Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21950 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/09/2017, (ud. 11/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18864/2016 proposto da:

S.M., S.S.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato AURORA GRASSI;

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO SPECIALE PER LA BONIFICA ARNEO, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANNA RITA

PERRONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 19/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/05/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza resa in data 19/1/2016, la Corte d’appello di Lecce ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da S.S.M., S.M. e C.R., per la condanna del Consorzio Speciale per la Bonifica Arneo al risarcimento dei danni subiti dai fondi agricoli di proprietà degli attori a seguito dell’esondazione del canale consortile “(OMISSIS)”, determinatasi per effetto dell’omessa manutenzione dei suoi argini e della presenza, lungo il suo corso, di materiali estranei e di un manufatto in cemento;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la mancata dimostrazione, da parte degli attori, del nesso di causalità tra i danni lamentati dagli attori e l’intrinseca pericolosità della cosa di proprietà consortile (ai sensi dell’art. 2051 c.c.), essendo detti danni piuttosto derivati dal caso fortuito costituito dalle straordinarie condizioni atmosferiche ch’ebbero a determinare l’irregolare deflusso delle acque e le conseguenti esondazioni denunciate;

che, avverso la sentenza d’appello, S.S.M. e S.M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo di impugnazione;

che il Consorzio Speciale per la Bonifica Arneo resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti non hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’impugnazione proposta, i ricorrenti censurano la sentenza d’appello per violazione dell’art. 2051 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), avendo la corte territoriale erroneamente escluso il nesso di causalità tra il cattivo funzionamento del canale affidato alla manutenzione del consorzio resistente e i danni denunciati da essi ricorrenti, sulla base di una motivazione totalmente illogica e del tutto infedele rispetto alle risultanze di causa;

che la censura è inammissibile;

che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate, i ricorrenti si siano sostanzialmente spinti a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;

che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, i ricorrenti risultano aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica avanzata, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente il S.S. e la S. nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, quanto al profilo del denunciato vizio di motivazione, i ricorrenti risultano essersi spinti a delineare i tratti di un vaglio di legittimità esteso al riscontro di pretesi difetti o insufficienze motivazionali (nella prospettiva dell’errata interpretazione o configurazione del valore rappresentativo degli elementi di prova esaminati) sollecitando l’esercizio di prerogative estranee alla competenza della Corte di Cassazione;

che, sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore del Consorzio controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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