Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21920 del 21/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 21/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.21/09/2017),  n. 21920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7489/2015 R.G. proposto da:

F.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola de Maio,

domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente –

contro

A.D.S., rappresentato e difeso dall’Avv.

Nazzario De Luca, domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari pubblicata il 18

settembre 2014.

Udita la relazione svolta in camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

Letta la sentenza impugnata che, in parziale riforma della sentenza

di primo grado, ha ritenuto il concorso di colpa, nella misura del

15%, di F.A. nella verificazione dell’incidente di cui è

rimasto vittima, riducendo conseguentemente in proporzione il

risarcimento del danno spettantegli;

letto il ricorso, il ricorso incidentale e il relativo controricorso.

Fatto

RITENUTO

F.A., appuntato dei Carabinieri, ha convenuto in giudizio il commilitone A.S.D. e la Fondaria SAI s.p.a. al fine di ottenere la condanna degli stessi al risarcimento dei gravi danni subiti per effetto di un colpo di pistola sparatogli accidentalmente dall’ A. mentre provvedeva alla pulizia dell’arma in un apposito vano della caserma.

Costituitesi le parti, veniva integrato il contraddittorio nei confronti del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri. La posizione processuale di questi ultimi, tuttavia, veniva separata con successiva ordinanza, per decidere sull’eccezione di incompetenza territoriale.

Il giudizio, pertanto, proseguiva fra le sole parti originarie e, con sentenza del 9 aprile 2008, il Tribunale di Lucera, sezione distaccata di Rodi Garganico, condannava l’ A. al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 787.953,00 e rigettava la domanda del Falcone nei confronti della compagnia assicurativa.

La Corte d’appello di Bari, adita dall’ A., in parziale riforma della sentenza di primo grado, riteneva il parziale concorso di colpa del F., nella misura del 15%, e riduceva proporzionalmente la condanna dell’appellante.

Ricorre per la cassazione di tale sentenza il F. per due motivi. L’ A. resiste e propone ricorso incidentale articolato in quattro motivi. Il F. resiste, a sua volta, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo del ricorso principale, si deduce la violazione degli artt. 167,183,184 e 345 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, accertando un parziale concorso di colpa del danneggiato, si sarebbe pronunciata su una domanda nuova, ossia sulla pretesa corresponsabilità del maresciallo T., titolare dell’arma, che aveva incaricato l’ A. di pulirla.

In realtà, lo stesso ricorrente riconosce che il concorso di colpa era stato invocato dall’ A. tempestivamente nel primo grado di giudizio: l’elemento di novità sarebbe costituito dall’addebito di tale responsabilità al T., soggetto peraltro estraneo al giudizio.

La censura è inammissibile poichè non è affatto vero che la Corte d’appello abbia incidentalmente accertato la corresponsabilità del T.. Come chiaramente si evince dalla lettura della sentenza, l’accertamento del concorso di colpa del danneggiato è avvenuto all’interno della cornice dei fatti accertati sulla base dell’istruttoria svolta in primo grado, della denuncia sporta dallo stesso F. alla Polizia e della consulenza balistica svolta in sede penale. La questione su cui si è pronunciata la Corte d’appello, pertanto, non presenta alcun carattere di novità rispetto al thema decidendum del giudizio di primo grado.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1227,2043 e 2050 c.c. e degli artt. 582 e 585 c.p., nonchè il vizio di motivazione del provvedimento impugnato.

Quest’ultimo non è più annoverato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come motivo di ricorso per cassazione relativamente alle sentenze pubblicate dopo l’11 settembre 2012 ed è, pertanto, inammissibile.

Quanto al resto, la censura si risolve in una ricostruzione alternativa della vicenda in punto di fatto, basata sul contenuto di atti di indagine relativi a un procedimento penale a carico dell’ A. conclusosi con il proscioglimento dello stesso per improcedibilità per mancanza di querela. Escluso, dunque, che vi sia stato un accertamento del fatto in sede penale, anche queste doglianze sono inammissibili, risultando assorbente, rispetto ad ogni altro profilo, la circostanza che il ricorrente non ha fornito alcuna prova nè del fatto che le dichiarazioni rese dall’ A. nel corso delle indagini penali siano state tempestivamente prodotte nel processo civile, nè del loro specifico contenuto (che il F. si limita a parafrasare).

