Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21944 del 03/09/2019

Cassazione civile sez. III, 03/09/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 03/09/2019), n.21994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13916-2015 proposto da:

F.V.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

A. MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO

GRATTAROLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

R.S.;

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ALESSANDRIA, depositata il

06/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/06/2019 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’improcedibilità del ricorso

in subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.V.F. propose opposizione al decreto del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Alessandria reso in data 14/02/2014, di liquidazione dei compensi al c.t.u., R.S., incaricato della stima del compendio pignorato in una procedura espropriativa immobiliare da lui promossa a soddisfacimento di un suo credito di lavoro, nella parte in cui ha posto il pagamento di quei compensi a carico del creditore, adducendo una nozione di gratuità del processo estesa appunto agli atti istruttori, in analogia a quanto previsto per il caso dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il tribunale, in unico grado, respinse l’opposizione, richiamando Cass. 7294713 in tema di giudizio di divorzio e comunque interpretando come limitate ai soli aspetti fiscali le esenzioni o le gratuità previste dal rito del lavoro.

2. Il F. ricorre per la cassazione di tale ordinanza, articolando un unitario motivo ed illustrandolo con memoria già per l’udienza pubblica del 14/09/2018; e, mentre la R. non espleta attività difensiva in questa sede, all’esito dell’ordine di rinnovazione della notificazione della notifica del ricorso all’Avvocatura di Stato, impartito con ordinanza interlocutoria n. 32394 del 14/12/2018, quest’ultima notifica controricorso a mezzo p.e.c. il 09/03/2019 ed il ricorrente produce altra copia della sentenza gravata in uno a quella del ricorso rinotificato all’Avvocatura erariale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente si duole di “violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 10 (L. n. 319 del 1958, art. 1)”, invocando la gratuità del processo esecutivo per crediti di lavoro, nel senso dell’esenzione anche dalle spese per consulenza tecnica o per la remunerazione di altri ausiliari del giudice la cui attività sia indispensabile per il processo.

2. Al riguardo, ribadendo gli argomenti anche nella memoria depositata per l’udienza pubblica del 14/09/2018 a confutazione della sopravvenuta pronuncia di Cass. 17/03/2016, n. 5325:

– sostiene un’interpretazione estensiva della L. n. 533 del 1973, art. 10, invocando Corte Cost. 227/01 e richiamando dapprima il precedente di Cass. 16732/07 (relativo alle spese dell’Istituto vendite giudiziarie, la cui anticipazione con effetti condizionanti l’esperibilità della vendita era stata dichiarata illegittima, nonostante la più ristretta formulazione della massima ufficiale) e, poi, la pacifica esenzione da imposte e spese di notifica per il processo esecutivo del lavoro;

– contesta il richiamo della impugnata ordinanza a Cass. 7294/13, che male avrebbe dato prevalenza al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 8, comma 1 senza considerare la L. n. 533 del 1973, art. 10;

– ed ancora argomenta che tale norma non esclude che lo Stato anticipi le spese pure in casi diversi dall’ammissione al gratuito patrocinio, non essendo la L. n. 533 del 1973, art. 10 stato abrogato.

3. Il ricorso (una volta rilevata la tempestività dell’opposizione, decisa col qui impugnato provvedimento, contro l’ordinanza di liquidazione, essendo rispettato il termine di trenta giorni – di cui a Cass. 21457/16 – dalla sua comunicazione – Cass. 16717/13 o Cass. 4423/17 – del 14/02/2014, con ricorso depositato il 06/03/2014) non può essere scrutinato nel merito, perchè è improcedibile.

4. Infatti, manca tuttora il deposito in atti, per di più entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., di una copia – non già autentica della sentenza impugnata, ivi rinvenendosene quella certificata conforme dalla Cancelleria del giudice a quo il 23/05/2016, bensì – del ricorso notificato a mezzo posta elettronica certificata asseverata conforme all’originale con attestazione autografa (vale a dire di pugno) del ricorrente, condizione di procedibilità riconosciuta da Cass. ord. 22/12/2017, n. 30918, alla cui motivazione confermata pure dalla successiva giurisprudenza di questa Corte – occorre qui limitarsi a rinviare: invero, la copia cartacea o analogica del messaggio di posta elettronica con cui la notifica ha avuto luogo è appunto priva di una tale attestazione autografa, tale non potendo definirsi quella digitale o meramente stampigliata sugli atti a disposizione di questa Corte.

4. Nella specie, neppure giovano ad evitare al ricorrente la sanzione dell’improcedibilità i principi statuiti dalla sopravvenuta Cass. Sez. U. 22438/18, non avendo ritenuto egli di produrre alcuna asseverazione a firma autografa (e, cioè, di pugno) nemmeno in tempo successivo a tale pronuncia ed entro l’udienza di discussione come rifissata con l’ordinanza ai sensi dell’art. 291 c.p.c., essendo rimasta tale almeno una tra gli intimati: non vi è alternativa, così, alla declaratoria di improcedibilità del ricorso e tanto preclude il rilievo della sua manifesta infondatezza.

