Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21949 del 02/09/2019

Cassazione civile sez. II, 02/09/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 02/09/2019), n.21949

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14400/2015 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA

CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato RENATO CLARIZIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE FATTORI;

– ricorrente –

contro

M.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 941/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/04/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con atto di citazione del 2/5/2007 B.S. conveniva in giudizio la madre M.E.: essendo proprietario di un appartamento sito in (OMISSIS), a lui pervenuto per atto di divisione ereditaria, gravato del diritto di usufrutto per 1/3 in favore della madre, egli aveva per lungo tempo usufruito dell’appartamento quando, nel 2006, la madre lo aveva interamente occupato e, cambiando la serratura della porta di accesso, gliene aveva impedito l’utilizzo; chiedeva quindi al Tribunale di Ancona di accertare il suo diritto di proprietà e di usufrutto per 2/3 dell’appartamento e di conseguenza di ordinare alla convenuta di consentirgli di utilizzarlo in misura proporzionale al suo diritto di usufrutto, con condanna della stessa al pagamento di un’indennità per l’occupazione abusiva. Costituendosi in giudizio, M.E. proponeva a sua volta domanda riconvenzionale, chiedendo che venisse dichiarata l’estinzione per non uso del diritto di usufrutto in capo all’attore. Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 271/2009, respingeva la domanda dell’attore per assoluta incertezza della causa petendi e degli elementi di diritto su cui essa si fondava, essendo incerta la natura petitoria o possessoria dell’azione fatta valere, e dichiarava assorbita la domanda riconvenzionale della convenuta.

2. Contro tale sentenza proponeva appello B.S., lamentando l’erronea valutazione del Tribunale in relazione all’incertezza dell’azione da lui intrapresa. La Corte di appello di Ancona – con sentenza 24 novembre 2014, n. 941 – riformava la sentenza impugnata, ritenendo che dal tenore dell’atto di citazione “è evidente che l’attore ha agito in rivendica, chiedendo la tutela del diritto reale di usufrutto” da egli vantato sull’appartamento; passando ad esaminare il merito della domanda, la rigettava, in quanto il diritto di abitazione, spettante al coniuge superstite ex art. 540 c.c., prevale sui diritti spettanti agli altri eredi, che non possono avanzare domanda di godimento, sia pure parziario, della casa familiare, così che va “ritenuto legittimo l’esercizio dello ius excludendi alios da parte della Magli”.

3. Avverso la sentenza ricorre per cassazione B.S..

L’intimata M.E. non ha proposto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo lamenta “nullità della decisione per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. (principio della domanda), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, erronea valutazione delle eccezioni della convenuta-appellata, vizio di ultrapetizione; inapplicabilità dell’art. 540 c.c.”: la Corte d’appello, riconoscendo in capo a M.E. il diritto di abitazione ai sensi dell’art. 540 c.c., avrebbe violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto la sussistenza del diritto di abitazione non sarebbe stata eccepita dalla convenuta; in ogni caso, prosegue il ricorrente, la disposizione di cui all’art. 540 c.c., introdotta dalla L. n. 151 del 1975, non può trovare applicazione nel caso di specie, essendo entrata in vigore dopo l’apertura della successione (essendo il de cuius deceduto in data 15 maggio 1975).

Il motivo – infondato laddove lamenta la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (spetta in ogni caso al giudice il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti alla base delle domande ed eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili – è fondato laddove contesta l’applicazione dell’art. 540 c.c., comma 2. L’articolo è infatti stato riscritto dall’art. 176 della legge di riforma del diritto di famiglia n. 151/1975, che ha per la prima volta riconosciuto al coniuge superstite i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, riscrittura che si applica – secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 1584/1981) – alle successioni apertesi dopo la sua entrata in vigore (ossia posteriori al 20 settembre 1975).

Nel caso in esame, pertanto, ove la successione si è aperta il 15 maggio 1975 (fatto che non risulta controverso, cfr. le pp. 2 e 15 del ricorso) trova applicazione la precedente disciplina che, al medesimo art. 540, disponeva a favore del coniuge il mero usufrutto del patrimonio dell’altro coniuge, secondo le quote stabilite dallo stesso articolo e, per i casi di concorso, dai successivi artt. 542,543,544,546 c.c..

b) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo, che denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c., in relazione all’art. 1022 c.c. e del terzo motivo, che fa valere violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per non avere la Corte di appello “quantomeno” compensato le spese di giudizio.

II. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata al giudice d’appello che la deciderà alla luce del principio di diritto sopra ricordato; il giudice di rinvio deciderà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2019

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