Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21948 del 28/10/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 21948 Anno 2015
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: GIUSTI ALBERTO

Data pubblicazione: 28/10/2015

SENTENZA

sul ricorso 11589-2015 proposto da:
CARBONE NICOLA, rappresentato e difeso da sé medesimo
2015

unitamente all’Avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI, presso

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il cui studio in ROMA, VIA PANAMA 74, è elettivamente
domiciliato;
– ricorrente
contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI

DI

SIENA,

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 56/2015 del CONSIGLIO NAZIONALE

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/10/2015 dal Consigliere Dott. ALBERTO
GIUSTI;
udito l’Avvocato GIULIO RAFFAELE IPPOLITO per delega
dell’Avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per raccoglimento, per
quanto di ragione, del primo motivo del ricorso,
rigettati gli altri.

FORENSE, depositata il 14/03/2015.

Ritenuto in fatto
1. – Il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Siena – a seguito di segna!azioni ricevute dalla cancelleria civile dell’Ufficio esecuzioni del locale
Tribunale, che lamentava l’intasamento dell’Ufficio a causa di una smisurata mole di procedimenti di pignoramento presso terzi ad opera di
legali campani che agivano nei confronti della ASL 2 Salerno e della

plinare nei confronti, tra l’altro, dell’Avv. Nicola Carbone, a carico del
quale formulava l’addebito di violazione dell’art. 49 del codice deontologico, per avere “aggravato la situazione debitoria della ASL 2 Salerno
assumendo plurime iniziative giudiziali nella procedura esecutiva
369/2009 R.G.E. (Tucci Vincenzd/ASL 2 Salerno/Banca Monte dei Paschi di Siena), nei procedimenti di pignoramento presso il Tribunale di
Siena nei confronti del terzo Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.
senza che ricorressero effettive ragioni di tutela della parte assistita e
consistite nel (A) richiedere per conto del medesimo cliente una pluralità di ingiunzioni per ragioni creditorie in tutto analoghe fra loro, riferite
a crediti maturati in un ristretto lasso di tempo; […] (C) procedere per
conto dello stesso cliente a plurimi atti di intervento per fatture autenticate emesse in arco temporale ristrettissimo ovvero per decreti ingiuntivi ottenuti contestualmente o in breve arco temporale, ottenendo per
ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali”.
2. – Con decisione del 9 dicembre 2010, depositata il 23 dicembre
2010, il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Siena riconosceva la responsabilità dell’Avv. Carbone e gli irrogava la sanzione disciplinare della sospensione per due mesi dall’esercizio della professione.
2.1. – Rilevava il Consiglio dell’ordine che l’Avv. Carbone aveva richiesto per il proprio cliente quattro contestuali decreti ingiuntivi per i mesi
da settembre a dicembre del 2006 e tre contestuali decreti ingiuntivi
per i mancati pagamenti delle mensilità da marzo a maggio del 2007,
titoli, tutti, in danno della ASL 2 di Salerno; e che l’istruttoria aveva altresì evidenziato la proposizione, nella stessa data del 4 aprile 2008, di

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Banca MPS nella qualità di terzo tesoriere – apriva procedimento disci-

otto atti di intervento in favore del medesimo cliente dott. Vincenzo
Tucci per la sorte capitale delle ingiunzioni, di tre atti di intervento per
il recupero delle spese riconosciute in distrazione nonché di quattro atti
di intervento per altro creditore (Analisi Cliniche Manzo s.r.I.) e di sei
atti di intervento per lo Studio Radiologia dott. Mattia Carbone, il tutto
in procedura esecutiva a carico della medesima ASL.

