Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2196 del 27/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.27/01/2017),  n. 2196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4906-2016 proposto da:

ILEX S.R.L, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa unitamente e

disgiuntamente dagli avvocati FRANCESCO MARCHELLO ed ASSUNTA RITA

SERAFINI giusta procura speciale allegata in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 396/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

emesso e depositato il 29/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato Assunta Rita Serafini, per la ricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con decreto depositato in data 29 ottobre 2015 e notificato in data 23 novembre 2015, la Corte d’appello di Potenza ha rigettato l’opposizione proposta da ILEX s.r.l., ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter avverso il decreto con il quale il Consigliere designato aveva negato il diritto della società all’equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Lecce – sezione lavoro nel 2003, e definito con sentenza del 2014;

che la Corte territoriale ha ribadito che il comportamento processuale della società ricorrente, di sostanziale inattività, dimostrava che il protrarsi del giudizio non era stato avvertito come pregiudizievole;

che per la cassazione del decreto ILEX srl ha proposto ricorso, sulla base di un motivo;

che il Ministero della giustizia resiste con controricorso;

che la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 2, e art. 115 c.p.c., e si contesta la valutazione del comportamento processuale assunto dalla ricorrente nel giudizio presupposto, e, in ogni caso, l’erroneità del computo effettuato dal giudice dell’equa riparazione;

che la doglianza è fondata;

che la Corte d’appello ha escluso il diritto all’equa riparazione sul rilievo che il ritardo nella definizione del giudizio presupposto fosse imputabile “anche” alla ricorrente, che non si era opposta ai rinvii richiesti dalla controparte per escutere l’unico teste, e non aveva utilizzato gli strumenti acceleratori a sua disposizione (richiesta di decadenza della controparte dalla prova, o di accompagnamento coattivo del teste);

che l’accertamento così effettuato non è conforme ai principi regolatori della materia, come enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha più volte chiarito che i ritardi dovuti alle reiterate richieste di rinvio non possono essere ascritti in toto al comportamento delle parti, rilevando gli stessi, almeno in parte, in caso di inerzia ed acquiescenza del giudice (in capo al quale sussistono tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento stesso), ai fini della valutazione del comportamento del giudice, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, (ex plurimis, Cass., sez. 1, sent. n. 15258 del 2011);

che, infatti, l’imputabilità alle parti di uno o più rinvii della causa non basta ad escludere l’indennizzabilità del conseguente ritardo nella definizione del processo là dove – e nella misura in cui – alla non ragionevole durata del giudizio abbia concorso anche l’eccessiva dilazione di tempo tra l’una e l’altra udienza, dovuta a ragioni organizzative riferibili all’amministrazione giudiziaria (ex plurimis, Cass, sez. 1, sent. n. 19943 del 2006; più di recente, Cass., 6-2, sent. n. 23743 del 2014);

che, in definitiva, a fronte di una cospicua serie di differimenti richiesti (o non opposti) e disposti dal giudice istruttore, si deve distinguere tra tempi addebitabili alle parti e tempi addebitabili allo Stato per la loro evidente irragionevolezza e, salvo che sia motivatamente evidenziata una vera e propria strategia dilatoria (nel caso di specie non rilevata dalla Corte d’appello), non può essere escluso l’indennizzo, fermo restando che la frequenza e l’assenza di giustificazione delle istanze di differimento incidono sulla valutazione del paterna indotto dalla pendenza del giudizio e quindi sulla misura dell’indennizzo da riconoscere (Cass., sez. 6-2, sent. n. 14750 del 2015);

che all’accoglimento del ricorso segue la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa sezione, per un nuovo esame della domanda di equa riparazione;

che il giudice del rinvio provvederà a regolare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Potenza, in diversa sezione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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