Infine, parimenti inammissibile risulta il riferimento alla non inclusione dello smontaggio delle armi fra le attività pericolose di cui all’art. 2050 c.c., dal momento che il giudice d’appello non ha fondato la sua decisione sull’astratta pericolosità dell’operazione, bensì su una specifica condotta tenuta dal F., che certamente ha concorso, sia pure in misura modesta (15%), a causare il sinistro di cui è rimasto vittima.

3. Con il ricorso incidentale si deduce, anzitutto, la duplicazione delle voci di danno e l’ultrapetizione in quanto i giudici di merito avrebbero riconosciuto al F. il diritto al risarcimento del danno esistenziale, dallo stesso mai richiesto.

In realtà, la corte d’appello – confermando in parte qua la sentenza di primo grado – ha liquidato tre voci di danno: biologico temporaneo; biologico permanente; non patrimoniale ex art. 2059 c.c.. Non vi è, quindi, alcuna duplicazione di poste risarcitorie, trattandosi di voci di danno chiaramente distinte. Si deve, peraltro, rilevare che la Corte d’appello ha ritenuto la congruità dell’importo liquidato dal giudice di primo grado rispetto ai criteri indicati nelle tabelle del danno biologico elaborate dal Tribunale di Milano: tale autonoma ratio decidendi non è stata impugnata e ciò determina la carenza di interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione parziale.

Quanto alla pretesa ultrapetizione, si deve rilevare, per un verso, che la censura non risponde ai requisiti di specifità richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 6, giacchè il controricorrente non riferisce quali esattamente fossero le domande formulate dall’attore con l’atto introduttivo, limitandosi apoditticamente ad affermare che tali domande non comprendevano il danno esistenziale; per altro verso, si deve rilevare che dalla formulazione della censura risulta chiaramente che l’ A. confonde il danno morale, previsto dall’art. 185 c.p. e risarcibile ex art. 2059 c.c., con il danno esistenziale. Quest’ultimo non risulta oggetto di alcuna valutazione risarcitoria da parte dei giudici di merito, che in ciò si sono correttamente attenuti ai principi affermati in materia della Corte di cassazione (v., fra le ultime, Sez. 3, Sentenza n. 336 del 13/01/2016, Rv. 638611).

4. Con il secondo motivo si impugna la decisione di merito nella parte in cui ha ritenuto la corresponsabilità dell’ A., anzichè il caso fortuito. Si tratta però di censure in punto di fatto, inammissibili in questa sede.

5. Parimenti inammissibile è il terzo motivo, relativo alla graduazione del concorso di colpa del F., che si chiede venga ritenuto in maggior misura o, in difetto di prova, secondo il principio di pari colpa. Anche in questo caso non vengono dedotti effettivi errori di diritto, bensì solamente apprezzamenti di merito.

6. Con il quarto motivo del ricorso incidentale si afferma che la corte d’appello non avrebbe esaminato le richieste e le eccezioni dell’ A. circa l’accertamento della responsabilità del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri.

In realtà, la posizione di tali soggetti, nei cui confronti era stato integrato il contraddittorio, è stata stralciata con ordinanza del 4 ottobre 2004. Di conseguenza, le censure in esame sono rivolte, in ultima istanza, contro tale ordinanza che, avendo natura ordinatoria e non decisoria, non può costituire oggetto di ricorso per cassazione. Il motivo è quindi inammissibile.

7. Stante la reciproca soccombenza, va disposta l’integrale compensazione delle spese processuali.

Sussistono però i presupposti per l’applicazione, nei confronti sia del ricorrente principale sia del ricorrente incidentale, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte di entrambi, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da ciascuno proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

 

dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia del ricorrente principale sia del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2017

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