complesso immobiliare (costituito da tre villini) posto a confine con la linea ferroviaria – convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la società Treno Alta Velocità-T.A.V. s.p.a., concessionaria delle Ferrovie dello Stato. Lamentarono che il progetto della linea ad alta velocità (OMISSIS) aveva previsto un tracciato che non osservava le fasce di rispetto previste dalla normativa in materia di inquinamento acustico (D.P.R. n. 753 del 1980 e D.P.R. n. 459 del 1998) e determinava immissioni acustiche superiori ai limiti previsti dalla legge; che, conseguentemente, a seguito della costruzione della detta linea ad alta velocità (OMISSIS), avevano patito ingenti danni. Chiesero, pertanto, la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali subiti per il diminuito valore dei loro immobili, dei danni da immissione acustiche e di polveri, dei danni alla salute subiti e subendi; chiesero, inoltre, condannarsi la società convenuta a porre in essere tutte le misure idonee ad eliminare o a ridurre entro i limiti della normale tollerabilità ogni emissione nociva.

La società T.A.V. s.p.a. nel resistere alle domande proposte nei suoi confronti, chiamò in causa, previa autorizzazione del giudice, la Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a., onde essere da questa manlevata per il caso di accoglimento delle domande attoree.

A sua volta, la terza chiamata, autorizzata dal giudice, chiamò in causa, proponendo nei loro confronti domanda di manleva, la Sasa Riassicurazioni s.p.a., la Assicurazioni Generali s.p.a. e la Società Reale Mutua di assicurazioni, la Aurora Assicurazioni s.p.a. e la Assicuratrice Edile s.p.a. Tutte le società chiamate in causa chiesero il rigetto delle domande proposte nei loro confronti.

Con sentenza n. 11438 del 2009, il Tribunale di Roma dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo.

2. – La causa fu riassunta dagli attori dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ove si costituì la R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., dichiarando di essere succeduta nei rapporti attivi e passivi già facenti capo alla T.A.V. s.p.a. a seguito di atto di scissione parziale di quest’ultima. Si costituirono anche le società chiamate in causa destinatarie di domanda di manleva.

Con sentenza n. 2870 del 2014, l’adito T.A.R., rilevando che il giudizio era stato riassunto tardivamente e che, pertanto, l’atto di riassunzione doveva considerarsi introduttivo di una nuova causa, nell’ambito della quale non sussistevano le condizioni per sollevare conflitto di giurisdizione ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 59,comma 3 dichiarò autonomamente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

3. – A seguito di tale pronuncia, gli originari attori hanno proposto ricorso per conflitto negativo di giurisdizione ai sensi dell’art. 362 c.p.c..

Ha resistito, con controricorso, la Società Italiana per Condotte di Acqua s.p.a., che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso.

Ha proposto controricorso anche la Società Reale Mutua di assicurazioni, chiedendo dichiararsi quale giudice abbia giurisdizione.

Le altre parti, ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni con le quali la controricorrente Società Italiana per Condotte d’Acqua s.p.a. ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo: per carenza di interesse, da un lato, e per mancata esposizione dei fatti e difetto di autosufficienza, dall’altro.

Entrambe le eccezioni sono infondate.

1.1. – Innanzitutto, non sussiste la dedotta carenza di interesse a ricorrere, che – secondo la controricorrente – discenderebbe dall’asserita insussistenza di un conflitto reale di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Va osservato che il Tribunale amministrativo regionale ha dichiarato il ricorso in riassunzione inammissibile perchè tardivo (in quanto proposto oltre il termine perentorio di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 59, comma 2) ed ha declinato la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario, che aveva già affermato di esserne privo, senza sollevare d’ufficio la questione di giurisdizione dinanzi a queste Sezioni Unite.

