Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21969 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 21/09/2017, (ud. 20/06/2017, dep.21/09/2017),  n. 21969

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8116-2016 proposto da:

C.F., F.E., elettivamente domiciliate in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e

difese dall’avvocato ANDREA BAVA;

– ricorrenti –

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

C.F., F.E., elettivamente domiciliate in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e

difese dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1117/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/11/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il Pubblico Ministero in persona dell’Avvocato Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso incidentale condizionato;

udito l’Avvocato De Nardo per delega orale dell’avvocato Andrea Bava.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.E. e C.F. chiesero al giudice del lavoro del Tribunale di Rimini, nella loro qualità di eredi del Maggiore pilota C.E., deceduto il 26.11.1985 nel corso di una esercitazione aerea militare, il conseguimento dei benefici di cui al D.P.R. n. 243 del 2006 in materia di vittime del dovere.

Nella resistenza del Ministero della Difesa e nella contumacia di quello dell’Interno, il ricorso fu rigettato.

A seguito di impugnazione principale, svolta dalle eredi, e di quella incidentale, proposta dal Ministero della Difesa, la Corte d’appello di Bologna ha respinto il gravame del Ministero, incentrato sul difetto di giurisdizione, ed ha parzialmente accolto quello delle eredi, limitatamente alle spese di primo grado, dichiarando di non dover provvedere in ordine alle stesse, mentre ha escluso che ricorressero le condizioni di legge per il riconoscimento delle reclamate provvidenze.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso le suddette eredi con sei motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. Ha resistito con controricorso il Ministero della Difesa, mentre è rimasto solo intimato quello dell’Interno.

Il Ministero della Difesa ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato in ordine alla questione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, al cui accoglimento si sono opposte le ricorrenti principali.

Il procedimento viene ora all’esame di queste Sezioni Unite per la decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo del ricorso principale, formulato per nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e per violazione dell’art. 416 c.p.c., art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 101 c.p.c., si assume che il giudice di primo grado aveva sbagliato ad utilizzare la documentazione da lui stesso ritenuta inammissibile, in quanto tardiva, nel momento in cui aveva negato l’esistenza della prova del guasto alla strumentazione, quale circostanza dedotta a sostegno della domanda; da parte sua la Corte bolognese non si era pronunziata sull’eccepita nullità della sentenza di primo grado, eccezione, questa, sollevata proprio in ragione del fatto che il primo giudice aveva finito per utilizzare ai fini della decisione documenti dal medesimo ritenuti inammissibili; invece, la Corte si era espressa esclusivamente nel merito della vicenda, utilizzando anch’essa la documentazione la cui tardiva produzione era stata dichiarata inammissibile dal primo giudice.

1.a. Il motivo è infondato.

Si osserva, anzitutto, che il primo giudice rigettò la domanda in quanto le parti non avevano fornito la prova del guasto – che a loro dire sarebbe stato la causa dell’incidente – e a risconto di ciò rilevò che neanche nella produzione di controparte vi erano documenti che potevano deporre in tal senso. Quindi, il riferimento alla documentazione tardiva fu fatto al solo fine di rinvenire, semmai, eventuali elementi a favore della tesi delle ricorrenti, tant’è vero che la Corte d’appello rileva correttamente che, anche prescindendo dalla documentazione tardivamente prodotta dalla difesa erariale, sarebbe stato in ogni caso onere delle ricorrenti allegare e provare l’elemento costitutivo del diritto riconducibile all’esistenza di particolari condizioni operative ed ambientali. Quindi, non sussiste il vizio di omessa pronunzia, così come non si ravvisano gli altri denunziati vizi di violazione di legge.

1.b. Tra l’altro, la nozione di “particolari condizioni ambientali o operative” che devono esistere per potersi giungere a questa figura particolarissima, è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006 nel senso che per particolari condizioni ambientali od operative, si intendono:”le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. Bisogna, dunque, identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio che ambisca ad essere riconosciuto vittima del dovere, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

2. Col secondo motivo, proposto per violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 115 c.p.c., comma 1), si assume che la Corte di merito sarebbe incorsa in errore nel ritenere contestata da parte della difesa erariale la circostanza, dedotta da esse ricorrenti, del sopraggiungere di nuvole, in quanto tale erroneo convincimento della Corte sarebbe basato sulla citazione di un passo della memoria di primo grado della difesa del Ministero che si riferiva, in realtà, alla diversa situazione della presenza in quella notte della luna piena, situazione, questa, che poteva riguardare le condizioni di luminosità e non quelle di visibilità.

2.a. Il motivo è infondato.

In realtà la Corte territoriale cita le buone condizioni di luce desumendo tale circostanza dalla relazione del Maggiore Pilota T.M., ma nel contempo pone l’accento sul fatto che le appellanti non avevano fornito la prova, su loro incombente, del peggioramento atmosferico, per cui si è in presenza di un giudizio di fatto adeguatamente motivato che vanifica la lamentata violazione e falsa applicazione della norma di legge di cui all’art. 115 c.p.c., comma 1. Invero, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

3. Col terzo motivo, proposto per nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e per violazione dell’art. 416 c.p.c., art. 115 c.p.c., comma 1, e art. 101 c.p.c., si deduce che altra causa di nullità sarebbe ravvisabile nella modalità con cui la Corte d’appello ha escluso che potesse avere valore confessorio l’ammissione dell’esistenza del guasto riportata nel provvedimento allegato sub 1), affermando che un documento può avere un tale valore solo ove lo stesso contenga il riferimento alla fonte di prova della confessione.

