Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21916 del 07/09/2018

Cassazione civile sez. I, 07/09/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 07/09/2018), n.21916

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6272/2014 proposto da:

B.L., quale erede di B.N., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Tacito n. 23, presso lo studio

dell’avvocato De Micheli Cinzia, che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo S.p.a. (per incorporazione del Sanpaolo IMI s.p.a. in

Banca Intesa s.p.a.), già Banca Intesa s.p.a., già Cariplo s.p.a.,

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n. 15, presso lo studio

dell’avvocato Gargani Benedetto, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Besostri Grimaldi Erasmo, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1894/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 24/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/05/2018 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto che la

Corte di Cassazione respinga il ricorso con le conseguenze previste

dalla legge.

Fatto

RITENUTO

che:

Il giudizio, originariamente incardinato da B.N. e proseguito da B.L., quale suo erede universale, riguarda cinque operazioni di investimento in obbligazioni argentine concluse dal de cuius nelle date 3/01/1997, 11/8/1997 (parzialmente disinvestite in data 22/07/1998 e in data 24/03/2000), 26/05/1999, 26/01/2000 e 26/02/2001 per complessivi Euro 186.212,87, che questi assumeva essere state effettuate, per il tramite di Cariplo s.p.a. (poi Banca Intesa s.p.a., ora Intesa Sanpaolo s.p.a.) nonostante la mancanza di un valido ed efficace contratto-quadro di negoziazione, oltre che a fronte della asserita omissione, da parte della banca, degli obblighi informativi; l’attore eccepiva altresì l’annullabilità delle singole operazioni per dolo e/o errore essenziale sulla loro natura e/od oggetto e formulava le conseguenti domande restitutorie e/o risarcitorie.

Tutte le domande avanzate dall’investitore venivano respinte dal giudice di primo grado e l’appello proposto da B.L. contro la decisione veniva rigettato dalla Corte di appello di Torino con la sentenza in epigrafe indicata.

La corte territoriale rilevava: che il contratto di intermediazione mobiliare stipulato il 14/02/1992 tra le parti, pur pacificamente sottoscritto dal solo investitore, possedeva i contenuti e la forma del contratto di negoziazione, era stato redatto in forma scritta ed era stato consegnato al cliente; che, inoltre, tutti servizi resi dalla banca, sia prima che dopo il 1998, erano stati forniti sulla base del contratto del 1992 che non necessitava di un adeguamento nel 1998; che, peraltro, la domanda di nullità per difetto di sottoscrizione della banca era stata tardivamente proposta dall’appellante e che la (eventuale) nullità in questione non era suscettibile di rilievo d’ufficio, trattandosi di nullità di protezione. La corte escludeva altresì che ricorressero le condizioni per l’annullamento dei contratti o per la risoluzione e respingeva, infine, anche la domanda risarcitoria, siccome riproposta in appello non in dipendenza del mero inadempimento della banca, ma solo quale conseguenza di quelle di nullità e/o annullamento e/o risoluzione.

B.L. propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidandosi ad otto motivi corredati da memoria. Intesa Sanpaolo s.p.a. resiste con controricorso e memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Il ricorso, già chiamato all’adunanza camerale dell’08/11/2017, era stato rinviato a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite in merito a questioni concernenti il contratto di intermediazione sottoscritto dal solo cliente ed è stato nuovamente fissato per l’adunanza in camera di consiglio in data odierna, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Il Sostituto Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e degli artt. 1325 e 1418 c.c., nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia rigettato la domanda di nullità/inesistenza – per difetto di forma scritta dovuta alla carenza di sottoscrizione da parte della banca – del contratto-quadro stipulato il 14/02/1992.

1.2. Il motivo va respinto, non avendo il collegio ragione per discostarsi dal principio, di recente enunciato dalle S.U., secondo cui “In tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicchè tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Cass. S. U. n. 898 del 16/01/2018, v. anche S.U. n. 1653 del 23/01/2018), alla luce del quale la mancata sottoscrizione da parte della banca del contratto di negoziazione del 1992 è inidonea a supportare l’invocata pronuncia di nullità.

1.2. Resta assorbito il secondo motivo del ricorso, che denuncia la violazione falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., nonchè il vizio di motivazione, per aver la corte d’appello erroneamente ritenuto la domanda di nullità riferita alla violazione degli obblighi informativi e non – come invece era avvenuto – alla carenza di forma (fol. 21 del ricorso).

