Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21953 del 16/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 21953 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 30143-2008 proposto da:
CELLESI MARIA ROBERTA CLLMRB41M591726H, in proprio e
nella qualità, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
F.MICHELINI TOCCI 50, presso lo studio dell’avvocato
VISCONTI CARLO, che la rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

2014
1174

ARES 2002 SPA 05425251005, elettivamente domiciliato
in ROMA,

V.LE PARIOLI

74,

presso lo

studio

dell’avvocato DI GIORGIO GIANLUCA, che lo rappresenta
e difende;

Data pubblicazione: 16/10/2014

••

– controricorrente nonchè contro

ALA 97 SPA GIÀ IMBCAP elettivamente domiciliato in
ROMA, Via MARCELLO PRESTINARI 15, pesso lo studio
dell’Avvocato FUSILLO ANTONIO;

avverso la sentenza n. 150/2008 della CORTE D’APPELLO
;

di ROMA, depositata il 15/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito l’Avvocato VISCONTI Marco, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato VISCONTI Carlo, difensore
della ricorrente che si riporta agli atti depositati;
uditi gli Avvocati DI GIORGIO Gianluca, FUSILLO
ANTONIO difensori dei rispettivi resistenti che hanno
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

– controricorrente –

Con atto di citazione notificato il 10 marzo 1997 Cellesi
Mario conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di
Roma la società Rif Gestione di Partecipazione S.p.a..
L’attore esponeva di aver posseduto in modo pacifico ed
indisturbato il piccolo appezzamento di terreno di mq.
1755 in Comune di Fiumicino, località Fregene ed in atti
specificamente individuato e chiedeva la declaratoria, nei
confronti della convenuta S.p.a., dell’intervenuto suo
acquisto per usucapione.
Costituitasi in giudizio la società convenuta eccepiva che
il terreno per cui è causa era in comproprietà con la
società ALA 97 S.p.a., contestando —nel meritol’avversa domanda e deducendone l’infondatezza, in
particolare in dipendenza del contratto di comodato a suo
tempo stipulato dall’attore con precedente proprietaria ed
attestante la mera detenzione dello stesso.
Costituitasi, a seguito di disposta integrazione del
contraddittorio, la ALA 97, sostenendo la medesime tesi
della comproprietaria, chiedeva il rigetto della domanda
attorea.
Entrambe le società evocate in giudizio chiedevano la
condanna dell’attore per lite temeraria.
Con sentenza n. 11399 del 9 dicembre 2002 l’adito
Tribunale accoglieva la domanda attorea, dichiarava —
quindi- acquisito per usucapione da Cellesi Mario il
suddetto terreno, rigettava la domanda per lite temeraria
e condannava le società convenute —in solido- al
pagamento delle spese processuali.
Avverso la succitata decisione del Tribunale di prima
istanza interponevano appello la Ares 2002 S.p.a. (nuova
denominazione sociale della sunnominata Rif) e la
IMPCAP S.p.a., successore a titolo particolare della
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CONSIDERATO in FATTO

1. Deve esaminarsi, in primo luogo, il terzo motivo del
proposto ricorso, atteso il suo carattere preliminare e
dirimente.
Col detto terzo motivo si denuncia il vizio di “violazione
e falsa applicazione degli artt. 342 c.p.c. e 2697 c.c.,
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della decisione su un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 366 bis c.p.c. parte
ricorrente richiede, ancora, la pronuncia del testuale
“seguente motivo (rectius : principio) di diritto :
deve ritenersi nullo e/o inammissibile l’atto d’appello
che non contenga un’adeguata e specifica indicazione dei
motivi di gravame. Laddove l’appellante denunci la
mancata e/o erronea valutazione delle varie risultanze

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ALA 97 S.p.a., chiedendo la riforma del’impugnata
decisione.
Resisteva al proposto gravame Cellesi Maria Roberta,
quale erede di Cellesi Mario, nonché di Cinaglia Tosca
anch’essa a sua volta erede del primo, chiedendo il
rigetto del proposto appello.
Con sentenza n. 150/2008 l’adita Corte di Appello di
Roma, in riforma dell’impugnata sentenza di primo
grado, rigettava la domanda a suo tempo proposta da
Cellesi Mario, condannando Cellesi Maria Roberta in
proprio e nell’anzidetta qualità di erede al pagamento, in
favore delle parti appellanti, delle spese del doppio grado
di giudizio.
Ricorre a questa Corte, per la cassazione della suddetta
decisione, Cellesi Maria Roberta, con atto fondato su
quattro ordini di motivi.
Resiste con controricorso la società ARES 2002 S.p.a..
RITENUTO in DIRITTO

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istruttorie, è tenuto ad individuare ed indicare
concretamente gli specifici mezzi di prova (documenti o
deposizioni testimoniali) asseritamente ignorati dal
primo giudice”.
Il motivo è infondato.
L’atto di appello a suo tempo proposto (e basato su tre
motivi) non riveste affatto caratteri tali da renderlo nullo
e/o inammissibile (con conseguente nullità della data
pronuncia di secondo grado).
In ogni caso, poi, il motivo di ricorso ora in esame risulta
inammissibilmente addurre un vizio per motivazione
simultaneamente “omessa, insufficiente e
contraddittoria”.
Il motivo deve, quindi, essere rigettato.
2.- Proseguendo, secondo l’ordine, nella disamina dei
motivi del ricorso, va evidenziato che con il primo
motivo dello stesso si censura il vizio di “violazione e
falsa applicazione degli artt. 112, 115, 132, 277, 352 e
359 c.p.c., error in procedendo nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione della
decisione su un punto decisivo della controversia in
relazione all’art. 360 nn. 3,4 e 5 c.p.c.”.
L’allegato motivo è assistito dalla formulazione del solo
seguente testuale quesito (definito “motivo” dalla parte) :
“nell’esaminare un’impugnazione proposta, il Giudice
d’appello è tenuto a valutare ed esaminare nella sua
interezza la decisione resa dal primo Giudice, di cui è
tenuto a dare conto nella propria motivazione;
nell’assumere la propria decisione, il Giudice di merito
non può accogliere l’eccezione sollevata da una parte
sulla base di un argomento contrario a quello da essa
sostenuto, invocando la sussistenza di una circostanza di
fatto da essa stessa espressamente negata ;

