Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21960 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. I, 24/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 24/10/2011), n.21960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29695/2007 proposto da:

G.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA FRANCESCO SIACCI 2-B, presso l’avvocato DE MARTINI

CORRADO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANNECHINI EGIDIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EZIO 24, presso l’avvocato PEZZANO

GIANCARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato FACCA DANIELA, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TRIESTE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 357/2007 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 18/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato C. DE MARTINI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato G. MARCHI, per delega, che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 357 depositata il 18 luglio 2007, in riforma di precedente decisione del Tribunale di Pordenone, ha rideterminato la misura dell’assegno di mantenimento che S.R. era stato condannato a versare in favore del figlio naturale A., riducendolo dall’importo di Euro 516,46, disposto dal primo giudice in aumento rispetto alla somma concordata con la madre naturale del bambino G.P. solo un anno prima dell’inizio del giudizio, a quello di Euro 232,41 e fissandone la decorrenza dall’1.1.2003.

Ha ritenuto anzitutto indimostrato il miglioramento delle condizioni economiche del S., addotto dalla G. per sostenere la variazione della misura dell’assegno stabilita nell’accordo preso col convivente sulla base delle rispettive situazioni patrimoniali.

Analogamente sfornita di prova ha ritenuto la cagionevole salute del minore, assunta dalla madre a fondamento della sua domanda e valorizzata dal Tribunale, in quanto non documentalmente suffragata da generico certificato medico che consigliava il mare. La pratica di uno sport, ritenuta dal primo giudice solo presumibile, non giustificava l’aumento disposto e peraltro rappresentava spesa straordinaria che il padre del minore si era impegnato a sostenere per la metà. Di contro ha riscontrato l’omessa valutazione del peggioramento della, condizione economica del S., seppur sostenuta da adeguato riscontro probatorio, nonchè il fatto che il predetto avesse a carico altra figlia. Quanto alla condizione economica della G., la stessa non aveva prodotto la dichiarazione dei redditi e comunque aveva provata l’apertura a suo nome di una partita IVA e l’affitto di un locale per la gestione di un bar.

Avverse la statuizione G.P. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, resistiti dall’intimato con controricorso ed ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 28 disp. att. c.p.c., e del D.M. 27 marzo 2000, n. 264, artt. 2 e 3, recante norme per la tenuta dei registri presso gli uffici giudiziari pubblicato nella G.U. n. 225/2000, nonchè dell’art. 101 c.p.c., e dell’art. 111 Cost..

Lamenta lesione del suo diritto al contraddittorio discendente dal fatto che l’udienza di prima comparizione venne celebrata innanzi all’organo d’appello il giorno 23 febbraio 2007, proveniente dal rinvio dell’originaria udienza del 18.11.2005 fissata nell’atto d’appello disposto dal giudice per l’udienza del 23 febbraio 2008, data quest’ultima riscontrata dalla consultazione del Ruolo Generale delle Cause Civili. Trattata un anno prima, la causa venne trattenuta in decisione senza possibilità per il suo difensore di partecipare all’udienza nè di costituirsi in tempo utile. Chiede con conclusivo quesito di diritto se, in caso di rinvio d’ufficio della prima udienza-^ di comparizione, l’appellato sia onerato della mera consultazione del Ruolo Generale degli Affari Civili, sì che se la data effettiva di trattazione sia precedente, il procedimento e la conclusiva sentenza siano affetti da nullità.

Il resistente replica rilevando l’infondatezza della censura.

Col secondo motivo deduce violazione dell’art. 155 c.c., ed ascrive alla Corte d’appello omessa applicazione del disposto normativo riformato alla luce della L. n. 54 del 2006, art. 1, vigente alla data della decisione, che fa riferimento alle risorse economiche e non solo reddituali dei genitori e alle attuali esigenze del figlio, nonchè ulteriore errore nell’aver considerato l’obbligo di mantenimento dell’altra figlia.

Chiede con quesito di diritto se il giudice nel determinare la misura del contributo del figlio naturale dovesse attenersi ai parametri stabiliti dall’art. 155 c.c., come modificato dalla L. n. 54 del 2006, art. 1.

Il controricorrente deduce l’infondatezza anche di questa censura.