2.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, art. 1418 c.c. e art. 30 del Reg. CONSOB n. 11522/1998, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ad avviso del ricorrente, la corte di appello avrebbe errato nel ritenere infondata la ragione di gravame riferita alla mancanza del contratto quadro del 1998 ed alla conseguente nullità degli ordini di acquisto, in base alla considerazione che questi erano stati impartiti in esecuzione del contratto di negoziazione del 1992, che non necessitava di alcun adeguamento nel 1998.

B. sostiene, al contrario, che gli investimenti erano da ricondursi al contratto quadro del 1998, mai prodotto in giudizio ed inesistente fenomenicamente e giuridicamente per difetto di forma (fol. 28 del ricorso), e che era pertanto evidente che l’acquisto dei titoli era avvenuto in spregio del dettato dell’art. 1418 c.c. e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23.

2.2. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

Il ricorrente lamenta che la corte territoriale abbia ricondotto ogni operazione, impartita sia prima che dopo il 1998, al contratto del 1992 ed abbia considerato la normativa di settore applicabile sempre in riferimento al contratto del 1992. In proposito sostiene che non era stata affatto documentata e provata la consegna del documento sui rischi generali dell’investimento, nonostante le contrarie affermazioni della banca. Ribadisce, inoltre, che la sentenza è errata laddove ha omesso di valutare l’esistenza o meno di un valido contratto quadro del 1998, rispondente alla normativa del TUF, ritenendo invece di poter ricondurre tutte le operazioni al contratto del 1992.

2.3. I motivi, che sono tra loro connessi e possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

2.4. La corte di appello ha individuato nel contratto del 14/02/1992 il valido contratto di negoziazione rispondente, sia sotto il profilo della forma, sia sotto quello dei contenuti, alla normativa di settore allora vigente, e ne ha ravvisato altresì la conformità anche alla normativa sopravvenuta nel 1998; ha ritenuto gli ordini, sia anteriori che successivi al 1998, legittimamente impartiti sulla base di quel contratto, che non necessitava di alcun adeguamento nel 1998, risultando in linea con le disposizioni del TUF e del Regolamento Consob.

Le contestazioni aventi ad oggetto l’esistenza/o validità di un ipotetico contratto successivo, concluso nel 1998, sono pertanto prive di decisività.

2.5. Le censure, peraltro, non colgono nel segno anche perchè non risulta che la banca avesse dedotto l’avvenuta stipula di un nuovo contratto nel 1998: dalla lettura della sentenza impugnata emerge, infatti, che la convenuta/appellata si era limitata a produrre una dichiarazione del B. in cui questi dava atto del ritiro di un nuovo “testo contrattuale” (ovvero di un testo meramente integrativo del contratto già stipulato nel 92) e di aver inoltre ricevuto il documento sui rischi generali dell’investimento, richiesto dalla nuova normativa entrata in vigore nel 98.

3.1. Con il quinto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1394,1427,1429 e 1439 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 27 e artt. 26, 28 e 29 del Reg. CONSOB n. 11522/1998, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.; infine si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorrente si duole, in primo luogo, che la corte territoriale abbia rigettato la domanda di annullamento dei singoli ordini di acquisto, ritenendola inammissibile in quanto riferita ad atti esecutivi dell’originario contratto di negoziazione privi di autonoma valenza contrattuale: osserva che, mancando nel caso di specie il contratto quadro, solo con riferimento ai singoli “contratti di acquisto” era possibile verificare la conformità alla normativa vigente ed il rispetto degli obblighi informativi specifici ai sensi dell’art. 30 del Reg. Cit..

Contesta poi la decisione di rigetto della domanda di annullamento per errore (fol. 33) e/o per dolo (fol. 33) entrambe formulate sul presupposto della mancanza di informazioni circa i titoli oggetto dell’investimento.

Sostiene, infine, che la corte di appello ha omesso di valutare il fatto, decisivo per il giudizio, che la banca, versando in conflitto di interessi ex art. 1394 c.c. e art. 27 del Reg. CONSOB n. 11522/1998, avrebbe dovuto astenersi dal dare esecuzione agli ordini (fol. 39).

3.2. La prima delle tre distinte censure nelle quali si articola il motivo, ancora una volta fondata sull’asserita mancanza del contratto quadro, è assorbita dal rigetto dei precedenti motivi.

3.3. La seconda, prima ancora che infondata (perchè il dolo non può consistere nel mero inadempimento agli obblighi informativi e l’errore, come correttamente ricordato dal giudice d’appello, deve riguardare dati di fatto oggettivi ed essenziali e non prognosi sui successivi sviluppi del mercato), è inammissibile, non risultando specificamente censurata l’affermazione della corte del merito circa l’inammissibilità della domanda di annullamento dei singoli ordini in quanto privi di autonoma valenza contrattuale.

