Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21965 del 28/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 28/10/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 28/10/2016), n.21965

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 8030-2015 proposto da:

AVIM PICCOLA SOC COOP AGRICOLA VIVAISTICA MERIDIONALE SRL, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato

BERARDINO IACOBUCCI, rappresentata e difesa dall’avvocato VITO

TOMMASO DONVITO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA B.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 513/2014 del TRIBUNALE DI PISTOIA EX SEZIONE

DISTACCATA DI PESCIA del 21/02/2014, depositata il 08/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 23 maggio 2016, la seguente relazione ex art. 380-bis c.p.c.:

“A.VI.M. srl era convenuta in giudizio con citazione del 13 gennaio 2009 dalla Azienda agricola B.M. per il pagamento di Euro 7.530,60 a titolo di corrispettivo della fornitura di piante ornamentali (ulivi in vaso).

Con sentenza depositata 1’8 maggio 2014, nella contumacia di A.VI.M., il Tribunale di Pistoia condannava la stessa al pagamento della somma indicata e alle spese del giudizio, evidenziando che la fattura e i documenti di trasporto dimostravano l’avvenuta consegna della merce e il mancato pagamento, mentre risultava che soltanto a distanza di cinque mesi dalla fornitura A.VI.M. aveva sollevato contestazioni, peraltro generiche, a fronte della quali le parti avevano trovato un accordo sulla riduzione del prezzo, come risultava dal raffronto tra l’importo di cui una fattura azionata dall’attrice e l’importo annotato sul relativo registro o fatture dell’anno (OMISSIS).

A.VI.M. plopulleva appello deducendo la nullità dell’atto di citazione, per omissione dell’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7, e conseguentemente nullità della sentenza e del giudizio di primo grado, ovvero in subordine, rimessione della causa al primo giudice, ovvero, in ulteriore subordine, chiedeva di essere ammessa a difendersi nel merito della pretesa, deducendo: a) che la merce era viziata; b) che i vizi erano stati contestati con raccomandata in data 6 maggio 2008, e invito alla controparte al ritiro della merce, previo rimborso delle spese di spedizione; c) che non era stato accettato l’accordo transattivo proposto dalla controparte.

Su tali circostanze l’appellante chiedeva di escutere un teste che indicava nominativamente, e faceva riserva di meglio articolare le prove e indicare altri testi.

La Corte d’appello di Firenze, con ordinanza letta in udienza del 4 febbraio 2015, dichiarava inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., sul rilievo che con l’atto di gravame A.VI.M. non aveva proposto domanda di risoluzione del contratto, nè di riduzione del prezzo, nè di risarcimento danni, e che, a fronte della denunciata nullità dell’atto di citazione, aveva articolato – in funzione di rinnovazione – prova testimoniale che risultava inidonea, per il contenuto, a condurre alla modifica della decisione di primo grado.

Avverso l’ordinanza di inammissibilità dell’appello A.VI.M. ha proposto ricorso per cassazione, con atto notificato il 6-24 marzo 2015. L’intimata Azienda Agricola B.M. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Preliminarmente si rileva l’inammissibilità del ricorso in esame, che ha ad oggetto l’ordinanza pronunciata dalla Corte d’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., sul presupposto della manifesta infondatezza del gravame. La conclusione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte in tema di impugnabilità dell’ordinanza-filtro, che se emessa nei casi in cui ne è consentita l’adozione – e cioè per manifesta infondatezza nel merito del gravame – non è ricorribile per cassazione, neppure ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento carente del carattere della definitività, giacchè il terzo comma dell’art. 348-ter c.p.c. consente di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado (ex plurimis, Cass., Sez. U, sentenza n. 1914 del 2016; sez. 6-2, ordinanza 19944 del 2014)”;

che la suddetta relazione è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Considerato che il Collegio non condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c.;

che, come evidenziato nella memoria depositata dalla società ricorrente, oggetto del ricorso non è l’ordinanza di inammissibilità dell’appello, come ritenuto dal giudice designato, ma la sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3;

che, pertanto, non sussistono le condizioni di evidenzia decisoria di cui all’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione della causa in sede camerale.

PQM

La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2016

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