uno strumentale utilizzo delle procedure, moltiplicate senza plausibili
ragioni giustificative, laddove la proposizione di un unico ricorso per ingiunzione in luogo di quelli depositati in pari data e di un unico atto di
intervento per crediti adeguatamente raggruppati senza pervenire a liquidazioni di spese frammentate e, per l’effetto, aumentate, non avrebbe in alcun modo compromesso le aspettative dei clienti che si sono rivolti all’Avv. Carbone.
3. — Con sentenza depositata il 14 marzo 2015, il Consiglio nazionale
forense ha accolto parzialmente il ricorso nei limiti di cui in motivazione
e, in riforma della decisione gravata, ha ridotto la sanzione alla censura.
Il CNF ha escluso la denunciata incoerenza tra i fatti oggetto della incolpazione e quelli posti a fondamento della decisione.
Ha affermato, respingendo l’eccezione di nullità dei procedimento disciplinare per eccesso di potere e violazione del diritto di difesa, che
l’attività preistruttoria posta in essere dal Consiglio non era in realtà rivolta nei confronti della posizione dell’Avv. Carbone ma aveva riguardato verifiche a campione nella cancelleria del Tribunale di Siena, indirizzate ad appurare la veridicità di numerose segnalazioni ricevute sulla
moltiplicazione delle procedure esecutive; e che in ogni caso l’arco
temporale tra l’effettuazione delle suddette verifiche e la notifica
dell’apertura del procedimento disciplinare era stato di appena due mesi (maggio-luglio 2008).
L’Organo giurisdizionale ha ricordato che il Consiglio dell’ordine gode _.,,,——- {2
della più ampia discrezionalità in ordine all’introduzione dei mezzi i-

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In questo comportamento il Consiglio dell’ordine ha ritenuto ravvisabile

struttori nel procedimento, sicché non è censurabile né determina la
nullità della decisione l’omessa audizione dei testi indicati allorquando il
Consiglio ritenga le testimonianze del tutto irrilevanti ai fini del decidere, per essere il Collegio già in possesso degli elementi sufficienti a determinare l’accertamento completo dei fatti da giudicare attraverso la
valutazione delle risultanze acquisite.

della mancata astensione dell’organo disciplinare, rilevando che nel
procedimento disciplinare, in difetto di rituale istanza di ricusazione, la
violazione dell’obbligo di astensione non si converte in un motivo di nullità della decisione e non può essere dedotto come motivo di impugnazione.
Quanto al merito della decisione impugnata, il CNF ha in primo luogo
assolto l’Avv. Carbone dall’incolpazione sub A), rilevando che le procedure monitorie erano state azionate nell’esclusivo interesse dei clienti,
rimanendo in disparte la finalità sanzionata dall’art. 49 del codice deontologico di non aggravare la situazione debitoria della controparte. A tale riguardo, il giudice disciplinare ha rilevato: che sussistevano nella
fattispecie effettive ragioni di tutela delle parti assistite, rappresentate
dalla periodicità dei pagamenti dovuti dall’Ente e dalla necessità per i
clienti farmacisti o medici in convenzione di far fronte alle spese per erogare il servizio agli utenti; che le scadenze temporali degli obblighi di
pagamento indubbiamente rendevano non solo improcrastinabile l’avvio
delle procedure monitorie ma anche trasparenti le singole iniziative in
funzione delle successive azioni esecutive; che sul piano deontologico
non può ritenersi scorretta la pratica adottata dal ricorrente, in quanto
rispondente a finalità immediate di recupero del credito nell’interesse
esclusivo del cliente. In sostanza, “dagli atti del processo e dalle motivazioni offerte dal ricorrente, la proposizione di distinti decreti ingiuntivi
si manifestava, diversamente da quanto ritenuto dal COA, quale diretta
ed immediata conseguenza della razionale esigenza di recupero dei
crediti”.

– 5

Il CNF ha poi escluso la dedotta nullità della decisione gravata a causa

Diversa è stata la conclusione cui è pervenuto il CNF in relazione alla
contestazione sub (C), concernente “la redazione ed il deposito di plurimi atti di intervento”. Qui infatti non vi erano ragioni di urgenza o di
interesse esclusivo della parte da proteggere senza che gli interventi
fossero riuniti per gli effetti di cui all’art. 499 cod. proc. civ.; la riunione
degli atti di intervento, infatti, avrebbe comportato un’unica liquidazio-

debitore, alla cui tutela è informato il precetto del citato art. 49.
Infine, il ridimensionamento della sanzione irrogata dal COA è stato
motivato con raccoglimento parziale del ricorso ed il proscioglimento
dal capo di incolpazione sub (A).
4. – Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense
l’Avv. Carbone ha proposto ricorso, con atto notificato il 13 e il 14
maggio 2015, sulla base di cinque motivi.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità
dell’udienza.

