Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21941 del 24/10/2011

Cassazione civile sez. I, 24/10/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 24/10/2011), n.21941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Ofanto 18,

pressi) l’avv. Liuzzi Guido, che lo rappresenta e difende per procura

in atti;

– ricorrente –

contro

B.S., in proprio e quale sindaco del Comune di

Pordenone, elettivamente domiciliato in Roma, via F. Siacci 2b,

presso l’avv. De Martini Corrado, che lo rappresenta e difende

insieme con l’avv. Annechini Egidio, per procura in atti;

– controricorrente –

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PORDENONE;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Pordenone in data 12 ottobre

2007 nel procedimento n. 509/2004 R.G. V.G.;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24

maggio 2011 dal relatore, cons. Dott. Stefano Schirò;

uditi, per il ricorrente, l’avv. Marco Attanasio per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.F. ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Sindaco del Comune di Pordenone, avverso l’ordinanza in data 12 ottobre 2007, con la quale il Tribunale di Pordenone ha rigettato il ricorso dal medesimo proposto contro il provvedimento emesso in data 27 settembre 2007 dal giudice tutelare del menzionato Tribunale, con il quale era stata convalidata l’ordinanza sindacale del 26 settembre 2007, applicativa del trattamento sanitario obbligatorio nei confronti dello stesso S..

A fondamento della decisione il Tribunale di Pordenone ha osservato che dagli atti emergevano univocamente le seguenti circostanze:

– lo S. era affetto da una malattia mentale grave (schizofrenia paranoide) ed aveva rifiutato non solo di farsi curare, ma anche di essere visitato;

– la madre convivente aveva più volte segnalato la pericolosità del figlio per sè e per le altre persone, compresa lei stessa;

– prima di adottare la misura coercitiva, inutilmente e più volte si era tentato di eseguire quella meno afflittiva dell’accertamento sanitario obbligatorio;

– medio tempore, su precisa e inequivoca certificazione dell’attuale sanitario responsabile delle cure residenziali, il trattamento sanitario obbligatorio era stato prorogato due volte con ordinanze convalidate dal giudice tutelare;

– quest’ultima circostanza appariva dirimente stante la natura rescissoria della procedura, dovendosi accertare non solo la sussistenza dei presupposti formali e sostanziali del provvedimento oggetto del gravame, ma anche le condizioni che legittimano il permanere del trattamento sanitario obbligatorio, qualora ancora in corso di esecuzione al tempo della decisione, come nel caso di specie;

– era stato assicurato il rispetto dei presupposti formali- procedurali previsti dalla legge ai fini dell’adozione del provvedimento sindacale in questione e in particolare della doppia certificazione sanitaria, con le relative motivazioni, e dei termini di emanazione – convalida.

Ha resistito con controricorso B.S., in proprio e nella qualità di Sindaco pro tempore del Comune di (OMISSIS).

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità del controricorso proposto da B.S. in proprio, oltre che nella qualità di Sindaco del Comune di (OMISSIS), atteso che, nel sistema delineato dalla L. n. 833 del 1978, è il sindaco, quale ufficiale di governo, e quindi quale organo diretto dello Stato, e non la persona fisica che la carica di sindaco ricopre pro tempore, ad avere la legittimazione a disporre gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori (Cass. 2004/7244).

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione della L. n. 833 del 1978, artt. 33 e 35 si duole che nella specie il trattamento sanitario sia stato disposto in mancanza di una motivazione che contenesse l’esplicitazione analitica della sussistenza di tutti i presupposti di legge riferiti alla fattispecie concreta e alla persona da valutare. Formula il quesito di diritto se sia compatibile con l’ordinamento giuridico, e in particolare con la L. n. 833 del 1978, artt. 33 e 35 della l’emanazione di un provvedimento dispositivo di trattamento sanitario obbligatorio in assenza di esame diretto del presunto infermo da parte del medico proponente e di quello convalidante il trattamento stesso.

La censura è inammissibile perchè è riferita – al pari del quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis (provvedimento impugnato pubblicato il 12 ottobre 2007) – all’ordinanza del Sindaco di Pordenone che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e non al provvedimento del Tribunale di Pordenone che ha statuito sul reclamo dell’interessato avverso il decreto del giudice tutelare (che aveva in precedenza convalidato il trattamento sanitario obbligatorio) e le cui motivazioni non sono state dal ricorrente prese in considerazione e specificamente contestate. La doglianza non è perciò attinente al decisum del provvedimento impugnato (Cass. 2004/3612; 2007/17125;

2011/4046).

Con il secondo motivo si denuncia omessa e insufficiente motivazione sul fatto controverso costituito dalla circostanza che lo S. abbia rifiutato di sottoposi a visita medica. Anche tale motivo è inammissibile.

Il ricorrente ha dedotto genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dallo stesso art. 366 bis c.p.c. (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652). Inoltre, quanto alla prospettata insufficienza di motivazione, la censura non contiene la chiara indicazione delle ragioni per le quali tale insufficienza rende la motivazione inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di dette ragioni possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897). Con riferimento, infine, alla dedotta mancanza di motivazione, la censura, pur indicando il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume carente (ossia la circostanza secondo cui lo S. avrebbe rifiutato di sottoporsi alle visite mediche), non chiarisce il carattere decisivo di tale fatto e del relativo difetto di motivazione, come invece richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. S.U. 2008/16528), tenuto conto che il provvedimento impugnato fonda il rigetto del ricorso anche su altre decisive circostanze di fatto non contestate dall’interessato (l’essere il ricorrente affetto da una malattia mentale grave – schizofrenia paranoide – che ne determina la pericolosità per sè e per gli altri, come segnalato dalla madre) e considerato che lo stesso ricorso per cassazione riporta al suo interno il contenuto di una certificazione medica da cui risulta che il paziente ha rifiutato ripetutamente i tentativi di visita e la terapia indicata e che in occasione di una visita medica domiciliare è addirittura fuggito all’arrivo del medico (si veda la decima pagina del ricorso, in cui è trascritto il certificato medico della dr.ssa M.C. del 26 settembre 2007).

Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo in favore di B.S., nella sua qualità di Sindaco di (OMISSIS), seguono la soccombenza.

Nulla deve disporsi in ordine alle spese nei confronti del B. in proprio, attesa la dichiarata inammissibilità del controricorso da lui proposto in tale qualità.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento nei confronti del controricorrente B.S., nella sua qualità di Sindaco di (OMISSIS), delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.400,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2011

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