Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21943 del 12/10/2020

Cassazione civile sez. II, 12/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 12/10/2020), n.21943

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. MARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23360/2019 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. TORTOLINI, 30,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ELEONORA CAZZANIGA DONESMONDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 626/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 9 aprile 2019, respingeva il ricorso proposto da C.S., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Brescia aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte d’Appello di Brescia confermava il giudizio di insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento delle domande del richiedente espresso prima dalla commissione territoriale e poi ribadito dal Tribunale. Peraltro, il motivo di appello riguardava la carenza di motivazione del provvedimento impugnato che, invece, la Corte d’Appello riteneva essere sufficiente. Inoltre, il racconto del richiedente aveva ad oggetto problemi di natura economica riferiti in un contesto politico caratterizzato da un regime che, tuttavia, era stato deposto.

In altri termini, sulla base dell’inattendibilità del racconto del dichiarante e del suo concreto contenuto non poteva essere accolta la domanda di protezione internazionale, neanche nella forma di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. a), e b).

Quanto all’ipotesi contemplata del citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte d’Appello osservava che in Gambia non sussisteva una situazione di conflitto armato, anche con riferimento alla zona di provenienza del ricorrente.

Quanto, infine, alla misura residuale della protezione umanitaria la Corte d’Appello evidenziava che non era emersa dalla narrazione del richiedente, quella situazione di particolare vulnerabilità individuale apprezzabile ai fini del riconoscimento della stessa, nè sotto il profilo oggettivo, nè sotto quello soggettivo.

3. C.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, per carenza di motivazione e conseguente nullità del provvedimento impugnato.

L’ordinanza che aveva definito il giudizio di primo grado, a parere del ricorrente, era suscettibile di censura sotto il profilo della motivazione e la sentenza della Corte d’Appello sul punto non ha sufficientemente motivato. Inoltre, tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello hanno espresso una valutazione sulla credibilità del ricorrente solo sulla base di mancanza di riscontri oggettivi in violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

A parere del ricorrente la Corte d’Appello non avrebbe analizzato ed esaminato il fatto storico narrato dal richiedente relativo alla sua vicenda personale che lo aveva portato ad abbandonare il paese di origine.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non aver adeguatamente valutato l’attuale situazione sociopolitica del Gambia per aver ritenuto sussistente una minaccia grave alla vita e all’incolumità derivante da una situazione di violenza non arginata dalle forze dell’ordine.

Il ricorrente cita alcune fonti internazionali dalle quali si desume un elevato rischio per l’incolumità individuale del ricorrente in caso di rientro in Gambia.

3. I tre motivi, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili

Per quanto attiene al rigetto da parte della Corte d’Appello del motivo relativo alla motivazione del provvedimento di primo grado, la censura è inammissibile, posto che il giudizio d’appello è un giudizio di merito e non di legittimità e la Corte d’Appello ha l’onere di motivare a sua volta sulla domanda dell’appellante e non può certo annullare la sentenza per mancanza di motivazione cassandola. Dunque, nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello non può dedursi l’erroneità della decisione della Corte d’Appello sul motivo di gravame con il quale si censurava il vizio di motivazione della sentenza di primo grado. Si è già detto, infatti che: “E’ inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione diretto ad ottenere, riproponendo censure già svolte in sede di appello, la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado, giacchè una decisione di accoglimento avrebbe comportato null’altro che la trattazione nel merito della causa da parte del giudice di appello” (Sez. L, Sent. n. 12642 del 2014).

In proposito, deve anche richiamarsi il seguente principio di diritto: “In virtù dell’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza d’appello e del principio secondo cui le nullità della sentenza soggetta ad appello si convertono in motivi di impugnazione, non può essere denunciato in cassazione il vizio della sentenza di primo grado – per la quale si deduce la mancanza di motivazione – non rilevato dal giudice di appello” (Sez. L, Sent. n. 17072 del 2007).

Quanto alla credibilità del racconto del richiedente la critica formulata con il primo motivo costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello di Brescia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

La Corte d’Appello ha anche motivato sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente sia in ordine alla situazione complessiva del Gambia, sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti.

La valutazione in ordine all’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte. La Corte d’Appello ha anche fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che il Gambia non sia una zona rientrante tra quelle di cui del D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, mentre il debito contratto dal padre con la sua garanzia non è, all’evidenza, una situazione riconducibile dell’art. 14 sopra citato, lett. a) e b).

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). Il ricorrente si limita a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo al non aver tenuto conto della situazione generale del paese di origine.

In ordine alla censura avente ad oggetto il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, la stessa è inammissibile perchè formulata in modo del tutto generico e senza alcun riferimento specifico al ricorrente e al suo vissuto e al suo processo di integrazione. In ogni caso, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva il Ministero dell’Interno rimasto intimato.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2020

 

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