Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21946 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/09/2017, (ud. 11/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16201/2016 proposto da:

P.A., in difetto di elezione di domicilio in Roma da

considerarsi per legge ivi domiciliato presso la CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

MIR MARKETING IMMOBILIARE DI G.L.R. & C. SAS, in

persona del legale rappresentante, in difetto di elezione di

domicilio in Roma da considerarsi per legge ivi domiciliata presso

la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ROSARIO COPPOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5010/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/12/2015;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del dì

11/05/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

P.A. ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza (n. 5010 del 29/12/2015) con cui la corte di appello di Milano ha solo in parte accolto il suo appello avverso l’accoglimento dell’opposizione dispiegata dalla MIR Marketing Immobiliare di G.R. & C sas al precetto da lui a quella intimato per Euro 13.258,16 e notificato in data 01/03/2016; resiste con controricorso l’intimata;

è formulata proposta di definizione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

il ricorrente deposita memoria ai sensi del secondo comma, ultima parte, del medesimo art. 380-bis.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

il ricorrente si duole di “violazione o falsa applicazione dell’art. 85 c.p.c.” (lamentando la rideterminazione delle spese legali del primo grado con distrazione e quella del secondo grado, per difetto di poteri contemplati o contemplabili nella procura o per difetto assoluto di questa in grado di appello) e di “violazione o falsa applicazione degli artt. 115,91 e 92 c.p.c.”, lamentando sostanzialmente la propria condanna alle spese, nonostante egli sia risultato vittorioso in appello su almeno due motivi di gravame;

il primo motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6: gli atti indispensabili per verificare la fondatezza delle tesi sviluppate a suo sostegno, invero, non sono adeguatamente trascritti in ricorso, nè ne sono indicate con chiarezza e precisione le sedi processuali di produzione (sul relativo principio, v. per tutte Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U. 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U. 04/02/2016, n. 2198): tanto precludendo qualunque esame degli atti, per di più diretto, consentito a questa Corte in casi eccezionali – tra cui è ben dubbio che rientri quello di specie – ma pur sempre una volta correttamente instaurato il giudizio di legittimità con un ricorso ammissibile, nè potendo sopperire a tali lacune alcun altro atto e così neppure la memoria ex art. 380-bis c.p.c.;

il secondo motivo è infondato: proprio la più recente elaborazione invocata dallo stesso ricorrente (Cass. 22/02/2016, n. 3438) esige una considerazione complessiva dell’esito della lite in rapporto al principio di causalità, adeguatamente combinato con quello di soccombenza; esito complessivo che, con tutta evidenza, si configura con una complessiva soccombenza proprio del creditore intimante opposto – che aveva intimato più del dovuto, così costringendo la controparte all’iniziativa giudiziaria a propria difesa – o, a tutto concedere, una soccombenza reciproca sub specie di fondatezza solo parziale della domanda dell’opponente, la quale però avrebbe potuto giustificare solamente una parziale compensazione (che è stata però appunto disposta) e non già una condanna di chi, per la pure riconosciuta illegittimità (benchè parziale) del precetto, si è visto costretto ad adire le vie legali per farsela riconoscere;

l’inammissibilità del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo impongono di qualificare il ricorso manifestamente infondato e di rigettarlo, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, di cui disporre l’attribuzione in conformità alla dichiarazione del difensore della controricorrente;

va infine dato atto – esclusa la possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

PQM

 

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente e con attribuzione al suo difensore per dichiaratone anticipo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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