Considerato in diritto
1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. eiv., violazione del diritto di difesa,
violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost.; violazione e
falsa applicazione degli artt. 45 del regio decreto-legge 27 novembre
1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio

ne delle spese processuali e non avrebbe aggravato la posizione del

1934, n. 36, e 48 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, con riguardo alla eccepita nullità della decisione del COA per non corrispondenza
tra i fatti oggetto di imputazione e i fatti utilizzati per la decisione. Censura altresì la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. con riguardo all’omesso esame delle prove documentali agli atti dei due gradi
di giudizio. Deduce il ricorrente che i fatti oggetto di incolpazione riguardavano la violazione dell’art. 49 del codice deontologico in relazione alle plurime iniziative giudiziali nella procedura esecutiva 369/2008
RGE (Tucci Vincenzo c. ASL 2 Salerno /Monte dei Paschi di Siena
-6-

0A,

mentre la decisione del Consiglio territoriale dell’ordine ha riguardato
fatti diversi da quelli contestati, concernenti la diversa procedura esecutiva RGE 374/2008, sui quali non si è mai aperto alcun contraddittorio né vi è stata alcuna contestazione. Oltre a detta diversità tra fatti
addebitati e fatti ritenuti in sentenza vi sarebbe genericità dei fatti contestati, avendo “il ricorrente moltissimi giudizi di esecuzione pendenti

dere posizione su quale di quelli era effettivamente da ritenersi compreso nel capo di imputazione, con la conseguenza che i fatti ivi espressamente non contemplati non potevano essere oggetto di giudizio, pena la non corrispondenza tra incolpazione e decisum”. Tutto ciò sarebbe
sfuggito alla decisione del CNF, censurata dal ricorrente (v. pag. 20)
anche sotto il profilo dell’eccesso di potere e del vizio di motivazione.
1.1. – Il motivo è infondato.
Deve innanzitutto essere escluso che il Consiglio dell’ordine abbia emesso una decisione a sorpresa, così ponendo a base della decisione
con cui è stata dichiarata la responsabilità disciplinare dell’Avv. Carbone
per la redazione ed il deposito di plurimi atti d’intervento un’ipotesi di
illecito disciplinare ulteriore rispetto a quella originariamente contestata.
Infatti, la sentenza del CNF si dà cura di precisare, con congrua e logica
motivazione, che all’Avv. Carbone era stato contestato di avere determinato un aggravamento della posizione debitoria della ASL 2 Salerno
assumendo, senza che ricorressero effettive ragioni di tutela della parte
assistita, plurime iniziative giudiziali, non solo “nella procedura esecutiva 369/2008 RGE (Tucci Vincenzo c/ ASL 2 Salerno/ Banca Monte dei
Paschi di Siena)”, ma anche “nei procedimenti di pignoramento presso
il Tribunale di Siena nei confronti dei terzo Banca Monte dei Paschi di
Siena s.p.a.”.
Su questa base, correttamente il CNF ha escluso che la contestazione
disciplinare facesse riferimento soltanto a condotte riconducibili alla
procedura esecutiva n. 369/2009 RGE.

