Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21940 del 12/10/2020

Cassazione civile sez. II, 12/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 12/10/2020), n.21940

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. MARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23255/2019 proposto da:

I.H., rappresentato e difeso dall’avv.to STEFANIA RUSSO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

25/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Brescia, con decreto pubblicato il 25 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da I.H., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. Questi aveva riferito di essere scappato dalla Nigeria per sfuggire ad una setta segreta che aveva lanciato una maledizione contro di lui e i suoi fratelli che per questo erano deceduti. La narrazione era, infatti, frutto di superstizione, del tutto generica e contraddittoria, priva di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dare un minimo di valore al racconto. In ogni caso al di là della non credibilità del racconto la vicenda narrata non poteva assurgere al rango di persecuzione.

I fatti narrati non integravano i presupposti per il riconoscimento della protezione nazionale nè con riferimento alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali la Nigeria non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata nè allegata nè dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tale da legittimare la richiesta della protezione umanitaria.

2. I.H. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5.

La censura si incentra sulla ritenuta non veridicità del racconto del richiedente in violazione dei parametri di legge e senza attivazione dei poteri istruttori, mentre le fonti confermano il pericolo delle confraternite in Nigeria.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

La censura attiene anche in questo caso alla mancata attivazione dei poteri istruttori al fine di acquisire le informazioni sulla situazione della Nigeria.

3. Preliminarmente deve evidenziarsi che il ricorso è inammissibile per difetto di procura.

In primo luogo, infatti, il ricorso è stato presentato in virtù di una procura speciale priva dell’indicazione della data in cui la stessa è stata conferita.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, ed applicabile al caso di specie, prevede tuttavia che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

La mancanza sia dell’indicazione della data di rilascio della procura speciale, sia della correlata certificazione impedisce di verificare l’avvenuto conferimento della stessa in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: “In tema di protezione internazionale è inammissibile il ricorso per cassazione munito di una procura speciale alle liti (nella specie apposta su foglio separato e materialmente congiunto all’atto) priva della data di rilascio, nonchè della correlata certificazione da parte del difensore, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, non potendosi verificare il conferimento della stessa in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato” (Sez. 6-1, Ord. n. 2342 del 2020).

In secondo luogo, la Procura manca dell’indicazione della pronuncia impugnata risultando rilasciata per il giudizio di primo grado dinanzi il Tribunale di Brescia.

Deve richiamarsi in proposito l’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione quando la relativa procura speciale è conferita su foglio separato rispetto al ricorso, privo di data successiva al deposito della sentenza d’appello e senza alcun riferimento al ricorso introduttivo, alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio” (Sez. 1, Ord. n. 4069 del 2020).

Il rilievo ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame nel merito del ricorso che deve essere dichiarato inammissibile.

4. La difesa del Ministero dell’interno è di mero stile e, dunque, non devono liquidarsi le spese del presente giudizio.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2020

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