Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21927 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/09/2017, (ud. 24/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21927

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18795/2015 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE G. MAZZINI

88, presso lo studio dell’avvocato DANIELE DE BONIS, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FRANKIA PILOTE GMBH & CO in persona dell’Amministratore Delegato

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI

LEONE, 78, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO PINNARO’, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO CARTELLA

giusta procura speciale in calce al controricorso;

OTTOCARAVAN S.R.L. IN LIQUIDAZIONE in persona del suo liquidatore

Avv. M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI

PARIOLI 54 presso lo studio dell’avvocato LUCIANA FRANCIOSO che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICCOLI MIMMA giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 271/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2017 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.D. acquistò nel 2008, dalla concessionaria Ottocaravan s.r.l., un camper modello Frankia A680D, che andò distrutto, in data (OMISSIS), a causa di un incendio, mentre si trovava davanti alla propria abitazione, in (OMISSIS).

Il P. richiese quindi dapprima una ATP e, successivamente, convenne in giudizio la concessionaria. Questa chiese ed ottenne la chiamata in causa di Frankia Pilote GMBH & Co., costruttrice del veicolo. Il Tribunale di Milano, con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del 21.2.2012, condannò Ottocaravan al risarcimento del danno patito dall’attore, pari ad Euro 56.984,12, oltre accessori, ritenendo che l’incendio si fosse sprigionato a causa del difettoso funzionamento dei sensori di temperatura o dell’elettrovalvola del sistema di riscaldamento del camper e dell’acqua sanitaria, e ciò conformemente alle conclusioni dell’ATP. Al contempo, il Tribunale condannò la terza chiamata a manlevare la concessionaria di quanto pagato all’attore.

La Corte d’appello di Milano, investita principaliter da Frankia Pilote e incidentalmente da Ottocaravan, accolse gli appelli con sentenza del 19.1.2015, riformando l’ordinanza impugnata e condannando il P. alla restituzione di quanto frattanto ottenuto in esecuzione della prima decisione. Ciò perchè, ai fini della individuazione della causa dell’incendio, non è sufficiente individuarne la mera localizzazione originaria, occorrendo invece dimostrare che quelle specifiche componenti fossero affette da vizi, cosa che il preteso danneggiato non aveva fatto.

P. ricorre affidandosi a due motivi. Resistono con distinti controricorsi Ottocaravan e Frankia Pilote. Il ricorrente e quest’ultima hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione degli artt. 1123 e 2056 c.c., dell’art. 2043c.c., degli artt. 40 e 41 c.p., dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, si sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato le norme in tema di rapporto di causalità. In particolare, sarebbe stata violata la regola della causalità adeguata e della preponderanza dell’evidenza (“più probabile che non”), essendo comunque non rilevante che la prova del convincimento del giudice sia idonea a garantire certezza, sufficiente essendo invece la mera probabilità.

Nella specie, era stato proprio il CTU ad escludere alcune cause, essendo improbabili, e ad individuare quella poi utilizzata dal Tribunale (difetto dei sensori di temperatura e/o dell’elettrovalvola del sistema di riscaldamento del camper e dell’acqua sanitaria) quale causa più probabile. Quindi, al contrario di quanto opinato dalla Corte, la prova della difettosità dei componenti era stata pienamente fornita e raggiunta. Del resto, il camper era andato completamente distrutto, sicchè il pretendere dal P. la prova della difettosità del singolo componente costituiva probatio diabolica.

1.2 – Con il secondo motivo, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 1490 c.c., art. 1512 c.c., dell’art. 120 (commi 1 e 2) e del D.Lgs n. 206 del 2005, art. 118, comma 1, lett. b), (c.d. codice del consumo) e degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, si sostiene che la sentenza impugnata ha disatteso l’insegnamento di Cass., Sez. un. n. 13533/2001, sulla ripartizione dell’onere probatorio, così massimata: “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento”.