Orbene, questa Suprema Corte ha già osservato che la disciplina dettata dalla L. n. 69 del 2009, art. 59 non copre l’intero arco delle situazioni processuali provocate da una dichiarazione di difetto di giurisdizione e, dunque, non ha prodotto l’abrogazione tacita della disposizione dettata dall’art. 362 c.p.c. (Cass., Sez. Un., n. 9841 del 05/05/2011; Sez. Un., n. 5681 del 10/03/2011; Sez. Un., n. 10139 del 20/06/2012; Sez. Un., n. 16883 del 05/07/2013); perciò, il ricorso per conflitto negativo, previsto dall’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, costituisce strumento processuale ancora utile per far fronte a quei casi in cui il secondo giudice, adito in riassunzione a seguito di pronuncia declinatoria di giurisdizione emessa dal primo, manchi di sottoporre la questione alle Sezioni Unite della Corte Suprema e declini, a sua volta, la propria giurisdizione.

Peraltro, come ha più volte statuito questa Corte, nell’ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato, con sentenza, la propria giurisdizione sulla medesima controversia, si è in presenza non di un conflitto virtuale di giurisdizione (risolvibile – come tale – con l’istanza di regolamento preventivo di cui all’art. 41 c.p.c.), ma di un “conflitto reale” negativo di giurisdizione che, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, può essere denunciato alle Sezioni Unite della Suprema Corte (con atto soggetto agli stessi requisiti formali del ricorso per cassazione) “in ogni tempo” e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una delle due pronunzie in contrasto sia o meno passata in giudicato (Cass., Sez. Un., n. 8246 del 30/03/2017; Sez. Un., n. 150 del 07/01/2013; v. anche Sez. Un., n. 22521 del 20/10/2006; Sez. Un., n. 14290 del 20/6/2007; Sez. Un., n. 16540 del 18/6/2008).

In altre parole, deve ritenersi che, in presenza di due pronunce contrastanti del giudice ordinario e del giudice amministrativo, ognuno dei quali nega la propria giurisdizione sulla medesima causa in favore dell’altro, ricorre un “conflitto reale negativo” di giurisdizione, che rende attuale l’interesse delle parti a ricorrere allo strumento di cui all’art. 362 c.p.c., comma 2.

Poichè, nella specie, sia il Tribunale ordinario che il Tribunale amministrativo hanno declinato la rispettiva giurisdizione sulla medesima controversia, va ritenuta la sussistenza di un conflitto reale di giurisdizione, che rende attuale l’interesse delle parti a ricorrere a questa Suprema Corte ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1.

1.2. – E’ infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata esposizione dei fatti e per difetto di autosufficienza.

Invero, il ricorso contiene una narrativa della vicenda processuale sufficientemente precisa per consentire alla Corte la comprensione dell’oggetto della causa e del tenore delle questioni sottoposte, cosicchè deve ritenersi adempiuto il requisito del ricorso prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3.

Anche l’esposizione delle questioni di diritto poste a base del ricorso è sufficientemente specifica e consente alla Corte di svolgere la propria funzione regolatrice.

2. – Superate le eccezioni di inammissibilità del ricorso, può passarsi all’esame del merito della questione di giurisdizione sottoposta.

2.1. – Va premesso che, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, nella giurisprudenza di questa Corte Suprema si è affermato il principio fondamentale secondo cui che la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, non già alla prospettazione compiuta dalle parti, bensì al “petitum sostanziale”. Quest’ultimo deve essere identificato, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice (c.d. petitum immediato), quanto, soprattutto, in funzione della “causa petendi”, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati (Cass., Sez. Un., n. 15323 del 25/06/2010; Sez. Un., n. 20902 del 11/10/2011; Sez. Un., n. 2360 del 09/02/2015; Sez. Un., n. 11229 del 21/05/2014).

Con riferimento poi alla c.d. “giurisdizione esclusiva” del giudice amministrativo, si è affermato che le norme che attribuiscono a quest’ultimo la giurisdizione in particolari materie vanno interpretate nel senso che non vi rientra “ogni controversia” in qualche modo concernente quelle materie, ma soltanto quelle controversie che abbiano ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. Un., 25/2/2011, n. 4614).