3.4. La terza è anch’essa inammissibile, perchè non risulta che la questione di nullità/inefficacia delle negoziazioni in quanto eseguite dalla banca in conflitto di interessi sia mai stata dedotta nel corso giudizio di merito o, comunque, devoluta alla cognizione del giudice d’appello.

4.1. Con il sesto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1453,1456 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, ed infine l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha errato laddove ha affermato che l’eventuale inadempimento della banca agli obblighi informativi sulla stessa incombenti non sarebbe stato di tale importanza da legittimare la risoluzione del contratto, e ciò nonostante tali obblighi fossero stati totalmente disattesi dall’intermediaria. Lamenta, inoltre, che la corte di appello si sia astenuta dal valutare le testimonianze rese dai funzionari della banca.

4.2. Con il settimo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1453,1456 e 2697 c.c. e degli artt. 21,23 e 29 del TUF, nonchè degli artt. 28 e 29 del Reg. CONSOB cit., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed ancora l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto che l’inadempimento della banca, anche ove in concreto ravvisabile, non fosse di tale importanza da legittimare la risoluzione del contratto di negoziazione in base alla considerazione che nel periodo controverso il patrimonio mobiliare di B.N. ammontava a circa Euro 1.350.000,00, che le operazioni effettuate dal defunto erano state oltre il centinaio e che l’inadempimento era stato allegato solo in relazione a cinque operazioni su titoli argentini per un importo di Euro 186.212,87 e prospetta una opposta conclusione svolgendo ampie considerazioni in merito: 1) al personale profilo quale investitore; 2) all’inadempimento ed alla gravità dello stesso; 3) alla condotta dell’investitore in relazione ad altre operazioni ed al patrimonio mobiliare posseduto.

4.3. I motivi, fra loro connessi ed esaminabili congiuntamente, sono inammissibili sia ove intesi a criticare il rigetto della domanda di risoluzione del contratto quadro, sia ove intesi a contestare il rigetto della domanda di risoluzione dei singoli ordini d’acquisto.

4.4. Sotto il primo profilo essi mirano, infatti, ad ottenere una nuova valutazione delle risultanze di causa ed a contrastare l’accertamento in fatto (sindacabile nelle presente sede di legittimità nei soli limiti consentiti dall’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5) in base al quale la corte del merito, tenuto conto della durata pluriennale del contratto quadro e considerato che lo stesso non si era esaurito nell’esecuzione degli ordini in contestazione, ha escluso che l’inadempimento agli obblighi informativi relativo a quei soli ordini fosse di tale gravità da poter giustificare la risoluzione.

4.5. Sotto il secondo profilo, i motivi attengono invece a questione coperta da giudicato interno, atteso che la corte torinese ha espressamente rilevato che la statuizione del primo giudice, di inammissibilità della domanda di risoluzione dei singoli ordini autonomamente considerati, non era stata censurata in appello.

5.1. Con l’ottavo motivo si denuncia la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove ha escluso che tra le domande proposte dal B. vi fosse anche quella di accertamento della responsabilità precontrattuale o contrattuale della banca e che fosse stata avanzata autonoma domanda risarcitoria.

5.2. Il motivo è fondato.

5.3. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, sì come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (fra molte, Cass. nn. 3012/2010, 19331/07, 23819/07).

Ciò premesso, va rilevato che la stessa corte territoriale ha dato atto che il tema del danno derivato a B. dal mero inadempimento della banca agli obblighi discendenti dal contratto era stato introdotto tempestivamente in giudizio e coltivato in appello (ciò che, del resto, trova ampia conferma nei passi dell’atto di gravame richiamati nel motivo di ricorso); la conclusione secondo cui tale tema, per essere autonomamente esaminato, necessitasse di trattazione separata e della specifica riproposizione di una domanda di accertamento della responsabilità da inadempimento dell’istituto di credito ai propri obblighi informativi si rivela errata, a prescindere da ogni altro rilievo, per la dirimente ragione che detta domanda era necessariamente ricompresa in quella, più ampia, di risoluzione, respinta dal primo giudice con statuizione che aveva formato oggetto di impugnazione.

6.1. All’accoglimento del motivo conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

Le questioni di fatto dedotte dalla banca, inerenti la mancanza di prova sia del nesso di causalità fra l’inadempimento e il danno lamentato sia dell’ammontare del danno, non avendo formato oggetto di trattazione nel grado d’appello dovranno essere esaminate ex novo dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie l’ottavo motivo del ricorso e rigetta nel resto;

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la controversia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2018

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