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dinanzi al Tribunale di Siena e non potendo quindi correttamente pren-

In ordine, poi, alla censura di indeterminatezza nella formulazione del
capo di incolpazione, occorre ricordare che nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense, la contestazione degli
addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l’illecito, essendo, invece, sufficiente che
l’incolpato, con la lettura dell’imputazione, sia posto in grado di appron-

to per fatti diversi da quelli ascrittigli (SU 19 ottobre 2011, n. 21585;
SU 18 novembre 2013, n. 25795).
A questo principio si è attenuta la sentenza impugnata, la quale con
adeguata argomentazione è giunta alla conclusione che il thema decidendum comprendeva sin dalla formulazione dei capo di incolpazione
proprio quelle condotte rispetto alle quali il ricorrente aveva dedotto il
contrasto tra fatto contestato e decisione. Si tratta di conclusione che
trova riscontro nella lettura del capo di incolpazione contenuto nell’atto
di citazione a giudizio, il quale indica con precisione che la contestazione disciplinare si riferisce alla violazione dell’art. 49 del codice deontologico e ha ad oggetto l’aggravamento della situazione debitoria della
ASL 2 Salerno, “nei procedimenti di pignoramento presso il Tribunale di
Siena nei confronti del terzo Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.”,
aggravamento realizzatosi attraverso condotte consistite, tra l’altro, nel
“procedere per conto dello stesso cliente a plurimi atti di intervento per
fatture autenticate emesse in un arco temporale ristrettissimo, ovvero
per decreti ingiuntivi emessi contestualmente o in un breve arco temporale, ottenendo per ciascuno di essi la liquidazione delle spese consequenziali”. Deve pertanto escludersi la denunciata incertezza, essendo chiaramente conoscibile, per l’incolpato, l’addebito oggetto di contestazione, formulato con menzione circostanziata dei fatti integranti
l’illecito, non essendo certo richiesto che la contestazione disciplinare
contenesse anche il numero di iscrizione a ruolo dei procedimento esecutivo o dei procedimenti esecutivi nei quali le esposte condotte sono
state poste in essere.

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tare la propria difesa in modo efficace, senza rischi di essere condanna-

Né può accogliersi la censura – formulata anche sotto il profilo
dell’eccesso di potere e del vizio di motivazione – secondo cui il CNF
non avrebbe tenuto conto che dalla deposizione del giudice
dell’esecuzione e dalla documentazione agli atti dei procedimento emergeva che i plurimi atti di intervento erano giustificati, ai sensi
dell’art. 49 del codice deontologico. Il CNF ha infatti rilevato – alla luce

delle risultanze processuali – che la proposizione di plurimi atti di intervento non ha corrisposto ad effettive ragioni di tutela della parte assistita e si è risolta in un aggravamento della situazione debitoria della
controparte. La doglianza si risolve nella sollecitazione ad una diversa
lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite
dal CNF, muovendo così all’impugnata sentenza censure che non possono trovare ingresso in questa sede.
D’altra parte, il vizio di motivazione non costituisce più ragione cassatoria a seguito della riformulazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., disposta con l’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Disposizione,
quest’ultima, in forza della quale è deducibile per cassazione esclusivamente l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti», e che deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi,
come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione
in sede di giudizio di legittimità. Sicché l’anomalia motivazione denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di
legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal
confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di

N

alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di
motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “je otivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (sul punto, da
ultimo, Sez. Un., 20 ottobre 2015, n. 21216). Vizi, questi, che non sono
riscontrabili nella decisione impugnata.

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,*

2. – Il secondo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.
47 e 48 del regio decreto n. 37 del 1934 in relazione all’eccepito vizio
del procedimento amministrativo per mancata tempestiva comunicazione dell’apertura all’interessato, illegittima attività di indagine non autorizzata, violazione del diritto di difesa, violazione del d.lgs. 30 giugno
2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), viola-