2.2. – Nella specie, non è dubbio che l’oggetto della causa rientri astrattamente tra le materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

In particolare, al momento della introduzione della lite (8 ottobre 2004), la normativa rilevante per l’individuazione della giurisdizione esclusiva era rappresentata dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, comma 1, nel testo modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, lett. b), che disponeva che “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia”.

Con sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, la disposizione dell’art. 34, appena richiamata, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevedeva la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie aventi per oggetto “gli atti, i provvedimenti e i comportamenti” anzichè “gli atti e i provvedimenti” delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia.

Secondo il giudice delle leggi, la norma, nel comprendere nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, oltre “gli atti e i provvedimenti” attraverso i quali le pubbliche amministrazioni (direttamente o attraverso “soggetti alle stesse equiparati”) svolgono le loro funzioni pubblicistiche in materia urbanistica ed edilizia, anche i “comportamenti”, estendeva tale giurisdizione a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercitava nemmeno mediatamente, avvalendosi cioè della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici, alcun pubblico potere. Ciò contrastava con l’art. 103 Cost., comma 1, in quanto – secondo i giudici costituzionali – tale norma della Carta fondamentale non ha conferito al legislatore ordinario una discrezionalità assoluta e incondizionata nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di individuare “particolari materie” nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe “anche” diritti soggettivi. Tali materie, tuttavia, devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, nel senso che devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica amministrazione agisce come “autorità”, nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino dinanzi al giudice amministrativo.

Dopo la pronuncia di parziale incostituzionalità, d’altra parte, l’art. 34 cit. è stato abrogato ad opera dell’art. 4, comma 1, n. 20 dell’allegato n. 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, recante il “Codice del processo amministrativo”, essendo la sua disciplina confluita in quella codicistica.

L’art. 133 cod. proc. amm., lett. f, devolve, infatti, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio”. Disposizione questa che – al fine di individuare correttamente l’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – dev’essere letta in correlazione con quanto disposto dall’art. 7, comma 1 stesso codice, che, nelle materie di c.d. giurisdizione esclusiva, devolve alla giurisdizione amministrativa “le controversie, nelle quali si faccia questione (…) di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”.

In tal modo, la disciplina del codice del processo amministrativo ha ricondotto nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche i “comportamenti” posti in essere dalle pubbliche amministrazioni (direttamente o attraverso soggetti alle stesse equiparati) in materia urbanistica ed edilizia, a condizione però – in coerenza con i principi costituzionali richiamati dalla citata sentenza della Corte costituzionale – che siano espressione, anche mediata, dell’esercizio di un pubblico potere.

Sul punto, queste Sezioni Unite, con specifico riferimento alla giurisdizione esclusiva in materia urbanistica ed edilizia, hanno sottolineato che, nell’attuale assetto costituzionale, successivamente alla sentenza Corte Cost. n. 204 del 2004, tale giurisdizione non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non esercita alcun potere pubblico, spettando alla giurisdizione dell’A.G.O. la cognizione di quelle controversie in cui si denunzino meri comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 c.c. per non avere la P.A. osservato le normali regole di diligenza e prudenza e il principio generale del “neminem laedere”, a fronte dei quali la posizione soggettiva del privato non può che definirsi di “diritto soggettivo” in mancanza di riferimento ad atti e provvedimenti amministrativi di cui la condotta dell’amministrazione sia esecuzione (cfr. Cass., Sez. Un., n. 5926 del 14/3/2011; Sez. Un., n. 22521 del 20/10/2006; v. anche Sez. Un., n. 5417 del 2016, non massimata; Sez. Un., n. 22116 del 20/10/2014; da ultimo, Sez. Un., n. 16986 del 2017, non massimata).

