Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21955 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. I, 24/10/2011, (ud. 01/07/2011, dep. 24/10/2011), n.21955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 32033 dell’anno 2007 proposto da:

P.A. selettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio

Cavalieri, n. 11, nello studio degli Avv. Lagostena Bassi Augusta,

Anton Giulio Lana e Mario Melillo, che la rappresentano e difendono,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.D.S.L. (detto L.) Elettivamente domiciliato

in Roma, Via Don G. Minzoni, n. 9, nello studio dell’Avv. Martuccelli

Carlo, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso n. 2325 del 2008 proposto da:

P.D.S.L. (detto L.) Come sopra rappresentato;

– ricorrente in via incidentale –

contro

P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, n. 3103,

depositata in data 11 luglio 2007;

sentita la relazione all’udienza del 1 luglio 2011 del consigliere

Dott. Pietro Campanile;

sentito l’Avv. Martuccelli per il P.d.S.;

Udite le richieste del Proc. Gen., in persona del Sost. Dott.ssa

Antonietta Carestia, la quale ha concluso per l’inammissibilità dei

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Il Tribunale di Roma, pronunciando sulla domanda di separazione personale proposta da P.A. nei confronti del marito P.d.S.L., con sentenza del 20 maggio 2004 pronunciava la separazione legale, rigettando la richiesta della ricorrente di assegnazione della casa coniugale e attribuendo alla stessa un assegno pari ad Euro 1.800,00 mensili.

1.1 -La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciando sugli appelli proposti in via principale dalla P., che ribadiva la domanda di assegnazione della casa coniugale e denunciava l’incongruità, per difetto, dell’assegno di mantenimento, nonchè, in via incidentale, dal P.d.S., che aveva chiesto la revoca, e, in subordine, la riduzione dell’assegno, confermava la decisione di primo grado, compensando le spese processuali.

1.2 – Richiamato l’orientamento secondo cui l’assegnazione della casa familiare richiede la presenza di figli minorenni o maggiorenni, purchè non autonomi, conviventi con il richiedente, e rilevata l’insussistenza di tale presupposto, si osservava che, sulla base dei redditi indicati dallo stesso ricorrente e comunque desumibili dalla dichiarazione dei redditi, della consistenza del suo patrimonio, a fronte della condizione della P., priva di attività lavorativa, ricorressero le condizioni per l’attribuzione dell’assegno di mantenimento, così come congruamente determinato nella sentenza impugnata.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione la P. propone ricorso, affidato ad unico e complesso motivo, illustrato con memoria. Resiste il P.d.S. con controricorso, parimenti illustrato da memoria, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale.

Il Collegio ha disposto la motivazione in forma semplificata della sentenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. – Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 2.1 – Con unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 156, commi 1 e 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, sostenendo che la determinazione dell’assegno sarebbe stata effettuata senza tener conto della cospicua entità del patrimonio immobiliare del coniuge e, comunque, senza fornire al riguardo adeguata motivazione con riferimento alla valutazione complessiva delle emergenze probatorie alla stregua dei parametri normativi.

2.2 – Deve preliminarmente rilevarsi come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel mese di luglio dell’anno 2007, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6, che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali per cui dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame. Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr., ex multis:

Cass. S.U. n. 20603/2007; Cass., n. 16002/2007; Cass., n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

2.3 – Il ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni, in quanto – a prescindere dalla deduzione, nell’ambito di un unico motivo, in violazione del principio di chiarezza dettato dal richiamato art. 366 bis c.p.c. (cfr. Cass., 29 ottobre 2010, n. 22205), di violazione di legge e di carenze motivazionali – la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 non si conclude con la formulazione del quesito di diritto, che contenga un’esposizione riassuntiva degli elementi di fatto, così come i riferimenti alla regola di diritto applicata dal giudice di secondo grado ed a quella diversa regola iuris che, a giudizio dei ricorrenti, avrebbe dovuto essere applicata (Cass., Sez. Un, 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., 25 luglio 2008, n. 20454).

Quanto al dedotto vizio motivazionale, manca del tutto quel momento di sintesi omologo del quesito di diritto, nel senso sopra evidenziato.

2.4 – Deve quindi procedersi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, cui consegue la declaratoria di inefficacia di quello tardivamente proposto in via incidentale, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2.

2.5 – Ricorrono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il principale, inefficace l’incidentale. Compensa interamente le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 1 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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