Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21945 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/09/2017, (ud. 11/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11675-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE C. SABATINI

150, presso lo studio dell’avvocato ANNIBALE FALATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SILVIO FALATO;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4316/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/11/2015;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del dì

11/05/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

C.A. ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza (n. 4316 del 04/11/2015) con cui la corte di appello di Napoli ha, in accoglimento dell’appello di B.G. avverso l’accoglimento dell’opposizione dal primo dispiegata al precetto intimatogli dall’altro, dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per nullità della notificazione dell’atto introduttivo – siccome notificato al creditore opposto, in quel grado restato contumace, presso la cancelleria del giudice adito, anzichè nel domicilio eletto in Roma presso lo studio di tale avvocato Caracciolo – e poi, senza rimettere la causa al primo giudice e sul presupposto di espressa richiesta in tal senso dell’appellante non contestata dall’appellato, rigettato nel merito l’opposizione stessa;

l’intimato non espleta attività difensiva in questa sede;

è formulata proposta di definizione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

il ricorrente si duole di “violazione o falsa applicazione dell’art. 480 c.p.c., comma 3” e di “violazione o falsa applicazione dell’art. 354 cpc”: ma i due motivi sono inammissibili o, a tutto concedere, il primo è quanto meno manifestamente infondato;

invero, quanto ad entrambi manca in ricorso la – invece indispensabile – trascrizione dei passaggi degli atti processuali in base ai quali riscontrare le censure: della prima, non essendo trascritto il tenore dell’elezione di domicilio contenuta in precetto, nè della giustificazione della notificazione dell’opposizione in luogo diverso menzionata nel relativo atto di citazione; della seconda, dell’atto di appello o quanto meno delle sue conclusioni e di quelle definitive del grado riportate nel relativo verbale di causa (non trascritte neppure nell’epigrafe della gravata sentenza), pur avendo la qui gravata sentenza esplicitamente posto a fondamento dell’omessa rimessione al primo giudice (pag. 3, terza riga) un’espressa richiesta in tal senso dell’appellante, non contrastata da controparte;

eppure, va ribadita la necessità che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass. ord. 26/08/2014, n. 18218; Cass. ord. 16/03/2012, n. 4220; Cass. 01/02/1995, n. 1161; Cass. 12/06/2002, n. 8388; Cass. 21/10/2003, n. 15751; Cass. 24/03/2006, n. 6679; Cass. 17/05/2006, n. 11501; Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. ord. 30/07/2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1; Cass. 31/07/2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11/02/2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 07/02/2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 06/02/2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 05/02/2014, n. 2608; Cass. 03/02/2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30/01/2014, n. 2072; ancora: Cass. Sez. U. 04/04/2016, n. 6451; Cass. Sez. U. 01/07/2016, n. 13532; Cass. Sez. U. 04/02/2016, n. 2198);

il primo motivo sarebbe, del resto, manifestamente infondato: la norma è ormai in modo costante interpretata nel senso che “ai fini dell’individuazione del luogo di notifica dell’atto introduttivo del giudizio di opposizione all’esecuzione, per il debitore è vincolante il domicilio eletto dal creditore nel precetto, quand’anche tale luogo non abbia alcun legame con quello dell’esecuzione” (da ultimo, Cass. 09/08/2016, n. 16649; in tali sensi, del resto, già Cass. 20/07/2011, n. 15901, seguita da Cass. 08/01/2013, n. 197, Cass. 25/07/2013, n. 18040), salva la facoltà di dimostrare, ma appunto dopo avere correttamente instaurato la lite, l’inesistenza dei presupposti fattuali – cioè, di beni su cui agire in executivis – nei luoghi in cui è stato eletto il domicilio;

il secondo motivo sarebbe poi ulteriormente inammissibile, perchè non coglie la ratio decidendi della qui gravata sentenza, che viene pertanto non solo non attinta, ma a maggior ragione lasciata del tutto impregiudicata: la corte di appello ritiene di disapplicare il disposto dell’art. 354 c.p.c. – e quindi una norma di rito a presidio del doppio grado di giurisdizione per entrambe le parti – in applicazione analogica di un principio elaborato per la peculiare ed invero effettivamente insuscettibile di agevole generalizzazione – fattispecie dell’intervento in appello del litisconsorte pretermesso; ma il mezzo di censura qui sviluppato, senza dar conto delle richieste dell’appellante come svolte in atto di appello e nelle conclusioni sviluppate nel grado, si appunta soltanto nel negare che nel primo sia mancato il presupposto eretto a fondamento di tale decisione dalla corte di merito, cioè una “espressa richiesta” dell’appellante, odierna controparte del ricorrente; con l’inevitabile conseguenza che la decisione, sul punto, della corte territoriale non può essere in questa sede rimessa in alcun modo in discussione, senza che quindi possa valutarsene la correttezza;

l’inammissibilità – se non pure la manifesta infondatezza – del primo motivo ed il duplice profilo di inammissibilità del secondo motivo impongono la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, per non avervi svolto attività difensiva l’intimato;

peraltro, va dato atto – esclusa la possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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