Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21910 del 09/10/2020

Cassazione civile sez. I, 09/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 09/10/2020), n.21910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 22509-2018 r.g. proposto da:

A.S., rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta

a margine del ricorso, dall’Avvocato Daniela Papa, elettivamente

domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Prefettura di Palermo;

– intimata –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di PALERMO, depositato

il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/9/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

Ceroni Francesca, che ha chiesto dichiararsi l’accoglimento del

ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Antonello Ciervo (per delega), che

ha chiesto accogliersi il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.S., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata ordinanza con la quale il Giudice di Pace di Palermo, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 8 e D.Lgs. 10 settembre 2011, n. 150, art. 18 ha respinto il ricorso avverso il decreto di espulsione disposto nei suoi confronti dal Prefetto della provincia di Palermo.

Il Giudice di pace ha ritenuto che il provvedimento espulsivo era valido ed efficace, considerata la sua natura di atto dovuto e non discrezionale, non residuando margini di discrezionalità valutabili dalla P.A. anche in relazione alla valutazione di eventuali ragioni di ordine pubblico sottese al provvedimento espulsivo. Il giudice del merito ha inoltre ritenuto che non vi fosse alcuna causa ostativa all’applicazione del provvedimento prefettizio di espulsione, posto che il ricorrente aveva solo manifestato la volontà di presentare istanza per l’ottenimento della protezione internazionale tramite l’inoltro di una pec in data 13.12.2017, senza che, tuttavia, a tale iniziativa seguisse l’effettiva presentazione di una formale domanda volta al riconoscimento della predetta protezione.

2. L’ordinanza, pubblicata il 29.1.2018, è stata impugnata da A.S. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.

La causa è stata rimessa alla discussione in pubblica all’udienza della Prima Sezione civile, con ordinanza interlocutoria del 17.12.2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, risultando la motivazione posta a fondamento del provvedimento qui impugnato errata, avendo l’amministrazione omesso di condurre un’istruttoria concreta e reale in ordine alla situazione del ricorrente e non ricorrendo nella specie alcuna delle situazioni tipizzate dalla norma richiamata.

2. Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 e art. 19, comma 1 e D.Lgs. n. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 7 avendo il decidente provveduto nei riferiti termini, quantunque a mezzo di pec inoltrata alla Questura competente il ricorrente avesse manifestato la propria volontà di richiedere il riconoscimento della protezione internazionale.

3. Il ricorso è fondato nei limiti qui di seguito precisati.

3.1 Il primo motivo di censura è tuttavia inammissibile, in ragione della novità delle questioni prospettate dal ricorrente, il quale le ha articolate, per la prima volta, solo in questo giudizio di legittimità.

Invero, la parte ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento alle disposizioni normative sopra ricordare in premessa ed in relazione alla dedotta necessità di un’adeguata istruttoria sulla situazione del cittadino straniero, prima dell’adozione del provvedimento espulsivo da parte dell’autorità prefettizia. Ebbene, la denuncia risulta – come detto formulata, per la prima volta, innanzi a questo giudice di legittimità, senza che la stessa fosse stata dedotta innanzi al giudice di pace nella sede oppositiva sopra descritta, come emerge pacificamente dal contenuto del provvedimento impugnato (che si limita solo ad una descrizione delle caratteristiche caratterizzanti il provvedimento espulsivo, che dovrebbe essere scevro da valutazioni di carattere discrezionale sull’opportunità della decisione di espellere il cittadino straniero dal territorio nazionale) e dallo stesso tenore del ricorso introduttivo, che manca di indicare ove e come tale doglianza fosse stata avanzata nel grado di merito.

Del resto, l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato in ordine alla vincolatività e non discrezionalità del provvedimento espulsivo è questione diversa dall’allegata necessità dell’istruttoria amministrativa nelle ipotesi qui in esame.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del motivo.

