Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21973 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 21/09/2017, (ud. 04/07/2017, dep.21/09/2017),  n. 21973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11123-2016 proposto da:

COMUNE DI SAN NICOLO’ DI COMELICO, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MICHELE STECCANELLA e

ELISA DE BERTOLIS;

– ricorrente –

contro

DOLOMITI DERIVAZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA CONTE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALENTINA PETRI;

– controricorrente –

e contro

REGIONE VENETO, IDREG VENETO S.P.A., PROVINCIA DI BELLUNO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 13/01/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2017 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

uditi gli avvocati Federica Scafarelli e Aldo Pinto per delega

dell’avvocato Giovanni Battista Conte.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, in accoglimento del ricorso proposto da Dolomiti Derivazione s.r.l. (già Derivazione s.r.l. ed in seguito, per brevità, D.D.), con sentenza dell’11.4.013 passata in giudicato, annullò il decreto 5.8.010 della Regione Veneto, di riapertura dei termini per la realizzazione di un impianto idroelettrico, connesso alla concessione di derivazione dal torrente (OMISSIS), scadente nel gennaio 2018 – rilasciata ad Idreg Veneto s.r.l., sulla scorta di un progetto di massima, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 387 del 2003 – nonchè il provvedimento 14.2.011 della Regione che, stante la vigenza della predetta concessione, aveva dichiarato improcedibile la domanda presentata da D.D., ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. cit., volta ad ottenere l’autorizzazione unica alla medesima derivazione d’acqua.

Successivamente, con decreto del 30.5.013, pubblicato sul BURV l’11.6.013, la Regione Veneto accolse la domanda formulata del Comune di San Nicolò di Comelico, nel cui territorio scorre il torrente (OMISSIS), di voltura della concessione rilasciata ad Idreg e, contestualmente, approvò il progetto esecutivo dell’opera connessa, presentato dalla società, e fatto proprio dall’ente, in base alla preesistente normativa.

D.D. propose ricorso al TSAP per ottenere l’annullamento di tale decreto, sia perchè elusivo del precedente giudicato, sia perchè emesso in violazione del D.Lgs. n. 387 del 2003.

Già pendente il giudizio, la Regione, nel dichiarato intento di prestare ottemperanza al giudicato, emanò il 2.3.015 un ulteriore decreto col quale, confermato l’accoglimento della domanda di riapertura dei termini del disciplinare avanzata a suo tempo da Idreg ed escluso che il progetto di massima da questa presentato potesse essere posto in comparazione col progetto esecutivo di D.D., ribadì la validità sino al 21.1.018 della concessione rilasciata alla prima società e poi volturata al Comune.

D.D. impugnò anche questo provvedimento dinanzi al TSAP con motivi aggiuntivi.

Le domande di annullamento sono state accolte dal TSAP con sentenza del 13.1.016.

Il giudice adito ha preliminarmente respinto l’eccezione di tardività dell’impugnazione, sollevata dalla controricorrente Idreg, rilevando che il decreto 30.5.013, pur ledendo l’interesse immediato e diretto di D.D. ad ottenere l’accoglimento della propria domanda, non era mai stato notificato alla società. Ha quindi affermato che il precedente giudicato implicava l’applicazione della sanzione della decadenza di Idreg dalla concessione, precludendone perciò la volturazione al Comune di San Nicolò di Comelico, e che il successivo provvedimento della Regione, asseritamente emanato in esecuzione del giudicato, non conteneva alcuna motivazione a sostegno della preferenza accordata al progetto presentato dal Comune rispetto a quello presentato da D.D. ed anzi, pur evidenziando un’oggettiva prevalenza di quest’ultimo, risultava fondato sul solo argomento della preesistenza della concessione trasferita da Idreg Veneto all’ente locale.

La sentenza è stata impugnata dal Comune di San Nicolò di Comelico con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui D.D. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Idreg s.r.l e la Regione Veneto non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo il Comune di San Nicolò Comelico lamenta il rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso, proposto da D.D. con atto notificato solo nel maggio del 2014, contro il decreto della Regione Veneto del 30.5.013, pubblicato sul BURV l’11.6.013, contenente un duplice provvedimento – di voltura della concessione e di contestuale approvazione del progetto esecutivo presentato da Idreg.