In sostanza, secondo il “diritto vivente” quale promana dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo quando, in una controversia in materia urbanistica ed edilizia instaurata nei confronti di una pubblica amministrazione (o di un soggetto alla stessa equiparato), la tutela sia domandata per la lesione che è stata arrecata da un atto o da un provvedimento o da un comportamento della stessa amministrazione che sia riconducibile ad un potere che la legge le attribuisce nella materia urbanistica od edilizia (Cass., Sez. Un., n. 17065 del 08/08/2011; Sez. Un., n. 14365 del 10/08/2012); sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario quando il comportamento della P.A. risulti privo di ogni interferenza con un atto autoritativo (non potendosi reputare neanche mediatamente espressione dell’esercizio del potere autoritativo) o quando l’atto o il provvedimento, di cui la condotta dell’amministrazione sia esecuzione, non costituisca oggetto del giudizio, facendosi valere unicamente l’illiceità della condotta del soggetto pubblico, ex art. 2043 c.c., suscettibile di incidere su posizioni di diritto soggettivo del privato (Cass., Sez. Un., n. 20123 del 18/10/2005; Sez. Un., n. 25982 del 22/12/2010; Sez. Un., n. 27455 del 29/12/2016).

Tra le varie fattispecie sottoposte in materia urbanistica ed edilizia, questa Corte ha così affermato che la domanda di risarcimento del danno del proprietario di area contigua a quella in cui è realizzata l’opera pubblica (nella specie, la linea ferroviaria dell’alta velocità) appartiene alla giurisdizione ordinaria ove, nella prospettazione dell’attore, fonte del danno non siano nè il “se” nè il “come” dell’opera progettata, ma solo le sue concrete “modalità esecutive”, atteso che la giurisdizione esclusiva amministrativa si fonda su un comportamento della P.A. (o del suo concessionario) che non sia semplicemente occasionato dall’esercizio del potere, ma si traduca, in base alla norma attributiva, in una sua manifestazione (Cass., Sez. Un., n. 2052 del 03/02/2016; conf., Sez. Un., n. 3732 del 25/02/2016); mentre appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia concernente il risarcimento dei danni lamentati da un Consorzio di bonifica in relazione all’esecuzione dei lavori di realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità, sussistendo la natura pubblicistica del procedimento preordinato allo svolgimento di tale attività, il carattere pubblico degli interessi coinvolti, la discrezionalità delle scelte della P.A., il ricorso da parte di essa a strumenti autoritativi, la manifesta incidenza sul territorio del progetto e della sua attuazione e, soprattutto, il nesso esistente tra atti e provvedimenti delle pubbliche amministrazioni (o soggetti ad esse equiparati) ed uso del territorio (Cass., Sez. Un., n. 16883 del 05/07/2013).

In definitiva, nella materia urbanistica ed edilizia, occorre tener distinti il caso in cui il privato pretenda il risarcimento del danno derivante dalla illegittima progettazione e deliberazione dell’opera pubblica, nel quale, ponendosi in discussione la “legittimità” dell’esercizio del potere pubblico, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo; dal caso in cui il privato chieda il risarcimento del danno in ragione della “cattiva esecuzione” dell’opera pubblica, contestando le “modalità esecutive” dei lavori (ossia quei meri comportamenti materiali che non possono reputarsi neanche mediatamente espressione dell’esercizio del potere autoritativo), nel quale la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

In altre parole, quando, a base della domanda di risarcimento del danno, si deduca l’illegittimità del provvedimento amministrativo che ha disposto l’opera pubblica e la conseguente condotta materiale causativa del danno, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo; quando, invece, a base della domanda risarcitoria, si deduca l’illiceità della mera condotta esecutiva, per essere stata violato il principio generale di prudenza e diligenza (c.d. obbligo del “neminem laederen posto a fondamento dell’art. 2043 cod. civ., senza che sia mossa alcuna doglianza in ordine alla legittimità dell’esercizio del potere amministrativo, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Rimane a parte il caso in cui il privato, proprietario di un immobile confinante con l’opera pubblica o ad essa contiguo, chieda di essere indennizzato per la riduzione di valore del suo fondo (derivata dalla perdita o dalla ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà) conseguente alla realizzazione dell’opera di pubblica utilità, senza lamentare tuttavia nè l’illegittimità dell’esercizio del potere autoritativo in forza del quale l’opera è stata eseguita nè la violazione della regola del “neminem laedere” con riferimento nell’attività esecutiva materiale. La materia, com’è noto, è regolata dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 44 che prevede il diritto del proprietario del fondo non espropriato alla corresponsione di una indennità, diritto tutelabile dinanzi al giudice ordinario (Sez. Un., n. 24410 del 21/11/2011; Sez. Un., n. 9342 del 21/04/2006).

