Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21975 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. III, 03/09/2019, (ud. 22/03/2019, dep. 03/09/2019), n.21975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24269-2017 proposto da:

C.L., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CARMINE LATTARULO;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. a R.L. già FATA

ASSICURAZIONI DANNIO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

BERTOLONI, 55, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA CORBO’,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO MARIA

CORBO’;

– controricorrente –

e contro

D.D., D.M.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2343/2017 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata

il 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato in data 6 ottobre 2017, C.L. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 2343/2017, pubblicata 18.09. 2017 del Tribunale di Taranto, deducendo quattro motivi di ricorso. La Società Cattolica di Assicurazione Coop, quale incorporante della Fata Ass.ni, resiste con controricorso notificato il 6 novembre 2017, chiedendo il rigetto del gravame. Il ricorrente produce memoria per dedurre la nullità del mandato alle liti conferito dalla resistente, relativo al giudizio di primo grado.

2. Con atto di citazione del 9/6/2014, C.L. conveniva davanti al Giudice di Pace di Taranto D.D., D.M.R. e Fata Ass.ni, rispettivamente proprietario,conducente e impresa assicuratrice della macchina agricola che in data 12/6/2009 aveva danneggiato la Fiat Barchetta di proprietà dell’attore, provocando danni valutati nella misura di Euro 2.188,19 mediante ATP disposta, ex art. 696 bis c.p.c., di cui chiedeva la rifusione delle spese anticipate, oltre a quelle sopportate prima del procedimento. L’impresa assicuratrice convenuta in giudizio contestava la quantificazione delle spese legali indicate dal legale dell’attore in una nota pro forma e offriva banco iudicis un assegno di Euro 4.600,00 di cui Euro 2.400,00 per sorte capitale ed Euro 2.200,00 per spese legali: tali importi venivano rifiutati dall’attore e il Giudice, ritenuta invece la congruità dell’offerta, rigettava l’ulteriore pretesa dell’attore e compensava le spese del giudizio.

3. L’attore impugnava innanzi al Tribunale di Taranto la sentenza chiedendo la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’importo di Euro 3.427,42 per spese legali, detratto l’importo di Euro 2.200,00 per capitale già versato dalla compagnia assicuratrice, con rifusione delle spese di giudizio. Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 2343/2017, pubblicata in data 18/9/2017, rigettava l’appello e condannava l’appellante alle spese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 18,19 e 20 laddove il Tribunale ha affermato che l’attività stragiudiziale svolta non aveva rilevanza autonoma rispetto a quella giudiziale, potendo quindi essere liquidata nella fase di studio di quest’ultimo, risultando così congrua la somma offerta banco iudicis di Euro 2.200,00 comprensiva di spese vive, stragiudiziali e giudiziali. Con il secondo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell’art. 1223 c.c., in quanto la Corte d’appello non avrebbe autonomamente liquidato le spese legali che attengono alla fase stragiudiziale (procedimento di constatazione, valutazione e liquidazione del danno, nonchè successiva fase di negoziazione), ricomprendendole invece nelle spese giudiziali. Con il terzo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115 e 229 c.p.c. e art. 2733 c.c., laddove il Tribunale non ha ritenuto provate le richieste di maggiorazione richiesta, nonostante l’assicuratore non abbia specificamente contestato la parcella delle spese stragiudiziali. Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 laddove il Tribunale ha ritenuto giustificata l’applicazione dei minimi tariffari in ragione dell’offerta formulata il primo grado dalla compagnia di assicurazione e per la ridotta attività svolta dal difensore di parte attrice, omettendo di indicare le singole voci che ha ridotto, nonchè di motivare al riguardo.

1.1. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi. Essi sono infondati o inammissibili per quanto di seguito esposto.

1.2. Innanzitutto la procura speciale alle liti risulta apposta in calce al controricorso e pertanto non risulta fondato il vizio dedotto dal ricorrente, posto che la procura alle liti risulta regolare in quanto inclusa nel controricorso. L’eccezione preliminare del controricorrente è pertanto infondata.

1.3. Il Giudice dell’appello, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto corretta la determinazione dell’importo dovuto per compensi legali relativi alla fase stragiudiziale, inglobati nella fase relativa all’attività di studio propedeutico al procedimento di ATP, e liquidati sulla base dei parametri “medi” del D.M. n. 55 del 2014, sull’assunto che la fase stragiudiziale scaturita nella ATP preventiva non potesse nel caso concreto avere rilevanza autonoma, in conformità a quanto indicato nel D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5 e art. 20 e che essa dovesse pertanto essere ricompresa nell’attività di studio della controversia introdotta con il procedimento ex art. 696 bis c.p.c.; affermava, inoltre, che per il calcolo del compenso non vi fossero i presupposti per la maggiorazione di cui al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6 – prevista solo ove sia intervenuta transazione stragiudiziale o giudiziale della lite -; condannava infine l’appellante alle spese di lite, confermando la compensazione delle spese giudiziali del primo grado.

1.4. In tale materia prevale la considerazione che le spese per la consulenza tecnica preventiva disposta ex art. 696 bis c.p.c., contrariamente a quanto indicato dal ricorrente, non hanno natura giudiziale. Difatti la ATP preventiva di cui al novellato art. 696 bis c.p.c., per quanto in parte “giurisdizionalizzata”, è pur sempre finalizzata al componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno luogo a un’ autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l’ha disposta rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26573 del 22/10/2018). Conseguentemente, le spese richieste attengono tutte alla fase stragiudiziale, e sono state valutate per quello che intrinsecamente valevano in relazione al valore della pretesa fatta valere, non essendosi operata alcuna illegittima elisione di parte dell’attività professionale espletata, bensì una valutazione complessiva dell’attività di assistenza antecedente alla lite, tenendo conto dello stretto nesso causale e di inscindibilità che può sussistere tra le diverse prestazioni (sul punto si veda Cass. civ., sez. II, n. 2034/1994; Cass. Sez. 11,2275/2006 e Cass. Sez. III, 6422/2017).

1.5. Il Giudice del merito, pertanto, ha valutato che l’attività antecedente al procedimento di ATP, concretatasi in una prima richiesta di risarcimento e in due lettere raccomandate ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione, abbia avuto carattere complementare rispetto al procedimento di ATP preventiva avviato; in assenza dei presupposti e di prova per potere acquisire valenza autonoma, tali attività non potevano quindi distinguersi dalla fase di studio della istanza di ATP preventiva, valutata essere entro i limiti delle tariffe all’epoca previste. La valutazione effettuata in siffatti termini è, da un lato, insindacabile, perchè riferita a un accertamento in fatto sulla natura e qualità dell’attività prestata, e, dall’altro, corretta, perchè valutata come congrua sulla base delle tariffe legali vigenti e di principi giurisprudenziali già affermati in tale materia (v. anche Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2644 del 02/02/2018 che ha ritenuto che le spese di assistenza legale stragiudiziale, pur avendo natura di danno emergente, vanno liquidate secondo le tariffe forensi;Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017).

1.6. Pertanto, non può porsi neanche una questione di violazione di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per “erronea valutazione del materiale istruttorio”, atteso che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c. opera, difatti, interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012. (vedi cassazione, sez VI sentenza 27.000 – 2016; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

1.7. Infine, come ritenuto dal Giudice di merito, nel caso in esame non poteva applicarsi la maggiorazione per effetto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6 sulle spese, posto che l’offerta transattiva complessiva non è stata accettata dalla controparte.

2. Conclusivamente il ricorso va rigettato, con assorbimento di ogni ulteriore questione e con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

PQM

I. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 1.500,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

II. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 22 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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