Premette al riguardo che, contrariamente a quanto ritenuto dal TSAP, il giudicato formatosi sull’annullamento, per difetto di motivazione, del decreto di proroga del 5.8.010 non comportava la decadenza di Idreg dalla concessione rilasciatale ai sensi del R.D. n. 1285 del 1920, e rileva come sia la ricorrente, sia il giudice a quo abbiano indebitamente confuso il termine di efficacia di detta concessione (avente scadenza nel 2018), con i termini (che erano stati riaperti dal decreto poi annullato in sede giurisdizionale) assegnati alla concessionaria per l’inizio ed il compimento delle espropriazioni e delle opere necessarie alla realizzazione della derivazione.

Sostiene quindi che l’atto del 30.5.013 non ledeva l’interesse di D.D. ad ottenere l’esame della propria domanda, e non doveva esserle notificato, atteso che, da un lato, era del tutto indifferente per la società che la titolarità della concessione gli fosse stata trasferita e che, dall’altro, l’approvazione del progetto esecutivo, avvenuta ai sensi di una normativa non più in vigore, non era in grado di determinare alcuna modificazione della situazione giuridica delle parti.

2) Col secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di omessa pronuncia della sentenza in ordine all’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse di D.D.

3) Con il terzo deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza, che ha dato per scontato, pur in mancanza di prova, che alla data del 30.5.013 la precedente pronuncia di annullamento fosse passata in giudicato.

4) Con il quarto contesta che il ridetto atto del 30.5.013, nel suo duplice contenuto provvedimentale, violasse il giudicato, il quale non imponeva alla Regione di dichiarare la decadenza di Idreg dalla concessione, nè le impediva di emettere un nuovo decreto di proroga dei termini del disciplinare, purchè motivato.

5) Con il quinto, denunciando ulteriore vizio di motivazione della sentenza, contesta che il successivo atto della Regione del 2.3.015, che conteneva una rinnovata motivazione a sostegno del provvedimento di proroga e che sottolineava l’impossibilità di porre in comparazione il progetto di massima di Idreg col progetto esecutivo di D.D., fosse elusivo del giudicato.

6) In ordine logico, va in primo luogo esaminato il terzo motivo del ricorso, che va dichiarato inammissibile, in quanto (al di là del rilievo del suo difetto di specificità, per la mancata allegazione al ricorso della sentenza del TSAP dell’11.4.013 e per l’omessa indicazione della data effettiva in cui essa sarebbe passata in giudicato) imputa al giudice a quo di aver commesso un errore di fatto – ovvero di aver affermato l’esistenza di un giudicato di cui non v’era prova in atti integrante un vizio revocatorio, denunciabile esclusivamente ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

7) Il primo ed il quarto motivo che, pur se sotto diversi profili di diritto, implicano la soluzione di questioni fra loro strettamente connesse e vanno pertanto congiuntamente esaminati, sono solo parzialmente fondati e devono essere accolti nei limiti che di seguito si precisano.

Il TSAP ha indubbiamente errato nel ritenere che il precedente giudicato, che aveva annullato per vizio di motivazione il decreto di riapertura dei termini assegnati ad Idreg per la presentazione del progetto esecutivo, per la realizzazione dell’impianto e per il compimento degli espropri, avesse inciso anche sul termine di scadenza della concessione.

Il decorso dei termini stabiliti nel disciplinare, entro i quali il concessionario deve derivare ed utilizzare l’acqua, non comporta, infatti, l’automatica decadenza dalla concessione, che, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 55 è riservata ad un’autonoma valutazione della P.A., alla quale la norma attribuisce il potere di prorogare i termini in questione, qualora non ritenga di dichiarare la decadenza, evitando – in relazione alla persistenza dell’interesse pubblico sotteso – la perdita di efficacia della concessione (Cass. S.U. n. 504 del 2011).