in relazione all’art. 45 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, in riferimento alla mancata regolare instaurazione del contraddittorio e
all’omessa audizione dell’incolpato. Ad avviso del ricorrente, il CNF non
avrebbe considerato che vi è stata, da parte del Consiglio dell’ordine,
un’attività di accertamento e di indagine nei confronti dell’Avv. Carbone
ben prima della comunicazione obbligatoria prevista dall’art. 47 del regio decreto n. 37 del 1934. Ulteriore violazione di legge discenderebbe
dalla circostanza che la citazione dell’incolpato è avvenuta con atto del
31 marzo 2009 notificato ai difensori il 15 aprile 2009 e all’Avv. Carbone il 17 aprile 2009 per l’udienza del 21 aprile 2009, e ciò in violazione
del termine minimo di dieci giorni previsto dall’art. 45 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933; e che, a fronte della sollevata eccezione, il
COA si è limitato a disporre il differimento dell’adunanza al 12 maggio
2009 con provvedimento del 17 aprile 2009, senza rinnovare in alcun
modo la citazione in giudizio dell’incolpato con la dovuta assegnazione
del termine a difesa.
2.1. – Il motivo è infondato.
2.1.1. – Sotto il primo profilo, va rilevato che il CNF ha rilevato che
l’attività di indagine preliminare posta in essere dal Consiglio territoriale
dell’ordine non era rivolta ad approfondire specificamente la posizione
dell’Avv. Carbone, ma era indirizzata ad appurare, attraverso verifiche
a campione, la veridicità delle segnalazioni ricevute sulle disfunzioni
delle cancellerie del Tribunale di Siena causate dall’abnorme numero di
espropriazioni presso terzi. Questa attività di indagine conoscitiva e
preliminare – ha aggiunto il CNF – è durata per un ristretto arco temporale, a partire dal mese di maggio 2008, giacché nell’adunanza del 9
– 10 –

zione e falsa applicazione dell’art. 47 del regio decreto n. 37 del 1934

luglio 2008, ossia un paio di mesi dopo, il Consiglio dell’ordine, considerate le indagini svolte dai consiglieri e la non necessità di ulteriori approfondimenti, ha deliberato l’apertura del procedimento disciplinare a
carico dell’incolpato, con atto notificato il 18 luglio 2008.
La conclusione raggiunta dalla sentenza trova una conferma nella stessa decisione del Consiglio dell’ordine di Siena con cui è stata applicata

delle lamentele provenienti dalla cancelleria delle esecuzioni del locale
Tribunale (in ragione della notevole difficoltà di espletare i normali adempimenti a causa della “smisurata mole di procedure di espropriazione presso terzi che, ormai da tempo, venivano iscritte ad opera, soprattutto, di legali campani”), delle doglianze da parte di avvocati circa
gli anomali ritardi delle procedure di pignoramento presso terzi e del
conseguente avvio delle “debite indagini finalizzate all’eventuale assunzione delle necessarie iniziative istituzionali”.
Nel motivo di censura questa conclusione è contestata dal ricorrente,
ma soltanto genericamente, prospettando in via del tutto assertiva che
in realtà il Consiglio avrebbe svolto “una complessa e non breve attività
di accertamento nei confronti del professionista prima di dare a lui comunicazione della sua esistenza”.
Ad ogni buon conto, non sono condivisibili le conseguenze in punto di
diritto – nel senso della nullità dell’intero procedimento disciplinare e
della decisione finale – che il ricorrente intende trarre dallo svolgimento
di queste indagini conoscitive. Infatti, nel procedimento disciplinare a
carico degli avvocati, nella fase non necessaria delle indagini conoscitive che il Consiglio dell’ordine territoriale può svolgere ima
dell’emissione del provvedimento che fissa il relativo giudizio,
l’interessato non ha diritto di essere sentito (SU 22 dicembre 2011, n.
28336; SU 22 dicembre 2011, n. 28339); e nel caso in cui il Consiglio
dell’ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione, ex
art. 47 del regio decreto n. 37 del 1934, non sussiste alcun obbligo di
informarne l’incolpato con avvisi o convocazioni, prima dell’atto di cita-

la sanzione disciplinare all’Avv. Carbone. In tale decisione si dà atto

zione di cui al successivo art. 48 (SU 5 ottobre 2007, n. 20843). La
stessa mancata immediata comunicazione dell’apertura del procedimento all’interessato non determina la nullità della conseguente delibera del Consiglio dell’ordine degli avvocati, ma solo quella degli atti di istruzione eventualmente compiuti prima della predetta comunicazione
(SU 19 gennaio 2015, n. 737).

