Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21936 del 02/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/09/2019, (ud. 01/02/2019, dep. 02/09/2019), n.21936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pascquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17611-2018 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 4,

presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO EMILIO

ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 1443/2013 della CORTE D’APPELLO di

PERUGIA, depositato l’08/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’01/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di Appello di Perugia, con decreto n. 30/2017 del 14 giugno 2018, accogliendo il ricorso proposto da P.L., della L. n. 89 del 2000, ex art. 3, ha condannato il Ministro della Giustizia al pagamento della somma di Euro 1.209,00 in favore di parte ricorrente, a titolo di indennizzo per danno non patrimoniale oltre ad interessi legali dalla domanda al saldo; condannava, altresì, il predetto Ministero al rimborso in favore della ricorrente delle spese processuali che si liquidavano in Euro 405,00.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia la P. propone ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo.

Il Ministero dell’Giustizia resiste con controricorso.

L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4. La ricorrente espone che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati del D.M. n. 55 del 2014, Tabella 12 (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari).

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

l’unico motivo di ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (cfr. Cass. 10 aprile 2018 n. 8818 del 2018; Cass. 28 febbraio 2018 n. 4689; Cass. 14 novembre 2016 n. 23187; Cass. 17 ottobre 2008 n. 25352).

Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014 (che detta i criteri da applicare nel regolare le spese di causa, mentre il D.M. n. 140 del 2012 regola la materia dei compensi tra professionista e cliente: Cass. 17 gennaio 2018 n. 1018), non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La liquidazione disposta dalla Corte di appello Perugia in complessivi Euro, 405,00, opera, invece, senza dare alcuna adeguata motivazione, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui alla tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.101,00 ad 5.200,00), pur applicata la riduzione massima in ragione della speciale semplicità dell’affare D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, (Cass. 15 dicembre 2017 n. 30286; Cass. 31 gennaio 2017 n. 2386; Cass. 16 settembre 2015 n. 18167).

Infatti, pur applicando la massima riduzione ai singoli importi per ciascuna voce, ai sensi del citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, la somma totale liquidabile sarebbe di Euro 1.198,50, così computata: Euro 255,00 per la fase di studio della controversia (a fronte di Euro 510,00 come importo medio ordinario); Euro 255,00 per la fase introduttiva del giudizio (a fronte di Euro 510,00 quale importo medio ordinario); Euro 238,50 per la fase istruttoria (per effetto della riduzione del 70%, applicabile per tale voce, rispetto alla somma ordinaria prevista in tabella di Euro, 945,00); Euro 405,00 per la fase decisionale (a fronte di Euro 810,00 quale importo medio ordinario);

– ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato.

Sussistendone le condizioni, è possibile decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con liquidazione del complessivo compenso del difensore in Euro 1.198,50 (spese generali, IVA e CPA) e con condanna dell’amministrazione alla rifusione del predetto importo, con distrazione in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari.

Anche le spese legali del giudizio di legittimità debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

PQM

La Corte accoglie il ricorso a, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in favore della odierna ricorrente nell’importo complessivo di Euro 1.198,50 oltre spese generali ed accessori, con distrazione in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate;

condanna il Ministero della giustizia alla rifusione, in favore di parte ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli stessi degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, liquida in 900,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2″ Sezione Civile, il 1 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2019

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