Il giudicato non comportava, pertanto, alcun obbligo della Regione Veneto di dichiarare Idreg decaduta dalla concessione (di durata quindicennale, dal gennaio 2003 al gennaio 2018), ma le imponeva unicamente di assumere un provvedimento motivato che, sulla scorta di un’adeguata valutazione comparativa degli impianti da realizzare in base ai due differenti progetti, stabilisse se, al fine del miglior perseguimento dell’interesse pubblico, dovesse essere accolta la domanda di D.D. o se, piuttosto, dovesse essere confermata la proroga dei termini assegnati alla concessionaria nel disciplinare.

E’ pertanto corretto il rilievo del Comune ricorrente secondo cui il decreto regionale del 30.5.013, nella parte in cui disponeva la voltura in suo favore della concessione già rilasciata ad Idreg (ed ancora validamente in essere alla predetta data), non ledeva l’interesse di D.D. all’esame della propria domanda e non doveva essere notificato alla società.

Ne consegue la tardività del ricorso avanzato da D.D. dinanzi al TSAP per ottenere l’annullamento (anche) del provvedimento di voltura.

A diverse conclusioni deve giungersi per ciò che riguarda il secondo provvedimento contenuto nel decreto, di approvazione del progetto esecutivo presentato da Idreg per la realizzazione dell’impianto.

La tesi del ricorrente, che sostiene che neppure per tale parte, sostanzialmente priva di efficacia, il decreto avrebbe violato il giudicato, nè leso l’interesse di D.D. all’esame comparativo della propria domanda, non è condivisibile ed è, anzi, palesemente contraddittoria, posto che non chiarisce perchè concedente e concessionaria non sarebbero stati tenuti al rispetto dell’iter procedimentale previsto dalla normativa vigente alla data del rilascio della concessione, che continuava a regolare il rapporto ancora in essere, e pretende di giustificare con “l’eccesso di zelo” di un funzionario l’accoglimento di una domanda di approvazione di un progetto esecutivo che, se davvero presentata in base ad una disciplina non più applicabile, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile o improcedibile.

Peraltro, a prescindere dalla normativa effettivamente applicabile, il fatto stesso che il provvedimento fosse stato emesso ne comportava l’efficacia nei confronti di Idreg (e del Comune, nel frattempo divenuto titolare della concessione). E poichè l’approvazione del progetto implicava la necessaria riapertura dei termini, ampiamente scaduti, già assegnati all’originaria concessionaria per l’esecuzione delle opere, senza che fosse stato compiuto alcun esame comparativo con la domanda presentata da D.D., non v’è dubbio che l’atto fosse lesivo dell’interesse di quest’ultima, consacrato nel giudicato, ad ottenere tale esame ed avrebbe dovuto esserle notificato, onde consentirle di richiederne la rimozione in via giudiziaria.

Con riguardo al provvedimento in questione il TSAP ha dunque correttamente ritenuto, in applicazione di un principio giurisprudenziale non contestato dal ricorrente, che il termine di impugnazione decorresse per D.D. solo a partire dalla data in cui ne aveva avuto piena conoscenza.

8) Resta assorbito il secondo motivo del ricorso.

9) Il quinto motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di un’interpretazione del decreto della Regione Veneto del 2.3.015 difforme da quella operata dal giudice a quo, senza che sia indicato il fatto decisivo, oggetto di contraddittorio fra le parti ed ignorato dal giudice, che, ove considerato, avrebbe condotto ad escludere che il provvedimento violava il giudicato.

10) All’accoglimento, per quanto di ragione, del primo motivo e del quarto motivo di ricorso consegue la cassazione senza rinvio del capo della sentenza impugnata che ha dichiarato tempestiva la domanda di D.D. di annullamento del decreto di voltura, atteso che in relazione a tale domanda il processo non poteva essere iniziato.

11) La reciproca soccombenza delle parti giustifica la declaratoria di integrale compensazione delle spese del giudizio.

PQM

 

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo ed il quarto motivo del ricorso, assorbito il secondo motivo, e rigetta nel resto; cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e dichiara che il processo relativo all’annullamento del decreto di voltura della concessione non poteva essere iniziato; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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