5. Al riguardo, infatti, il processo civile rimane tuttora un processo di parte ed individuale, sicchè è principio generale che sia il singolo interessato a provvedere alle spese degli atti che compie o ad anticipare quelle poste a suo carico dalla legge o dal magistrato (e così, prime fra tutte, quelle per gli atti degli ausiliari di quest’ultimo): la norma, dettata dapprima nell’art. 90 del codice di rito civile, è stata trasfusa, senza sostanziali modifiche, nel D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 8.

6. Esclusa la congruenza del richiamo a Corte Cost. 6 luglio 2001, n. 227 (perchè l’estensione ivi operata riguarda una particolare tipologia di azione, ma non anche quella delle spese cui l’esenzione si applica), la gratuità disegnata dalla norma invocata non può che riferirsi ai soli costi del processo civile relativi all’organizzazione complessiva del servizio Giustizia a carico dello Stato, consistenti cioè negli esborsi richiesti al singolo utente per concorso a vario titolo nell’erogazione delle risorse necessarie per rendere possibile in generale il processo e la sua celebrazione (apprestamento delle strutture e loro funzionamento, emolumenti dei funzionari coinvolti, et coetera); mentre i costi per le ulteriori attività necessarie in relazione alla specifica domanda (in sede cognitiva o esecutiva) di Giustizia restano a carico dei singoli privati che di quel servizio fruiscono in relazione alla specifica attività.

7. In definitiva, solo i primi costituiscono un’entrata per lo Stato a parziale ristoro delle spese generali di funzionamento,comunque ad esso facenti capo per l’indispensabilità dell’apprestamento dei mezzi per far fronte alla domanda di giustizia, mentre i secondi remunerano direttamente i professionisti diversi da quelli organicamente inseriti nell’ordinamento statuale, ovvero corrispondono ad ulteriori esborsi, relativi alla specifica attività difensiva di volta in volta necessaria.

8. Già al momento della sua introduzione la disciplina sul processo del lavoro, fortemente innovativa rispetto al passato e volta ad agevolare per quanto possibile l’accesso del lavoratore alla giustizia, aveva tenuto distinte le due tipologie di costi: prevedendo, appunto al suo art. 10, che lo Stato rinunciasse ai primi – quelli per esborsi dovuti alla collettività in conto dell’apprestamento generale o infrastrutturale del servizio giustizia – in ragione dell’oggetto socialmente sensibile della tipologia di controversie; ma solo apprestando un limitato accollo alla collettività per i secondi, appunto mediante quello che al tempo si chiamava gratuito patrocinio per i non abbienti, agli artt. da 11 a 16 (norme riconosciute abrogate già in modo espresso, dalla L. 29 marzo 2001, n. 134, art. 23, con decorrenza dal 1 luglio 2002 – dall’art. 298, sedicesimo alinea, del medesimo t.u. del 2002, per la riorganizzazione dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, a vario titolo rifluite in quest’ultimo).

9. Mantiene tuttora validità l’impostazione originaria (Cass. 04/09/1981, n. 5044) per la quale la disciplina speciale consentiva, per i costi degli atti istruttori o comunque preparatori della decisione, l’anticipazione da parte dello Stato o l’annotazione a debito solo in caso di ammissione al patrocinio a spese di quello, di cui costituivano appunto un effetto (Cass. 22/03/2013, n. 7294; Cass. 17/03/2016, n. 5325): del resto, l’assunzione a carico della collettività degli uni oppure degli altri costi (quelli dovuti allo Stato in via generale per concorso ai costi generali di funzionamento del servizio e quelli necessari per compiere singoli atti lato sensu istruttori, ovvero preparatori della decisione o del provvedimento finale) implica una scelta di socializzazione, con relativi ingenti costi in termini non solo economici ma pure sistematici, che non può, se non altro nell’attuale assetto istituzionale, che dirsi eccezionale e, in quanto tale, essere espressamente prevista, per fini ben determinati e con norme dal contenuto univoco e chiaro.

10. In rimeditazione del precedente di Cass. 16732/07 (relativo alle spese per l’Istituto vendite giudiziarie, la cui anticipazione con effetti condizionanti l’esperibilità della vendita è stata dichiarata illegittima), sarebbe stato quindi necessario, ove alla disamina del merito fosse stato possibile giungere nella fattispecie, ribadire il diverso orientamento recepito dapprima da Cass. 5044/81, poi da Cass. 7294/13 e quindi, in motivazione, da Cass. 17/03/2016, n. 5325, poichè l’esenzione prevista dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 10, nella parte in cui esenta dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura gli atti, i documenti ed i provvedimenti del giudizio di cognizione e del processo di esecuzione in materia di lavoro e previdenza o assistenza obbligatorie, si riferisce ai soli esborsi dovuti allo Stato e non agli atti comunque preparatori rimessi all’onere della parte, questi essendo assunti a carico dell’erario esclusivamente in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

11. All’ineludibile declaratoria di improcedibilità del ricorso segue la condanna del soccombente ricorrente alle spese del giudizio di legittimità sostenute dalla controricorrente Avvocatura erariale, nei sensi di cui in dispositivo; e si deve dare atto – mancando la possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955) – infine della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione per il caso di reiezione integrale, nel rito o nel merito.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate in Euro 800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso rispettivamente proposto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2019

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