Col terzo motivo, deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 148 c.c., premessa la ricostruzione sistematica dell’istituto, censura l’impugnata decisione nella parte in cui afferma che al momento in cui conclusero l’accordo per la determinazione dell’assegno di mantenimento del minore i genitori fossero a conoscenza delle reciproche condizioni economiche, trattandosi di dato irrilevante. Le ulteriori considerazioni svolte in ordine all’asserito peggioramento delle condizioni patrimoniali del S. sono a loro volta prive di rilievo, mentre vi è deficit di motivazione in ordine agli esborsi sostenuti dal medesimo in relazione alla figlia I..

Il primo motivo appare fondato.

Pacifica e riscontrata ex actis l’errata indicazione nel registro tenuto presso il Ruolo Generale della data del rinvio della prima udienza di trattazione innanzi al giudice d’appello, va senz’altro ribadito il principio consolidato, cui si presta condivisione (Cass. nn. 7488/1991, 13315/1999, 13163/2007), secondo cui la mera sussistenza di vizi dell’iscrizione a ruolo non incide ex se sulla regolarità del procedimento, in difetto di un’espressa sanzione, o comunque se, nondimeno, quella irregolarità risulti sanata per aver l’atto raggiunto il suo scopo. “Il limite massimo della sterilità del vizio dell’iscrizione è segnato dalla possibilità d’apprezzarlo ai sensi dell’art. 156 c.p.c.”, ed è indubbio che l’indeclinabile principio di salvaguardia del contraddittorio ne determina siffatto apprezzamento tutte le volte che la parte che non ha iscritto a ruolo la causa non sia in condizione di rintracciarla a causa di quel vizio (Cass. n. 13528/2009), che ne ha per l’effetto precluso il dispiegarsi effettivo del suo diritto di difesa. L’iscrizione a ruolo, attività tipica del cancelliere che riporta sull’apposito registro previsto dall’art. 28 disp. att. c.p.c., la presa in carico dell’affare presso l’ufficio giudiziario, seppur rappresenti un atto interno, assolvendo a siffatta funzione di documentazione destinata alla pubblica consultazione,deve però contenere i requisiti minimi indispensabili per l’esatta identificazione della causa che, secondo quanto previsto dall’art. 71 disp. att., include la data di prima comparizione innanzi al giudice. Le eventuali sue irregolarità o lacune nel contenuto minimo prescritto invalidano il conseguente procedimento, trasmettendosi ad esso ai sensi dell’art. 159 c.p.c., se precludono l’individuazione del rapporto processuale, ovvero dal momento effettivo in cui esso si esplicherà nella dialettica processuale.

La mera denuncia di un vizio dell’atto non può, pertanto, inficiare nè il procedimento nè la decisione che lo definisce, se mira ad un’astratta affermazione di principio priva di ricadute effettive e concrete sulla dinamica del rapporto processuale già sorto con la notìfica dell’atto introduttivo. Non è certo questo il senso della censura in esame, che denuncia invece il grave vulnus procurato al diritto di difesa dell’appellata, odierna. ricorrente che, a causa dell’errata indicazione contenuta nel registro di cancelleria della data del differimento d’ufficio della prima udienza di trattazione, non fu in grado di costituirsi e di spiegare in quella sede ogni opportuna difesa. Il giudizio d’appello si svolse in violazione del suo diritto al contraddittorio, dunque irregolarmente. La nullità si è estesa per l’effetto alla decisione che lo ha definito.

Il principio di diritto che occorre affermare in relazione al quesito opportunamente posto nel motivo esaminato deve essere confermato nei sensi riferiti, secondo cui il vizio dell’iscrizione della causa a ruolo, ed in particolare quello che si risolve nell’errata indicazione della data del differimento della prima udienza di comparizione, non determina ex se nullità processuale, e resta sanato se la parte destinataria della notificazione dell’atto introduttivo, onerata dell’esame diligente dei suddetti registri, ne abbia comunque avuto conoscenza. Inficia di contro l’iscrizione ed il conseguente procedimento se ha implicato violazione del diritto di difesa e del correlato principio di effettività del contraddittorio.

L’accoglimento del motivo assorbe l’indagine sulle restanti censure.

L’impugnata sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trieste che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri.

Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri datì identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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