3.a. Il motivo è infondato.

Anzitutto, non può non rilevarsi un profilo di inammissibilità del motivo dovuto alla mancata produzione del documento in esame; in ogni caso, si osserva che la Corte d’appello ha spiegato, con giudizio di fatto insindacabile in tale sede, in quanto adeguatamente motivato ed immune da rilievi di legittimità, che l’anomalia di cui al documento 1) di parte appellante appariva riferita, all’esito di una interpretazione complessiva del provvedimento, come appresa nella richiesta del beneficio e giudicata, comunque, irrilevante e non ammessa. La Corte ha aggiunto che mancava nel caso di specie sia la cornice delle situazioni oggettive elencate dalla lett. a) alla lett. f) della norma di riferimento (D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1), sia l’elemento della causalità, seppur indiretta, attesa l’accidentalità richiamata dal Comandante, per mancato funzionamento del radar.

4. Col quarto motivo, formulato per violazione e/o falsa applicazione di norma di legge (art. 132 c.p.c.), le ricorrenti finiscono, in realtà, per prospettare un vizio di illogicità della motivazione nella parte in cui si è dato rilievo alla circostanza della presenza della luna piena che, invece, essendo un fatto astronomico non impediva il formarsi di nubi.

4.a. Il motivo è inammissibile, sia perchè viene denunziato come vizio di violazione di legge quello che, in realtà, nella parte espositiva della censura viene prospettato come vizio di omessa, apparente ed illogica motivazione, sia perchè, anche sotto quest’ultimo aspetto, finisce per tradursi nel tentativo di rivisitazione di un aspetto del merito della vicenda che non è consentito nel giudizio di legittimità laddove, come nella fattispecie, la motivazione è nel suo complesso congrua ed immune da vizi di ordine logico-giuridico.

5. Attraverso il quinto motivo, proposto per violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 2730,2731 e 2732 c.c.), ci si duole sia del fatto che la Corte di merito abbia negato valore confessorio alla parte del provvedimento di diniego del beneficio che faceva riferimento al guasto della strumentazione di navigazione – che associato alla scarsa visibilità avrebbe connaturato il requisito di legge per il riconoscimento dei benefici oggetto di causa – sia della circostanza che l’esclusione di tale valenza confessoria sia stata ricondotta alla sola ragione che nello stesso provvedimento mancava la menzione della fonte di tale notizia.

5.a. Il motivo è infondato.

Anzitutto, anche in tal caso si evidenzia un profilo di inammissibilità del motivo dovuto alla mancata produzione del documento che la Corte di merito ha valutato nella sua portata complessiva. In ogni caso il ragionamento seguito dalla Corte territoriale sfugge ai rilievi di legittimità in quanto nella sentenza è correttamente spiegato che in mancanza delle fonti di prova dell’anomalia denunziata si era in presenza di una semplice valutazione che, non essendo un fatto storico, non poteva rivestire natura di confessione. Quindi, solo un fatto idoneo a consentire l’obiettiva sequenza delle circostanze e dei comportamenti che avevano determinato l’evento in esame avrebbe potuto formare oggetto di un atto confessorio, dal momento che ai sensi dell’art. 2730 c.c. la confessione deve avere ad oggetto fatti obiettivi – la cui qualificazione giuridica spetta al giudice del merito – e non già opinioni o giudizi (ad es. v. C. sez. 3, n. 21509 del 18.10.2011, n. 16260 del 3.8.2005 e n. 11266 del 30.7.2002).

6. Col sesto motivo le ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, in quanto contestano il fatto che la Corte di merito avrebbe implicitamente superato la tesi della non qualificabilità in termini di missione dell’attività di addestramento in questione.

6.a. Anche quest’ultimo motivo è infondato.

Infatti, perchè si possa avere una vittima del dovere che abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio non basta che ci sia la semplice dipendenza da causa di servizio, altrimenti tutti gli invalidi per servizio sarebbero anche vittime del dovere. Occorre che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di “particolari condizioni”, che è un concetto aggiuntivo e specifico. La nozione di “particolari condizioni ambientali o operative” che devono esistere per potersi giungere a questa figura particolarissima, è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006 nel senso che per particolari condizioni ambientali od operative, si intendono:”le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. L’esistenza od anche il sopravvenire delle circostanze straordinarie significa che queste devono esistere ed essere conosciute fin da prima, oppure possono essere sopraggiunte improvvisamente, anche inaspettate. Parlando di circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento, che però abbia comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

Bisogna, dunque, identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio che ambisca ad essere riconosciuto vittima del dovere, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

6.b. Ciò è stato escluso dalla Corte di merito che ha evidenziato la mancanza di prova del lamentato guasto che, in base alla linea difensiva delle eredi, avrebbe rappresentato la causa dell’incidente e, a riprova di tale convincimento, ha spiegato che nemmeno negli atti di controparte erano rinvenibili documenti atti a suffragare una tale ipotesi.

7. In definitiva, il ricorso principale va rigettato. Ne consegue che rimane assorbito l’esame del ricorso incidentale che è stato proposto solo in via condizionata all’eventuale accoglimento di quello principale.

La particolarità della questione trattata in relazione alla specialità della normativa di riferimento sopra menzionata induce questa Corte a ritenere interamente compensate le spese del presente giudizio tra le ricorrenti in via principale ed il controricorrente Ministero della Difesa, posto che il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato. Ricorrono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito quello incidentale condizionato. Spese compensate.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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