Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21951 del 02/09/2019

Cassazione civile sez. II, 02/09/2019, (ud. 06/05/2019, dep. 02/09/2019), n.21951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo President – –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24725/2015 proposto da:

M.A., rappresentato e difeso dall’avvocato COSIMO LUIGI

BRUNO;

– ricorrente –

contro

S.G., MO.GU., rappresentati e difesi

dall’avvocato MONICA COLELLA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 374/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 25/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato COSIMO LUIGI BRUNO, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GLORIA GEMMA, con delega orale dell’avvocato MONICA

COLELLA difensore dei controricorrenti, che si riporta agli atti

depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.A. propone ricorso per cassazione contro Mo.Gu. e S.G., in proprio e quali soci illimitatamente responsabili della So.Co immobiliare snc di Gu.Mo. & C., che resistono con controricorso e successiva memoria fuori termine in prossimità della adunanza camerale del 22.2.2019, avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 374/2015 che, in accoglimento dell’appello di questi ultimi ed in riforma della impugnata sentenza, ha rigettato la sua domanda, condannandolo alle spese del doppio grado.

La causa, introdotta dal M. sul presupposto che aveva stipulato un preliminare per l’acquisto di un immobile per il prezzo di Lire 145.000.000 di cui 45.000 versate al compromesso ed il resto da versare al momento del rogito in contanti ovvero mediante accollo di mutuo e che era stato costretto a versare alla Banca Euro 23.815.750 per rate insolute ed interessi di mora, aveva registrato la resistenza dei convenuti circa l’esistenza di un contratto definitivo in cui il prezzo era stabilito in Lire 110.000 dandosi atto che per Lire 100.000.000 l’acquirente si accollava la parte di mutuo per intero sino alla totale estinzione.

Il Tribunale aveva accolto la domanda ritenendo che il contratto definitivo non potesse comportare a carico dell’acquirente l’assunzione di maggiori oneri non previsti nè convenuti mentre la Corte di appello, qualificata la fattispecie come accollo esterno cumulativo, ha ritenuto che il pagamento rientrasse nell’obbligazione assunta.

Il contratto definitivo costituisce l’unica fonte di diritti ed obbligazioni ma in entrambi gli atti (preliminare e definitivo) era stabilito, quale modalità di pagamento del saldo del prezzo, pari a lire 100 milioni, l’accollo del mutuo gravante sull’unità immobiliare oggetto della vendita.

All’adunanza camerale del 22.2.2019 la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia: 1) violazione dell’art. 345 c.p.c., perchè il primo giudice era stato chiamato a rispondere della declaratoria di simulazione del contratto definitivo relativamente al prezzo mentre in appello si chiedeva di accertare che il M. non aveva diritto al regresso; 2) violazione degli artt. 1268 e 1273 c.c., in relazione al rogito parzialmente riportato.

Ciò premesso, osserva questa Corte Suprema:

Il primo motivo, a prescindere dalle contestazioni dei controricorrenti circa la rinunzia nel corso del giudizio di primo grado alla domanda di simulazione ed alla assenza di eccezioni dell’appellato in sede di costituzione in secondo grado, trascura che, in ogni caso, rispetto alle difese di primo grado, sorgeva il diritto dei soccombenti di impugnare la prima decisione, tanto più che il ricorrente, a pagina tre, nella esposizione del fatto, riconosce che controparte aveva contestato quanto asserito nell’atto introduttivo.

Le tesi svolte in appello non modificavano l’originaria contestazione alle pretese attoree.

Non si trattava di domanda nuova perchè in primo grado si era discusso di accollo e la riconvenzionale di simulazione era stata oggetto di espressa rinunzia.

Sul secondo motivo è utile ricordare che la giurisprudenza prevalente ritiene che il contratto definitivo costituisca l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti (Cass. 5.6.2012 n. 9063, Cass. n. 15585/2007, Cass. n. 233/2007, Cass. n. 2824/2003), a differenza di parte della dottrina che, in virtù della teoria procedimentale, ritiene utile la valutazione del collegamento funzionale tra preliminare e definitivo.

Il contenuto dell’atto pubblico prevale sul preliminare ma quest’ultimo può in astratto essere utilizzato per indagare sulla comune intenzione delle parti.

L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito che sfugge al sindacato di legittimità se sufficientemente motivato (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04n. 753).

Anche una scrittura che abbia preceduto l’accordo può essere utilizzata per indagare la comune intenzione delle parti (Cass. n. 5283/83).

Nella specie, la sentenza ha qualificato l’accollo come cumulativo esterno in base all’atto pubblico.

La motivazione della sentenza che ha ricostruito la vicenda non regge, tuttavia, alle critiche del ricorrente.

L’accollo obbliga nei limiti in cui è stato assunto il debito (art. 1273 c.c., u.c.) ed il debito del venditore era stato assunto come modalità di pagamento del prezzo residuo dell’immobile.

Il terzo accollante aveva diritto a ripetere quanto pagato in più (indebito).

Nessuna parola la sentenza spende al riguardo in ordine alla circostanza che l’accollo del mutuo riguardava l’importo di Euro 100.000 indicato come residuo prezzo sia nel preliminare che nel definitivo.

Peraltro, una diversa soluzione in ordine alla interpretazione della clausola di accollo porterebbe a conseguenze aberranti e contro il principio della interpretazione di buona fede perchè il compratore verrebbe alla fine a pagare un prezzo non concordato e di gran lunga superiore.

Donde il rigetto del primo motivo e l’accoglimento del secondo, con cassazione e rinvio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2019

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