Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21907 del 20/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/09/2017, (ud. 17/05/2017, dep.20/09/2017),  n. 21907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3410/2016 proposto da:

HERA S.P.A. – C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore della

Direzione amministrazione e procuratore speciale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A, presso lo studio

dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.C.A. – IMPOSTE COMUNALI AFFINI S.R.L. Società Unipersonale, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore ed

Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

TIZIANO 110, presso lo studio dell’avvocato SIMONE TABLO’,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO CARDOSI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI LONGIANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1429/2/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata l’1/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 17/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 1429/2/2015, depositata il primo luglio 2015, la CTR dell’Emilia Romagna rigettò l’appello proposto da Hera S.p.A. (per brevità Hera) nei confronti di ICA – Imposte Comunali Affini – S.r.l. (di seguito ICA), nel contraddittorio anche con il Comune di Longiano, avverso la sentenza di primo grado resa tra le parti dalla CTP di Forlì, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento notificatole per TOSAP relativa all’anno 2008 che, secondo l’ente impositore, era dovuta per l’occupazione di suolo pubblico realizzata da Hera mediante condutture utilizzate per il servizio di distribuzione del gas.

Avverso la pronuncia della CTR la società Hera ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

La società ICA resiste con controricorso.

L’intimato Comune di Longiano non ha svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistito nell’omessa considerazione della circostanza fattuale che Hera non è proprietaria delle condutture e che di queste fa uso in forza di un rapporto di natura obbligatoria intercorrente con la società proprietaria, Unica Reti S.p.A..

Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 38,39 e 46, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata illegittimamente ritenuto sussistente la soggettività passiva d’imposta in capo ad essa ricorrente, sebbene essa non fosse nè proprietaria degli impianti (condutture), nè titolare della concessione di occupazione di suolo pubblico, ma unicamente titolare di un diritto personale di godimento in virtù di contratto qualificato dalla ricorrente come di locazione.

Con il terzo motivo la ricorrente censura ancora la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, prospettando la contribuente la corretta interpretazione della citata norma nel senso che l’occupante di fatto del suolo pubblico possa ritenersi soggetto passivo della TOSAP solo per l’ipotesi in cui non esista un occupante “di diritto”, titolare della concessione per l’occupazione di suolo pubblico, nella fattispecie da individuarsi nella Unica Reti S.p.A..

Con il quarto motivo, infine, la ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che – avendo essa con il ricorso introduttivo chiesto l’applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni irrogate dal Comune di Longiano per la stessa fattispecie, ma con riferimento ad annualità diverse e, avendo sul punto fatto oggetto di espresso motivo di gravame la decisione ad essa sfavorevole resa dalla CTP di Forlì – il giudice tributario d’appello non avesse reso sul punto alcuna pronuncia.

Il primo motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata, diversamente da quanto esposto in ricorso, ha ben tenuto presente, dandone espressamente atto, della situazione afferente alla proprietà degli impianti in capo ad Unica Reti S.p.A., circostanza peraltro incontroversa tra le parti e ritenuta irrilevante ai fini della decisione, in ragione del fatto che la soggettività passiva d’imposta dovesse essere riferita alla materialità dell’occupazione in atto di suolo pubblico, donde la censura non risulta formulata in modo pertinente in relazione all’invocato parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro astrattamente connessi.

Essi sono manifestamente infondati.

Questa Corte, muovendo dall’affermazione secondo cui “il presupposto impositivo della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è costituito, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, artt. 38 e 39, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province, mentre sono irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, atteso che la tassa colpisce anche le occupazioni senza titolo” (cfr. Cass. sez. 5, 22 febbraio 2002, n. 2555; Cass. sez. 5, 4 aprile 2002, n. 4820, oltre alla stessa Cass. sez. 5, 15 settembre 2009, n. 19843 citata dalla decisione impugnata), è pervenuta, recentemente, con pronunce rese in pari data in analoghe controversie tra le stesse parti, sebbene afferenti a diverse annualità (cfr. Cass. sez. 5, 12 maggio 2017, n. 11882 e n. 11884) a ritenere del tutto coerente con il sistema normativo delineato dal combinato disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, commi 1 e 2, artt. 39 e 41, l’affermazione del giudice tributario d’appello secondo cui “la soggettività passiva dell’imposta è da imputare esclusivamente ad Hera in quanto utilizzatrice del suolo, attraverso i cavi, gli impianti e le condutture ed in quanto azienda fornitrice di un servizio anche se rivolto a numerosi utenti”.

Richiamando, quindi, il concetto di occupazione rilevante ai fini del tributo in oggetto, il solo fatto materiale della relazione materialmente instaurata con la cosa, ciò che consente di prescindere dall’esistenza stessa, oltre che dal contenuto, del titolo che eventualmente renda legittimo il godimento ovvero l’utilizzo del bene locato, ne discende che la titolarità in capo a diverso soggetto delle infrastrutture non esclude l’attualità dell’occupazione del suolo pubblico da parte di chi, mediante l’occupazione dell’area sulla quale insistono gli impianti, eserciti la propria attività d’impresa nel proprio esclusivo interesse economico.

Nella fattispecie in esame Hera, in virtù del richiamato contratto di affitto di ramo d’azienda (non di locazione, come impropriamente indicato talora in ricorso dalla ricorrente) intercorso con la società Unica Reti, nell’esercizio della medesima attività d’impresa (gestione del servizio di distribuzione del gas) è il soggetto che, per l’annualità di riferimento, occupa, perseguendo un proprio interesse lucrativo, l’area di suolo pubblico interessata dal passaggio delle condutture.

Ciò, alla stregua delle osservazioni che precedono, rende inconferente il richiamo da parte di Hera, contenuto nel terzo motivo di ricorso, alla figura dell’occupante abusivo, che, nell’impostazione della ricorrente, confutata nelle precedenti considerazioni in ragione dell’essenzialità del fatto oggettivo dell’occupazione come presupposto impositivo, avrebbe valenza residuale in assenza di provvedimento concessorio o autorizzatorio.

Il quarto motivo è parimenti infondato.

Non sussiste, infatti, il denunciato vizio di omessa pronuncia alla stregua dell’esplicita valutazione, contenuta nella decisione impugnata, di assorbimento delle altre questioni, tra le quali quella, appunto, relativa all’invocata applicabilità del cumulo giuridico delle sanzioni con riferimento a diverse annualità d’imposta, nell’ambito della disamina dei motivi di gravame espressamente disattesi.

Ne consegue che parte ricorrente avrebbe dovuto contestare non in sè il vizio di omessa pronuncia, ma la correttezza in diritto da parte della decisione impugnata della valutazione del c.d. assorbimento improprio, in ragione della soluzione offerta dal giudice d’appello ad altra questione ritenuta, dallo stesso di carattere esaustivo (cfr. Cass. sez. 1, 12 luglio 2016, n. 14190; Cass. sez. 1, 27 dicembre 2013, n. 28663), solo nel caso della ritenuta erroneità della valutazione di assorbimento scaturendo il vizio di motivazione del tutto omessa.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nel rapporto processuale tra le parti costituite.

Nulla va statuito in ordine alle spese nel rapporto processuale tra la ricorrente ed il Comune di Longiano, che non ha svolto difese.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2017

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