Il ricorrente afferma che, applicando detto insegnamento al contratto di compravendita, all’acquirente sarà sufficiente allegare la presenza di vizi o difetti che rendono la cosa inidonea all’uso cui è destinata, mentre spetterà al venditore dare la prova di aver esattamente adempiuto, ossia di aver venduto e consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo di bene ovvero regolarmente fabbricata o realizzata (in termini, Cass. n. 20110/13). Nella specie, sostiene il ricorrente, egli ha adempiuto il proprio onere di allegazione, mentre la concessionaria non avrebbe fatto altrettanto rispetto al proprio onere probatorio.

Onere che il P. avrebbe rispettato anche in riferimento alla normativa sui consumatori, pure tempestivamente invocata, ma non presa in considerazione dalla Corte d’appello. Infatti, secondo il ricorrente, è inevitabile il ricorso a presunzioni, stante la difficoltà di provare con esattezza il difetto del prodotto; nella specie, come detto, il criterio presuntivo era l’unico possibile, poichè il mezzo era andato completamente distrutto. Il primo giudice – sulla base di una CTU percipiente – aveva correttamente ricostruito il fatto ignoto (vizio di alcune parti del mezzo) dal fatto noto (punto di insorgenza delle fiamme); pertanto, ha errato la Corte d’appello nel sostenere il contrario.

2.1 – Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalle società controricorrenti.

Al contrario di quanto da esse sostenuto, le censure mosse dal ricorrente al provvedimento impugnato non consistono in una personale lettura delle risultanze probatorie contrapposta a quella adottata dalla Corte d’appello, ma si sostanziano nella denuncia di violazione o falsa applicazione delle norme indicate nelle riportate rubriche, con argomenti dotati di sicura specificità avuto riguardo ai passaggi motivazionali della sentenza stessa, affetti, in tesi, da error juris in iudicando.

3.1 – Ciò posto, deve esaminarsi per primo il secondo motivo, avente carattere assorbente. Esso è fondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che il P. non avesse dato prova della difettosità di quegli elementi (impianto di riscaldamento, elettrovalvola, ecc.) individuati dal CTU quale causa dell’incendio. Tuttavia, in applicazione del noto insegnamento delle Sez. un. sulla “vicinanza della prova”, sopra riportato, questa Corte ha affermato che “In tema di inadempimento del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi l’inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, mentre è a carico del venditore, quale debitore di un’obbligazione di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne consegue che, ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore” (Cass. n. 20110/2013).

Peraltro, va registrato che vi è altro orientamento giurisprudenziale, di segno specularmente opposto. Infatti, secondo Cass. n. 18125/2013, “In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, l’onere della prova dei difetti, delle conseguenze dannose e del nesso causale fra gli uni e le altre fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria della mancanza di colpa, incombente al venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza” (nello stesso senso, più recentemente, Cass. n. 3042/2015, non massimata).

Tuttavia, come si evince dalla lettura delle relative motivazioni, l’orientamento da ultimo riportato richiama acriticamente un filone di giurisprudenza formatosi in epoca anteriore a Cass., Sez. un. n. 13533/2001, da cui invece prescinde del tutto. In sostanza, detti precedenti non hanno esaminato la portata dell’importante pronuncia delle Sezioni unite rispetto al tipo contrattuale sub iudice, come invece hanno fatto la già citata Cass. n. 20110/2013 per la compravendita, nonchè Cass. n. 19146/2013 in tema di appalto (con argomentazioni certamente sovrapponibili al caso in esame, stante l’affinità funzionale tra gli artt. 1495 e 1667 c.c.).

Ritiene quindi il Collegio di doversi muovere nel solco dell’insegnamento delle Sezioni unite più volte richiamato, e di dover dare continuità al principio affermato da Cass. n. 20110/2013. Pertanto, la decisione impugnata è errata, perchè ha addossato al compratore un onere probatorio cui egli sarebbe stato soggetto solo qualora il venditore, a sua volta, avesse adempiuto il proprio: aspetto, quest’ultimo, il cui esame è stato completamente obliterato dalla Corte d’appello.

4.1 – In definitiva, il secondo motivo è accolto, assorbito il primo.

Si impone quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in altra composizione, che applicherà il principio di diritto prima richiamato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il secondo motivo, assorbito il primo. Cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in altra composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 24 maggio 2017.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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