2.3. – Orbene, nel caso di specie, con la domanda introduttiva (atto di citazione notificato l’8 ottobre 2004), gli attori hanno contestato la legittimità del progetto di costruzione della ferrovia ad alta velocità (OMISSIS), oggetto di approvazione da parte di appositi provvedimenti amministrativi, lamentando che sarebbe stato deciso un tracciato che non osserverebbe le fasce di rispetto previste dalla normativa in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario (D.P.R. n. 753 del 1980 e D.P.R. n. 459 del 1998) e tale da determinare immissioni acustiche superiori ai limiti previsti dalla legge.

I danni lamentati dagli attori, oggi ricorrenti, non possono essere attribuiti soltanto a cattiva esecuzione dei lavori, essendo – invece dipendenti dal complesso procedimento amministrativo relativo alla linea ferroviaria ad alta velocità (OMISSIS) e dal tracciato in quella sede deciso.

La natura amministrativa del procedimento, il carattere pubblico degli interessi coinvolti, le scelte discrezionali operate dalla Pubblica Amministrazione, il ricorso a strumenti autoritativi, la manifesta incidenza sul territorio del progetto e della sua attuazione nonchè il nesso esistente tra i provvedimenti amministrativi, da un lato, ed uso del territorio, dall’altro, riconducono oggettivamente la controversia, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ricorrono, nella specie, sia il presupposto oggettivo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dato che la progettazione e la realizzazione della tratta ferroviaria in questione manifestamente incidenti sul territorio – risultano inseriti (come si è detto) in un complesso procedimento amministrativo; sia il presupposto soggettivo, dovendosi riconoscere alla società convenuta in giudizio (la T.A.V. s.p.a., concessionaria delle Ferrovie dello Stato, ora R.F.I. s.p.a.) – alla luce dell’evoluzione della nozione di P.A. correlata ai mutamenti del quadro normativo – la veste di soggetto equiparato alle amministrazioni pubbliche, in quanto strumento cui si è fatto ricorso per la realizzazione di fini pubblici (nella specie, il trasporto ferroviario, qualificato come servizio pubblico essenziale dalla L. 12 giugno 1990, n. 146, art. 1, comma 2, lett. b,) e con mezzi finanziari riferibili, direttamente o indirettamente, alla P.A. in senso proprio (Cass., Sez. Un., n. 15660 del 27/07/2005; Sez. Un., n. 16883 del 05/07/2013).

Nè la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può escludersi per il fatto che gli attori hanno chiesto anche la condanna della pubblica amministrazione all’esecuzione di opere idonee ad eliminare il danno.

Invero, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo dispone il risarcimento del danno ingiusto anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, com’era previsto dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35 comma 1 come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 (cfr. Cass., Sez. Un., n. 2689 del 07/02/2007), e come oggi è previsto dall’art. 30 cod. proc. amm., comma 2.

D’altra parte, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è neppure impedita dal fatto che partecipano al processo anche parti private (in particolare, le società assicuratrici). Infatti, la reciproca dipendenza e la conseguente inscindibilità delle posizioni delle parti private rispetto a quelle dei soggetti equiparati alla pubblica amministrazione dà luogo ad un litisconsorzio processuale, con conseguente necessità di un giudizio unitario dinanzi al giudice amministrativo per tutte le parti (cfr. Cass., Sez. Un., n. 15660 del 27/07/2005).

3. – In definitiva, va dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La sentenza emessa dal T.A.R. Lazio va, pertanto, cassata, con rimessione delle parti dinanzi al giudice amministrativo, che provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di regolamento.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; cassa la sentenza emessa dal T.A.R. Lazio il 14.3.2014; rimette le parti dinanzi al giudice amministrativo, anche per le spese del giudizio di regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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