Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21957 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 21/09/2017, (ud. 18/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonino – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18476-2014 proposto da:

DMP SERVIZI PUBBLICITARI SRL, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEI COLLI

PORTUENSI 536, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA LUISA

REVELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

MANESCALCHI;

– ricorrente –

contro

IL FAI DA TE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO FANTI 34, presso lo

studio dell’avvocato LUCA BERNARDINI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 420/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 27/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il 25 luglio 2015. su richiesta della società D.M.P. Servizi pubblicitari S.r.l.. e a carico della società Il Fai da Te. veniva emesso decreto ingiuntivo di Euro 10.272,90 oltre interessi e spese. concernente il pagamento di una fattura. avente ad oggetto la distribuzione di volantini pubblicitari per conto del Il Fai da Te nelle provincie di (OMISSIS).

Contro questo provvedimento. proponeva opposizione la società Il Fai da Te, sostenendo l’insussistenza di un rapporto contrattuale con la società D.M.P. affermando che essa, a suo tempo, si era rivolta a “Punto a Capo” incaricandola di progettare e realizzare una campagna pubblicitaria di lancio del nuovo punto vendita di (OMISSIS) e di promozione degli altri negozi che essa aveva in (OMISSIS) e tra le prestazioni che Punto a Capo si era impegnata a svolgere vi era anche quella di curare la distribuzione, porta a porta, del catalogo promozionale. In subordine, ove il Tribunale avesse ritenuto l’esistenza di un rapporto diretto tra essa e la società D.M.P., eccepiva l’inadempimento della stessa all’obbligo di distribuire il catalogo promozionale. Chiedeva, altresì, la condanna al risarcimento dei danni subiti per l’omessa distribuzione del catalogo promozionale.

Il Tribunale, accoglieva l’opposizione per mancata prova dell’esistenza di un rapporto contrattuale tra la società D.M.P. e la società Il Fai da Te.

La Corte di appello di Genova, pronunciandosi su appello proposto dalla società D.M.P., con sentenza n. 420 del 2014, rigettava l’appello. Secondo la Corte distrettuale, gli elementi che la D.M.P. aveva allegato a prova dell’esistenza di un contratto tra essa e la società n Fai da Te sarebbero assai fragili, contraddetti da elementi di segno contrario che sarebbero emersi dagli atti di causa.

La cassazione, di questa sentenza, è stata chiesta dalla società D.M.P Servizi Pubblicitari S.r.l. con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. La società Il Fai da Te ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= La società D.M.P. Servizi Pubblicitari lamenta:

a) Con il primo motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Sostiene la ricorrente che la Corte distrettuale accertato che tra le parti non sussistesse un contratto avrebbe dovuto pronunciare sulla domanda di arricchimento senza causa e non lo avrebbe fatto.

b) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene la ricorrente che nel caso concreto ricorrevano tutti i presupposti per l’applicazione delle norme sull’arricchimento senza causa presupposti risultanti dagli atti di causa e dalla stesa sentenza impugnata.

1.1. = Entrambi i motivi che, per l’innegabile connessione che esiste tra gli stessi, vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Intanto, va esclusa la sussistenza del vizio di omessa pronuncia. Come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311/2011, Cass. n. 3756/2013).

Ora, nel caso in esame, dal complesso della sentenza impugnata emerge, con chiarezza, che il rapporto contrattuale, oggetto del giudizio, era intercorso tra D.M.P. e la società Punto e a Capo e, pertanto, la domanda della società D.M.P. andava posta correttamente nei confronti della società Punto e a Capo.

1.2. = Va, altresì, osservato che la domanda di arricchimento senza causa, di cui si dice, non poteva trovare giustificazione se il dovuto chiesto con tale domanda andava correttamente chiesto con domanda fondata su un rapporto contrattuale, direttamente alla società Punto e a Capo. A norma dell’art. 2041 c.c., chi si sia arricchito, senza una giusta causa, a danno di un’altra persona, è tenuto ad indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale nei limiti dell’arricchimento stesso ovvero a restituire in natura la cosa determinata oggetto dell’arricchimento, se questa sussiste al tempo della domanda. Come è evidente, e come sottolinea la dottrina civilistica, si tratta di una disposizione a carattere generale e residuale, i cui presupposti oggettivi sono costituiti: dall’arricchimento di un soggetto e dal conseguente impoverimento di un altro soggetto, dall’unicità del fatto causativo della locupletazione e del depauperamento, dall’assenza di una causa giustificatrice dello squilibrio patrimoniale realizzatosi, dall’inesistenza di un altro rimedio giudiziale messo a disposizione dall’ordinamento. Con l’ulteriore precisazione che l’azione di arricchimento può essere proposta in via subordinata rispetto all’azione contrattuale proposta in via principale soltanto qualora l’azione tipica dia esito negativo per carenza “ab origine” dell’azione stessa derivante da un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui il contratto dedotto in giudizio, validamente stipulato tra le parti, si sia rivelato improduttivo di effetti a causa del mancato avveramento della condizione ad esso apposta con il conseguente rigetto nel merito della domanda di adempimento proposta sulla base dell’asserito fittizio avveramento della condizione.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge, da atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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