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incorre, pertanto, in un error in procedendo il Giudice
d’appello che accolga l’impugnazione sulla base di
un’inesatta ed erronea interpretazione della sentenza di
primo grado e delle argomentazioni sostenute dalle
parti”.
Il motivo è incongruente e, comunque, infondato.
La sua prospettazione , peraltro contrassegnata da
evidente profilo di “perplessità”, è carente —in ogni casodel necessario prescritto momento di sintesi ed appare
del tutto generica ed ipotetica.
Quanto alla prospettata violazione del n. 5 dell’art. 360
c.p.c. deve rilevarsi che, oltre alla detta mancanza del
momento di sintesi, l’allegazione del vizio per
motivazione simultaneamente “omessa ed insufficiente”
è una contraddizione logicamente insuperabile che
conferma, nel suo complesso, l’inammissibilità del
medesimo motivo in esame.
In proposito non può che rinviarsi al noto e consolidato
principio che questa Corte ha già avuto modo di
affermare, secondo cui “il motivo di ricorso con cui —ai
sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. così come modificato
dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40- si denuncia
l’omessa motivazione, formulato congiuntamente con la
denunzia di motivazione insufficiente o contraddittoria, è
affetto da insanabile contrasto logico, non potendo il
primo di tali vizi coesistere con gli altri, in quanto come
desumibile dalla formulazione alternativa e non
congiuntiva delle ipotesi in questione contemplate
nell’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c., una motivazione
mancante non può essere insufficiente o contraddittoria,
mentre l’insufficienza o la contraddittorietà
presuppongono che una motivazione, della quale appunto
ci si duole, risulti comunque formulata” ( Cass. civ.,
sez.II, 26 gennaio 2004, n. 1317).

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Il motivo deve, quindi, essere rigettato.
3.- Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta la
“violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 359
c.p.c, 1803 e ss., 2697 e ss. c.c., nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia in relazione all’art. 360 nn. 3
e 5 c.p.c.”.
“Ai sensi e per gli effetti dell’art. 366 bis c.p.c.” parte
ricorrente chiede a questa Corte “pronunciare il seguente
motivo (rectius principio) di diritto :
ai fini della ripartizione dell’onere della prova, qualora il
convenuto, per resistere ad una domanda di accertamento
dell’acquisto della proprietà per usucapione, anziché
limitarsi a contestare genericamente l’assunto dell’attore,
deduca la sussistenza di un contratto di comodato,..Ln
base al quale sarebbe stato concesso il godimento di un
terreno, è tenuto a fornirne la concreta dimostrazione.
A tal fine, il giudice di merito è tenuto ad esaminare e
valutare tutte le prove acquisite al processo,
controllandone l’attendibilità e la concludenza, nel
rispetto della correttezza giuridica e della coerenza
logico-formale, nonché a valutare il comportamento
processuale ed extra-processuale delle parti”.
Il motivo in esame, oltre a non sottrarsi alla medesima
osservazione già innanzi formulata in ordine alla
contraddittoria prospettazione di motivazione al tempo
stessa omessa ed insufficiente, presenta un ulteriore
elemento per cui non può essere accolto.
Lo stesso tende, infatti incongruamente, ad un riesame,
inammissibile in questa sede, delle prove già
correttamente valutate dal giudice del merito.
Al riguardo deve rammentarsi che “il vizio di omessa o
insufficiente motivazione, deducibile in sede di
legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel

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ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile in mancato o deficiente esame
di punti decisivi della controversia, e non può invece
consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in
senso difforme da quello preteso dalla parte perché la
citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il
potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma
solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale
e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta
individuare le fonti del proprio convincimento, e,
all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e
la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie,
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione”
(Cass. SS.UU. 11 giugno 1998, n. 5802).
Peraltro “è inammissibile il motivo di ricorso per
cassazione con il quale la sentenza impugnata venga
censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360
n. 5 c.p.c., qualora esso intenda far valere la rispondenza
della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al
diverso convincimento soggettivo della parte e,in
particolare, prospetti un preteso, migliore e più
appagante coordinamento dei fatti acquisiti, atteso che
tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di
discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e
dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del
percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai
sensi della disposizione citata.
In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si
risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione
delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di
merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di
una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,
in favore di ciascuna delle società contro ricorrenti, delle
spese del giudizio, determinate in € 4.200,00, di cui €
200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori
come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il

finalità del giudizio di cassazione” ( Cass. civ., 26 marzo
2010, n. 7394).
Il motivo deve, quindi, essere rigettato.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si censura il vizio di
“violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 359
c.p.c., 1141, 1158 e ss., 1164, 2697 e ss. e 2944 c.c.,
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della decisione su un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”.
Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. parte ricorrente chiede
ulteriormente la pronunzia del motivo (rectius :
principio) di diritto esposto in atto.
Il motivo deve essere rigettato in ragione delle medesime
argomentazioni innanzi già svolte sub 3..
5.- Il ricorso va, pertanto, rigettato.
6.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si
determinano così come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte

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