Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2193 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 11/05/2010, dep. 31/01/2011), n.2193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – est. Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15440-2006 proposto da:

COMUNE DI LECCO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA GAVINANA 1, presso lo studio dell’avvocato

PECORA FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato COLOMBO

GIOVANNI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AZD OSPEDALIERA OSP LECCO, in persona del Direttore Generale pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. LIPPI 2, presso lo

studio dell’avvocato TOMASSINI FABIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANGHILERI MARIO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 106/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 15/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2010 dal Consigliere Dott. RENATO POLICHETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PECORA FRANCESCO per delega Avv.

COLOMBO GIOVANNI, che si riporta agli atti;

udito per il resistente l’Avvocato ANGHILERI MARIO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del 3 motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 23 aprile 2003 l’azienda ospedaliera “Ospedale di Lecco “propose opposizione avverso l’avviso di accertamento del Comune di Lecco, che aveva avuto ad oggetto la denuncia di variazione delle aree e dei locali adibiti ad attività produttive di servizio e commercio, con la quale erano stati esclusi dall’assoggettamento alla tassa di raccolta dei rifiuti solidi urbani i locali destinati a sala di degenza.

Dedusse la opponente che il regolamento comunale non prevede la applicazione del tributo sulle aree in cui si producono rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali pericolosi e prevede una tassazione ridotta per le aree a produzione di rifiuti solidi urbani speciali.

La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso.

Il Comune impugnò la decisione, rilevando che l’ente ospedaliero non aveva assolto all’onere della prova di quanto dedotto e che erroneamente si era ritenuto che le parti avessero concordato sulla circostanza che i Locali destinati a degenza producessero promiscuamente di rifiuti solidi urbani e speciali e lamentando il vizio ci ultrapetizione della sentenza impugnata. La Commissione tributaria regionale di Milano ha confermato la decisione, con sentenza 6 maggio 2005, ritenendo che fosse stato provato lo smaltimento dei rifiuti speciali, tossici e nocivi, a cura della appellata.

Propone ricorso per cassazione con tre motivi il Comune; resiste con controricorso l’azienda ospedaliera.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, norma assunta dal regolamento comunale, secondo cui la tassa dovuta per la occupazione e detenzione, qualunque sia l’uso cui sono adibiti i locali e le aree scoperte, mentre nessuna prova era stata data in senso contrario, avendo controparte ammesso che nell’area di degenza si produceva una quota di rifiuti solidi urbani.

Con il secondo mezzo è denunziata la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sul punto decisivo della controversia, in ordine alla concorde ammissione delle parti circa la produzione promiscua di rifiuti. Nega il Comune di avere mai riconosciuto la promiscuità, essendosi limitato ad affermare che nelle aree di degenza si svolgono attività quotidiane produttive di rifiuti ordinari, tanto da giustificare la tassazione; e contesta l’affermazione che la produzione promiscua possa essere assunta come fatto notorio, che, quand’anche tale fosse, lascerebbe confermato, perchè notorio, anche il fatto della produzione dei rifiuti urbani.

Con il terzo mezzo analoga denunzia di vizio motivazionale viene proposta sul punto del divieto di ultrapetizione, avendo il giudice di appello confermato la sentenza di primo grado, la quale aveva accolto in toto il ricorso, sebbene l’azienda ospedaliera avesse ammesso la produzione nelle aree di degenza anche di rifiuti ordinari, così modificando sostanzialmente la domanda.

Il ricorso è fondato e merita di essere accolto con riguardo all’ultima delle censure formulate.

I giudici di merito hanno rinvenuto la ammissione della produzione promiscua nelle sale di degenza di rifiuti ordinar e di rifiuti speciali negli atti difensivi della azienda ospedaliera, che peraltro non ha negato neanche nelle difese assunte nel giudizio di legittimità tale circostanza, ed hanno preso atto, anche in tal caso con un accertamento in fatto, insuscettibile quanto il precedente del sindacato di legittimità e tali, l’uno e l’altro, da determinare il rigetto dei primi due motivi, che essa aveva assolto all’onere della prova in ordine allo smaltimento diretto dei rifiuti speciali, ritenendo che ciò giovasse a realizzare la condizione giustificatrice della esenzione.

Hanno Tuttavia disatteso la censura dell’appellante Comune alla statuizione di totale accoglimento del ricorso, rilevando che la contribuente aveva chiesto l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento e che d’altra parte lo stesso appellante aveva insistito per il rigetto del ricorso.

Quest’ultimo assunto non può essere condiviso. Esso, pur muovendo dall’accertamento della promiscuità della produzione di rifiuti, conclude nel senso della sua irrilevanza, in quanto a trovare impedimento alla conseguente statuizione in termini di riduzione dell’aliquota fiscale, alla stregua di quanto previsto dal regolamento comunale, sarebbero state sia la originaria richiesta della ricorrente, intesa all’annullamento integrale dell’atto impugnato, sia la istanza dell’appellante che aveva insistito per il rigetto, anche qui totale, del ricorso; conclusione che non si conforma al principio di diritto tributario che la impugnazione avverso l’atto impositivo è di annullamento – merito, sicchè la pronuncia di annullamento non è ostativa a quella con cui il giudice sostituisce all’atto contestato, nei limiti del petitum, la decisione sulla pretesa fatta valere dall’ente impositore, riducendone la portata. Ne consegue che in relazione al terzo mezzo la sentenza impugnata debba essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale Lombardia anche per le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa in relazione al motivo accolto la semenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Commissione tributaria regionale Lombardia.

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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