Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21941 del 02/09/2019

Cassazione civile sez. II, 02/09/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 02/09/2019), n.21941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23576/2015 proposto da:

C.L.C., C.G.C., C.M.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo

studio dell’avvocato LUCA GIUSTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LORIANA ZANUTTIGH;

– ricorrenti –

contro

R.C., RO.CA., R.L., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 20, presso lo studio dell’avvocato

ALFREDO CODACCI PISANELLI, che li rappresenta e difende unitamente

agli avvocati FRANCESCO RADAELLI, ITALO BOZZI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2526/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza pubblicata il del 23 aprile 2014 e notificata il 3 luglio 2015, ha rigettato l’appello proposto da C.L.C., C.G. e C.M.M. avverso la sentenza del Tribunale di Vigevano n. 301 del 2012, e nei confronti di R.C., Ro.Ca. e R.L..

1.1. Il Tribunale – adito dai sigg. R. con domanda di accertamento dell’usucapione del terreno sito tra il loro edificio e quello di proprietà dei sigg. C., di rimessione in pristino dello stato dei luoghi alterato dai lavori di ristrutturazione e di risarcimento del danno – aveva accolto parzialmente la domanda e, per l’effetto, aveva condannato i convenuti alla rimessione in pristino dei luoghi, secondo quanto indicato dal CTU.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

3. Ricorrono per la cassazione della sentenza C.L.C., C.G. e C.M.M., sulla base di due motivi. Resistono R.C., Ro.Ca. e R.L.. I ricorrenti hanno depositato documenti ed entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è improcedibile per mancato tempestivo deposito della documentazione comprovante l’avvenuta notifica della sentenza impugnata.

2. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (ex plurimis, Cass. Sez. U. 16/04/2009, n. 9005), la previsione – contenuta dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve.

Pertanto, nel caso in cui – come nella specie avvenuto il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, salvo che la sentenza con la relata di notificazione risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotto dalla parte controricorrente ovvero acquisito mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass., Sez. U. 02/05/2017, n. 10648), e salvo che il ricorso per cassazione sia stato notificato entro 60 giorni dal deposito della sentenza impugnata, rimanendo in tal caso esclusa in radice la formazione del giudicato (Cass. 10/07/2013, n. 17066). Nelle richiamate ipotesi, che qui non ricorrono, risulta soddisfatta la ratio sottesa all’art. 369, n. 2, citato di consentire alla Corte la verifica, sin dal momento del deposito del ricorso, della tempestività dell’impugnazione.

Al contrario, nessun rilievo si può riconoscere al deposito della predetta documentazione una volta decorso il termine perentorio previsto dall’art. 369 c.p.c., comma 1, come ribadito da ultimo dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 8312 del 26/02/2019, che ha ristretto sotto tale profilo l’ambito applicativo della sanzione di improcedibilità limitatamente al cosiddetto “ambiente digitale”, vale a dire ai soli atti notificati a mezzo PEC, e quindi con esclusione degli atti riguardanti notifica avvenuta nella forma tradizionale cartacea, come avvenuto nella specie.

La documentazione depositata dai ricorrenti in data 30 gennaio 2019 è quindi priva di rilevanza.

3. Alla declaratoria di improcedibilità del ricorso segue la condanna della parte ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2019

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