dizio per violazione dell’art. 45 del regio decreto-legge n. 1578 del
1933.
Il ricorrente fa discendere la lamentata violazione dalla mancata assegnazione di un termine a comparire non minore di dieci giorni.
Sennonché, per stessa ammissione del ricorrente, la citazione per
l’adunanza del 21 aprile 2009 dell’Avv. Carbone è avvenuta bensì con
atto notificato ai difensori il 15 aprile 2009 e all’incolpato personalmente il 17 aprile 2009, ma il Consiglio dell’ordine ha poi disposto il differimento dell’adunanza al 12 maggio 2009, la quale si è svolta nel contraddittorio delle parti.
Ne deriva che la prima adunanza del Consiglio dell’ordine si è tenuta
nel rispetto del termine a comparire non minore di dieci giorni di cui al
citato art. 45, non occorrendo certo, per il rituale svolgimento
dell’adunanza, una rinnovazione della citazione.
3. – Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del regio decreto n. 37 del 1934, omessa istruttoria,
ingiustificata revoca dell’ordinanza del COA ammissiva della prova addotta dall’incolpato, violazione del diritto di difesa anche in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione 692 e
698 cod. proc. civ. Ci si duole che, dopo avere ammesso le prove addotte dalla difesa dell’incolpato, il COA ex abrupto, con un provvedimento in data 22 aprile 2010 non preceduto da alcuna valida discussione sul punto, abbia dichiarato la chiusura dell’istruzione.
3.1. – La censura è infondata.

– 12 –

01A,

2.1.2. – Né sussiste la denunciata nullità radicale della citazione a giu-

Occorre premettere che, nella adunanza del 22 aprile 2010, il Consiglio
dell’ordine di Siena, preso atto dell’assenza dei testi della difesa
dell’Avv. Carbone, i quali “avevano addirittura manifestato la loro persistente indisponibilità a comparire”, “ha ritenuto il procedimento adeguatamente istruito” e ha “revoca[to] l’ordinanza ammissiva dei testi
stessi”, fissando per la discussione la seduta del 10 giugno 2010.

dell’ulteriore differimento, l’istanza presentata ex art. 698 cod. proc.
civ. dall’Avv. Carbone al Presidente dei Tribunale di Salerno per ivi disporsi l’assunzione dei testi non comparsi, ribadendo che il procedimento era stato adeguatamente istruito.
Tanto premesso, non sono configurabili le violazioni denunciate dal ricorrente.
Infatti, in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, il Consiglio dell’ordine ha il potere di valutare la convenienza di procedere
all’esame di tutti o di parte dei testimoni ammessi e, quindi, la facoltà
di revocare l’ordinanza ammissiva dei testi stessi e di dichiarare chiusa
la prova, quando, essendo in possesso degli elementi sufficienti a determinare l’accertamento completo dei fatti da giudicare attraverso la
valutazione delle risultanze acquisite, ravvisi superflua l’ulteriore as-

aA,

sunzione.
E nella specie la revoca dell’ordinanza amnnissiva si fonda su una valutazione, logicamente e congruamente motivata, di superfluità della
prova testimoniale, avendo il Consiglio dell’ordine ritenuto di avere già
raggiunto, in base all’istruzione probatoria già esperita, la certezza
gli elementi
elementi necessari per la decisione. Di qui la non censurabilità, in
questa sede di legittimità, della statuizione contenuta nella sentenza
impugnata.
4. – Con il quarto motivo (rubricato quinto) il ricorrente denuncia violazione del diritto di difesa, degli artt. 51 e 52 cod. proc. civ. in relazione
agli artt. 49 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, 53, 54 e 55 del
regio decreto n. 37 del 1934, del principio di imparzialità e buon anda-

