Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21963 del 30/07/2021

Cassazione civile sez. un., 30/07/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 30/07/2021), n.21963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASSANO Margherita – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sezione –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sezione –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30393-2020 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato presso il proprio studio in

ROMA, VIA COMANO 95, rappresentato e difeso da sé medesimo

unitamente all’avvocato MAURO POLI;

– ricorrente –

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 199/2020 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 15/10/2020.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2021 dal Consigliere Dott. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale Dott. SALZANO

FRANCESCO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di

Cassazione vogliano rigettare il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con ricorso ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 36, commi 6 e 7, l’avvocato F.L. impugna avanti a queste Sezioni Unite, reclamandone la cassazione in uno con la sospensione della sua esecuzione, l’epigrafata sentenza con la quale il Consiglio Nazionale Forense, adito dal medesimo in sede disciplinare, ne ha respinto il ricorso avverso la decisione in data 15.10.2020 del CDD del Veneto che, a definizione del procedimento disciplinare aperto a suo carico in relazione ad un duplice esposto dei dipendenti SITA, per conto dei quali il F. aveva prestato la propria attività professionale in relazione alla vertenza che li aveva visti opposti al proprio datore di lavoro, gli aveva irrogato la sanzione della sospensione dell’esercizio professionale per due mesi in relazione alla violazione degli attuali art. 24, comma 1 e art. 26, comma 3 del Codice di deontologia forense approvato con Regolamento CNF 21 febbraio 2014, n. 2.

Gli illeciti in questione, per quanto qui ancora rileva, traevano pretesto, il primo, avendo agito il F. in conflitto di interessi con i propri assistiti e con altri assistiti da lui medesimamente difesi nel corso della detta vertenza in relazione all’opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento penale aperto avanti al Tribunale di Padova, non condividendo l’intenzione dei propri clienti di rinunciare ad essa; il secondo, avendo il F. depositato presso la cancelleria del Tribunale di Padova un ricorso ex art. 700 c.p.c., giudicato inammissibile, perché prodotto solo in forma di copia fotostatica.

Confermando entrambe le incolpazioni con la sentenza per cui è ricorso il CNF ha osservato, riguardo alla prima, che l’illecito era comprovato tanto dalla missiva con cui il legale aveva manifestato il proprio disaccordo rispetto all’intenzione dei clienti, quanto dalle deduzioni difensive parimenti palesanti analogo dissenso, circostanze in considerazione delle quali, chiosa il decidente, era evincibile “il venir meno del rapporto fiduciario a cui doveva seguire da parte del medesimo la rinunzia al mandato difensionale”; riguardo alla seconda, che la circostanza dedotta a discarico, secondo cui il ricorso presentato in originale era andato smarrito a causa di un disservizio di cancelleria, non era stata dimostrata né poteva rilevare alcunché il fatto che il giudice avrebbe potuto concedere un termine per sanare il vizio, trattandosi di “osservazioni”, annota ancora il decidente, “che non hanno alcun pregio in ordine all’esclusione della responsabilità disciplinare”.

Per la cassazione della decisione qui impugnata, nonché perché ne sia sospesa l’esecuzione, il F. – che pure insiste per la riunione del presente giudizio ad analogo ricorso iscritto al RG 23257/2020 si affida a tre motivi di ricorso, cui non hanno inteso replicare gli intimati.

Memoria del ricorrente ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Rilevato previamente che il ricorso riunendo è già stato definito da questa Corte con sentenza 12168/2012, con il primo motivo di ricorso il F. deduce la violazione dell’art. 331 c.p.p., poiché, ravvisandosi nei fatti consumatisi nel corso della vertenza ipotesi di reato procedibili d’ufficio, l’opposizione alla richiesta di archiviazione a suo tempo proposta in relazione al procedimento penale richiamato in narrativa era motivata da ragioni di verità e giustizia, sicché nessuna violazione di norme deontologiche si rendeva per questo configurabile nella specie.

Con il secondo motivo di ricorso il F. lamenta l’errata applicazione delle sopracitate norme del Codice deontologico poiché, contrariamente a quanto ritenuto nelle contestate decisioni di merito, emergerebbe, dal quadro probatorio sotteso alla vicenda in giudizio, che i fatti non si siano svolti come riferito dai testi escussi ed, in particolare, che non sia sussistente il preteso conflitto di interessi, dal momento che le iniziative processuali assunte nei confronti del datore di lavoro erano state coltivate nell’interesse di tutti gli assistiti, che rettamente il ricorrente non aveva dato seguito alla rinuncia all’opposizione non avendo potuto verificare l’autenticità delle sottoscrizioni apposte sul relativo documento, che la vicenda in parola era parte di una più ampia strategia posta in essere dal datore di lavoro in danno del ricorrente e, non ultimo, che la condotta di questo era giustificata dalla ricerca di verità e giustizia.

3. Entrambi i motivi, esaminabili congiuntamente stante l’unitarietà della censura che vi è racchiusa, si espongo previamente ad un rilievo di inammissibilità, postulando essi una rivalutazione del quadro fattuale della vicenda e più in dettaglio una rilettura delle risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio disciplinare all’esito del quale il giudice del gravame ha inteso di confermare l’assunto decisorio del CDD e la sanzione inflitta al F. in quella sede, attività a cui non possono dare seguito le SS.UU. qui adite attesi i limiti imposti dal legislatore al controllo di legittimità che ha ad oggetto le decisioni del CNF.

E’ al riguardo perciò appena il caso di ricordare che, essendo le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare impugnabili avanti a queste Sezioni Unite ai sensi del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 56, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traducano in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito e dunque non è consentito alle Corte di Cassazione di sindacare, sul piano del merito, le valutazioni del giudice disciplinare, se non ai fini della sua ragionevolezza e di censurare in particolare un uso del potere disciplinare da parte degli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce. (Cass., Sez. U, 31/07/2018, n. 20344; Cass., Sez. U, 2/12/2016, n. 24647; Cass., Sez. U, 4/02/2009, n. 2637).

La non scrutinabilità in fatto della decisione impugnata preclude ogni riesame delle valutazioni in tale guisa operate dal decidente di merito e sottrae dunque le censure qui declinate al chiesto vaglio cassatorio.

4. Anche il terzo motivo di ricorso, merce’ il quale si contesta la decisione impugnata laddove essa ha ritenuto di confermare anche l’incolpazione relativa all’errore procedurale commesso dal F. nel depositare presso la cancelleria del Tribunale di Padova solo in forma di copia fotostatica il ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c., in quanto il fatto risulterebbe a dire del deducente impossibile, incorre nella medesima preclusione rilevata in relazione ai primi due motivi di ricorso, poiché esso sollecita una rinnovazione dell’apprezzamento in fatto esperito in sede di merito e chiama perciò questa Corte, segnatamente auspicando il riesame della deposizione della teste B. in vista della quale dovrebbe trovare conferma la tesi che l’originale del ricorso sia stato sottratto, ad espletare un’attività ad essa inibita, competendo la valutazione delle prove unicamente al giudice del merito.

5. Il ricorso non è dunque scrutinabile e ne va perciò dichiarata l’inammissibilità con conseguente assorbimento anche dell’istanza sospensiva.

4. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.

Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile, assorbita l’istanza di sospensione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello riscosso per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezioni Unite civili, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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