3.2 Il secondo motivo è invece fondato.

3.2.1 Sul punto qui in esame, la giurisprudenza di questa Corte si è già pronunciata nel senso che, verbatim, “In tema di protezione internazionale, lo straniero che sia giunto clandestinamente in Italia e venga trattenuto per accertamenti presso l’aerostazione di arrivo, ha diritto di presentare contestuale istanza di riconoscimento della condizione di rifugiato politico e di permanere nello Stato (munito di permesso temporaneo o ristretto nel Centro di identificazione) fino alla definizione della procedura avente ad oggetto la verifica delle condizioni per beneficiare dello “status” di rifugiato ovvero della protezione umanitaria. Ne consegue che deve ritenersi illegittimo il rifiuto da parte della polizia areoportuale di ricevere detta istanza in sede di svolgimento dei primi controlli, avendo l’Amministrazione l’obbligo di inoltrarla al questore per le determinazioni di competenza, astenendosi da alcuna forma di respingimento e dall’adozione di misure di espulsione che impediscano il corso e la definizione della domanda presso le commissioni designate (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26253 del 15/12/2009). A questo indirizzo interpretativo la Corte intende fornire continuità applicativa.

Deve infatti ritenersi incontestabile il diritto del cittadino extracomunitario, giunto in condizioni di clandestinità sul territorio nazionale e come tale suscettibile di espulsione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a), di presentare istanza di protezione internazionale e che l’Amministrazione abbia il dovere di riceverla (inoltrandola al Questore per l’assunzione delle determinazioni di sua competenza), astenendosi da alcuna forma di respingimento e da alcuna misura di espulsione che impedisca il corso e la definizione della richiesta dell’interessato innanzi alle Commissioni designate in ossequio al dettato di legge.

In realtà, lo straniero, clandestinamente introdottosi sul territorio nazionale e richiedente la protezione internazionale è, per definizione, da considerarsi soggetto debole al quale le convenzioni internazionali, le Direttive dell’U.E. (da ultimo la Dir. 2004/83/CE recepita con il D.Lgs. n. 251 del 2007) e la sopra richiamata legislazione nazionale riconoscono incontestabilmente il diritto a presentare la domanda di protezione ed a ottenerne una celere e corretta valutazione in sede amministrativa ed eventualmente anche nella successiva sede giurisdizionale.

L’assenza di alcuna formalità nella proposizione della istanza e di alcun obbligo della allegazione di documentazione a sostegno, determinano nell’Autorità esaminante l’obbligo di svolgere un ruolo attivo nella istruzione della domanda, essendo chiare, in tal senso, le previsioni del D.P.R. n. 303 del 2004 e dei vigenti D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008 e D. n. 159 del 2008 (così, Cass. n. 26253/2009, cit. supra).

3.2.2 E’ stato anche più di recente affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 11309 del 26/04/2019) il principio secondo cui la proposizione della domanda di protezione internazionale legittima lo straniero richiedente a permanere nel territorio dello Stato sino alla decisione della Commissione territoriale sulla stessa, quale unico soggetto deputato a verificarne le condizioni di ammissibilità e fondatezza, con la sola salvezza delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, comma 2, con la ulteriore conseguenza che l’autorità di pubblica sicurezza avanti alla quale lo straniero si presenti per proporre la domanda – non è autorizzata a valutarla nel merito ed in ipotesi di delibazione di infondatezza ad attivare il procedimento di espulsione del cittadino straniero.

3.2.3 Ciò posto, osserva la Corte come lo stesso D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142, art. 2, comma 1, lett. a, (recanti norme di Attuazione della direttiva 2013/33/UE, in relazione all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonchè della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), ha espressamente definito “richiedente protezione internazionale o richiedente” lo straniero che “ha presentato domanda di protezione internazionale su cui non è stata ancora adottata una decisione definitiva ovvero ha manifestato la volontà di chiedere tale protezione”; e l’art. 1 medesimo testo normativo ha specificato, al comma 2, che “Le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale”.

Ciò depone nel senso che lo statuto protettivo previsto dall’ordinamento in favore del richiedente protezione si radica già nel momento precedente a quello della formale presentazione della domanda di riconoscimento della invocata protezione internazionale innanzi alla Commissione territoriale e alla Sezione specializzata costituita nei tribunali distrettuali, e cioè nel momento dell’effettiva manifestazione di volontà del richiedente asilo di avanzare la domanda protettiva sopra ricordata.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio al giudice di pace competente per una nuova lettura del ricorso presentato dal ricorrente alla luce dei principi di diritto sopra ricordati.

Le spese del presente giudizio di legittimità saranno decise dal giudice del rinvio.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il primo; cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Giudice di pace di Palermo, in persona di diverso giudice, anche per la decisione sulle spese dell’odierno giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2020

 

 

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