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All’esito della discussione, il COA ha ritenuto inammissibile, ai fini

mento dell’azione amministrativa, dell’art. 66 del codice deontologico
degli avvocati (ex art. 49) in relazione all’art. 499 cod. proc. civ. Il ricorrente denuncia che il COA, anziché attendere l’espletamento del
procedimento di istruzione preventiva avviato presso il Tribunale di Salerno per l’assunzione di testi indisponibili a recarsi a Siena, abbia dichiarato inammissibile il procedimento di istruzione preventiva, così fi-

dell’incolpato, con il conseguente obbligo di astensione dell’intero Consiglio sulla decisione”. Di qui l’obbligo di astensione, operante di diritto,
che determinerebbe, in quanto non osservato, la nullità della decisione
del Consiglio territoriale.
4.1. – Il motivo è privo di fondamento.
La revoca, da parte del Consiglio dell’ordine territoriale, dell’ordinanza
ammissiva delle prove per testi dedotte dall’incolpato per essere il procedimento già adeguatamente istruito, ed il successivo mancato accoglimento di un rinvio della discussione in attesa dello svolgimento di un
procedimento di istruzione preventiva ex art. 698 cod. proc. civ. avviato dall’incolpato per l’assunzione, dinanzi al Tribunale, dei testi non
comparsi nel procedimento disciplinare, non rendono il COA stesso che quei provvedimenti ha emesso nell’esercizio istituzionale delle funzioni disciplinari ad esso spettanti – controparte dell’incolpato né determinano, in capo ai componenti di detto Consiglio, un obbligo di astensione.
5. – Con il quinto motivo (rubricato sesto) l’Avv. Carbone denuncia eccesso di potere e difetto di motivazione, contraddittorietà manifesta
della decisione e violazione del principio di imparzialità del procedimento amministrativo. La sentenza del CNF erroneamente non avreb riconosciuto la contraddittorietà del provvedimento del COA con riferimento alla assoluzione del codifensore, Avv. Canoni, che pure aveva
partecipato alle udienze ed aveva svolto compiutamente il mandato
conferitole. Escludendo la responsabilità dell’Avv. Carloni del foro di
Siena, il Consiglio locale aveva ritenuto che quest’ultima non sarebbe

– 14 –

nendo con l’assumere “la qualità di parte se non di controparte

A

risultata portatrice di una volontà propria, essendosi attenuta alle istruzioni fornite dall’Avv. Carbone, unico sostanziale mandante quale diretto patrocinatore del cliente. Ferma l’assoluta legittimità della condotta
dell’Avv. Carioni, ad avviso del ricorrente non può non rilevarsi la contraddittorietà della pronuncia, atteso che dagli atti processuali emergeva che l’Avv. Carbone non era presente alle udienze e che tutta
l’attività processuale era stata svolta dalla collega che risultava aver
esercitato compiutamente e secondo legge lo ius postulandi. Il ricorren-

qr

te censura inoltre che, pur essendo stata disposta la riduzione della
sanzione, non sia dato comprendere “il sillogismo che ha portato a ritenere per fatti non meglio identificati il presupposto della censura”.
5.1. – La censura è infondata, per la parte in cui non è inammissibile.
Non sussiste fa denunciata contraddittorietà della motivazione, che il ricorrente vorrebbe trarre dall’assoluzione dell’Avv. Canoni e dalla contestuale condanna, invece, dell’Avv. Carbone. Il diverso esito è dipeso dal
fatto che l’Avv. Canoni si è limitata svolgere un ruolo di mero ausilio
procuratorio senza effettiva partecipazione alla determinazioni, disciplinarmente rilevanti, assunte dall’Avv. Carbone.
La doglianza sulla sanzione è priva di reale autonomia, perché si limita
a contestare – ma con una doglianza generica, assertiva e riassuntiva
dei motivi precedentemente articolati – “il sillogismo che ha portato a
ritenere per fatti non meglio identificati sussistente il presupposto” della
stessa sanzione.
6. – Il ricorso è rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.
7. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma

– 15 –

1-quater

Lii,

all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
PER QUESTI MOTIVI

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in-

serito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2015.

La Corte rigetta il ricorso.

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