Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21937 del 12/10/2020

Cassazione civile sez. II, 12/10/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 12/10/2020), n.21937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. MARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23234/2019 proposto da:

K.M., elettivamente domiciliato in Milano, viale regina

Margherita n. 30, presso lo studio degli avv.ti ALBERTO GUARISO e

LIVIO NERI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE MILANO SEZIONE MONZA E BRIANZA;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 14/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Milano, con decreto pubblicato il 14 giugno 2019, respingeva il ricorso proposto da K.M., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale evidenziava che il richiedente aveva raccontato di essere espatriato perchè perseguitato dallo zio si era rivolto alla polizia che non gli aveva fornito aiuto. In ogni caso dichiarava di aver paura dello zio in caso di rientro in patria.

Il collegio giudicante rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente, se pure credibile, non faceva riferimento ad alcuna situazione integrante i presupposti per il riconoscimento della protezione nazionale nè con riferimento alla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, cui peraltro il ricorrente aveva rinunciato, nè a quella di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali la Costa d’Avorio non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il Tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata nè allegata nè dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tale da legittimare la richiesta della protezione umanitaria, non potendosi attribuire rilevanza determinante al rapporto di lavoro senza alcun altro elemento di integrazione. Anche i problemi di salute non potevano assumere rilievo decisivo, perchè la TBC polmonare era stata curata ed era del tutto guarita, mentre i restanti documenti relativi ad una cisti non avevano ad oggetto cure salvavita.

3. K.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Costa d’Avorio sulla base dei report allegati.

Il ricorrente con riferimento alla domanda di protezione sussidiaria evidenzia la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 14 in particolare con riferimento ai trattamenti inumani o degradanti. A parere del ricorrente il Tribunale di Milano avrebbe del tutto omesso di valutare la domanda del ricorrente in relazione alle violenze subite nella sua comunità di origine. Inoltre, anche sotto il profilo della situazione generale del paese il Tribunale di Milano non avrebbe compiutamente considerato le informazioni consultate dalle quali emergerebbe invece l’insufficienza dei progressi giuridici e sociali del paese.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione ai presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La decisione del Tribunale non terrebbe conto della sussistenza della situazione di vulnerabilità soggettiva con riferimento all’inserimento sociale e al livello di integrazione di radicamento raggiunto da richiedente nel nostro paese.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

La valutazione del Tribunale in ordine all’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale di Milano ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

Il Tribunale di Milano ha anche fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che la Costa d’Avorio non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, mentre la persecuzione ad opera dello zio non è, all’evidenza, una situazione riconducibile dell’art. 14, lett. b), sopra citato.

Deve ribadirsi che in tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). Il ricorrente si limita a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo al non aver tenuto conto della situazione generale del paese di origine.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso con idonea motivazione, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono l’esistenza di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

La pronuncia impugnata, dunque, risulta del tutto conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, atteso che quanto al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero in Italia, esso può essere valorizzato come presupposto della protezione umanitaria non come fattore esclusivo, bensì come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa.

Giova aggiungere che le Sezioni Unite di questa Corte, nella recente sentenza n. 29460/2019, hanno ribadito, in motivazione, l’orientamento di questo giudice di legittimità in ordine al “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale”, rilevando che “non può, peraltro, essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza (Cass. 28 giugno 2018, n. 17072)”, in quanto, così facendo, “si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria”.

Il Tribunale, nell’escludere la condizione di vulnerabilità, ha ampiamente motivato anche in relazione alla condizione di salute del ricorrente.

4. In conclusione il ricorso è infondato.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2020

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